di
Virginia Piccolillo

L’ex magistrato: «Il sì di Di Pietro? A volte penso che lui anticipò la riforma»

Gherardo Colombo, pensa che ci siano punti della riforma Nordio che mettono a rischio l’indipendenza dei magistrati?
«Più di uno: la creazione di un Csm dei pm separato da quello dei giudici; il sistema di nomina, per sorteggio indiscriminato dei componenti magistrati di entrambi; la creazione dell’Alta corte disciplinare e la sua composizione. Riducono a un lumicino indipendenza e autonomia dei magistrati, garanzia per la tutela dei diritti della persona. Con un paradosso: aumenta il potere dei pm che il legislatore diceva di voler limitare».

Il governo dice che autonomia e indipendenza sono nella riforma. Non è così?
«Le regole costituzionali che presidiano la separazione dei poteri si fanno proprio per evitare che si retroceda nella architettura necessaria ad uno Stato di diritto. Separazione dei poteri vuol dire ordine giudiziario indipendente e autonomo dal potere esecutivo».



















































E quindi?
«Creare due Csm genera una struttura dell’ufficio inquirente molto autoreferenziale, che dovrà per forza prima o poi essere limitata, con un controllo dell’esecutivo sulla politica della repressione dei reati: il super potere del pm dovrà essere limitato. Nel contempo per i giudici l’organo di governo autonomo risulterà molto indebolito poiché non potranno eleggere i suoi componenti, che si dovranno sorteggiare, mentre la componente laica sarà comunque, seppure in via mediata, di espressione elettiva, quindi verosimilmente partitica come già accade ora».

L’Alta corte non è presieduta dal capo dello Stato. Può incidere sull’indipendenza?
«Incidono più circostanze. Si sottrae il giudizio sulla disciplina di giudice e pm al Csm, l’organo che si occupa di tutti gli altri aspetti della sua vita professionale e ne conosce ogni particolare e criticità. Nell’Alta corte si aumenta il numero dei membri di nomina parlamentare rispetto a quelli sorteggiati tra i magistrati. Sempre con i primi estratti da un elenco di scelti e i secondi — cosa che in genere non dispiace ai conservatori — tra gli apici della carriera, i magistrati di legittimità. L’attuale rapporto di 30 magistrati a 10 laici, diventerebbe in ciascun Csm di 9 magistrati a 6 laici. Si passa da due terzi a un terzo nei Csm, a tre quinti e due quinti nell’Alta corte».

Il sorteggio spaventa perché toglie potere alle correnti?
«Non toglie potere alle correnti, che peraltro non possono essere viste come delle specie di associazioni per delinquere. È successo che abbiano fatto accordi opachi per le nomine in importanti uffici giudiziari, che si siano barattate poltrone e avanzamenti. In un caso con personaggi politici: cosa facciamo, sorteggiamo anche i parlamentari? Ma questa non è la cifra delle correnti».

Qual è invece?
«Hanno contribuito, con i loro confronti, ad adeguare alla Costituzione grandi parti della legislazione ereditate dal fascismo, ed anche ora sono stimolo di riflessione sui temi della giurisdizione. E la riforma non toglierà, a chi lo vorrà, il potere di inquinare la vita della magistratura: gli accordi si faranno nei circoli di potere, magari dopo le nomine invece che prima».

Forza Italia ha festeggiato la riforma dedicandola a Berlusconi. Che ne pensa?
«Mi sembra normale che abbiano gioito, e in modo molto evidente. Era nel suo programma, e in quello del governo Berlusconi — oltre che di altri personaggi della storia di questo Paese — ed ha raggiunto lo scopo. Almeno nella fase che compete al Parlamento».

È dai tempi di Mani pulite che vi accusano di invadere la politica. C’è chi vuole la riforma per sanare quel «vulnus». Che effetto le fa?
«Pensare che sia un vulnus applicare le regole dei comuni cittadini anche a chi ha incarichi politici significa credere che la società debba essere organizzata in modo verticale e la giustizia riguardi solo il cittadino comune».

Di Pietro è favorevole alla riforma. La sorprende?
«Non mi sorprende. A volte mi vien da pensare che, per la sua persona, avesse già anticipato la riforma ai tempi suoi».


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1 novembre 2025