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Redazione Online

L’ex presidente, che non ha mai fornito un endorsement in precedenza per un candidato a sindaco di New York, ha telefonato a Zohran Mamdani, il «socialista democratico» che il 4 novembre potrebbe battere Andrew Cuomo. E ha offerto un appoggio che potrebbe estendersi anche dopo le elezioni

«Questa non è un’elezione normale», aveva detto Bernie Sanders nel corso dell’ultimo comizio di Zohran Mamdani prima del voto che deciderà, il 4 novembre, il prossimo sindaco di New York City. E a testimoniare il fatto che l’anziano senatore democratico avesse ragione è arrivata anche una mossa senza precedenti. 

L’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama – secondo quanto riportato dal New York Times – ha chiamato il 34enne Mamdani: e nel corso di una telefonata durata circa 30 minuti ha da un lato fatto i complimenti alla «fantastica» campagna elettorale del candidato del partito democratico alla poltrona di primo cittadino di NY, e dall’altro offerto la sua esperienza per quello che accadrà dopo la probabile – stando ai sondaggi – vittoria di Mamdani. Secondo il quotidiano, Obama si sarebbe detto pronto a fare da «super consulente» di fronte alla sfida, durissima, di mettere in piedi una nuova amministrazione e un apparato in grado di dare corpo alle promesse fatte da Mamdani in campagna elettorale: in particolare, a quelle – decisamente ambiziose – che riguardano il costo della vita in città. 



















































L’ex presidente, notando la quantità «minima» di errori fatti da Mamdani nella sua campagna elettorale, gli avrebbe anche proposto un incontro di persona a Wasihngton. Non un endorsement «formale», dunque: ma per certi versi, persino di più.

Non si tratta di una mossa di poco conto, per almeno tre ragioni. La prima: Obama non aveva mai offerto il suo endorsement per un candidato alla poltrona di sindaco di New York. La seconda: l’importanza di Obama nel partito democratico non può essere sovrastimata. La terza: Mamdani non è un candidato che rappresenti l’anima «centrista» dei democratici: anzi. Socialista democratico, musulmano, origini ugandesi e indiane, viene visto – spiegava qui Viviana Mazza – 

come «una sorta di anti-Cristo marxista e jihadista dal mondo Maga» e annovera tra i suoi critici molti newyorkesi del mondo del business e della finanza e attivisti pro-Israele preoccupati dal suo attivismo pro-palestinese o offesi dalla sua riluttanza a condannare subito la frase «globalizzare l’intifada», della quale ha in seguito scoraggiato l’uso.

Nel Queens, Mamdani, in giacca e cravatta strisce (una delle tre che porta a rotazione: c’è quella a pois e quella rossa), ha chiuso il suo discorso dicendo che il 4 novembre i newyorkesi cominceranno a conquistarsi la loro libertà. Libertà è una parola cooptata dai repubblicani per i quali spesso significa «libertà dal governo», come nota nel suo libro «Freedom» lo storico americano Timothy Snyder. Ma Mamdani l’ha usata in un modo diverso: ha spiegato che per lui è sinonimo di «dignità» e che il governo ha un ruolo fondamentale nel determinare che della libertà godano tutti, non solo chi può «comprarla col denaro». 

Alla fine dei conti, è il costo della vita il tema centrale della campagna di Mamdani. E sono tre le promesse centrali che ha ripetuto domenica: 1) congelare per quattro anni il costo degli affitti a New York e usare ogni metodo per costruire alloggi per chiunque ne abbia bisogno, 2) autobus gratis e più veloci, 3) assistenza all’infanzia gratuita per i genitori. Più di una volta domenica ha ricordato che tra i suoi elettori ci sono anche newyorkesi che hanno scelto Trump alle presidenziali, perché il partito democratico ha smesso di parlare il linguaggio della working class. Ma sa che non può farcela appoggiandosi solo all’estrema sinistra. «Avere ragione in sé è insignificante», dice. «Dobbiamo vincere e poi ottenere i risultati».

L’«endorsement», pur non ufficiale, di Obama potrebbe ora avere un effetto importante nella discussione interna al partito democratico, ancora alla ricerca di una linea precisa – e di una leadership – dopo la catastrofica ricandidatura «troncata» di Joe Biden e la netta sconfitta di Kamala Harris.

1 novembre 2025 ( modifica il 1 novembre 2025 | 20:55)