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Pinelli (Csm): «Sulla giustizia dialogo senza delegittimazioni. E la magistratura non cada nell'agone politico»
IItalia

Pinelli (Csm): «Sulla giustizia dialogo senza delegittimazioni. E la magistratura non cada nell’agone politico»

  • 2 Novembre 2025

di
Giuseppe Guastella

Forum al Corriere con il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura: «Il confronto sia tecnico. In corso un riassetto dell’equilibrio tra i poteri, ma il referendum non va caricato di aspettative. Magistrati in piazza? Un errore: i poteri dello Stato non dovrebbero scioperare»

Dopo l’approvazione in Senato della riforma costituzionale della Giustizia, il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Fabio Pinelli, risponde alle domande durante un forum al Corriere della Sera.

La riforma è stata approvata in un clima di scontro, che potrebbe peggiorare nei mesi che mancano al referendum confermativo, portando a una delegittimazione della magistratura?
«Montesquieu diceva che ad ogni avanzamento di un potere corrisponde un arretramento dell’altro. Credo sia in corso un riassetto dell’equilibrio dei poteri, non solo in Italia. Leggevo che in un’intervista del 2013 il presidente Prodi era favorevole alla contrazione dei poteri di Tar e Consiglio di Stato che a suo dire intralciavano la libera iniziativa economica. Senza nessuna censura su Prodi, dico che quando si ricoprono ruoli di governo è inevitabile una contrapposizione fisiologica con la magistratura. Nel rispetto delle prerogative costituzionali di tutti, deve essere chiaro che nelle democrazie il potere di rappresentanza e di scelta spetta alla politica e nello stesso tempo deve essere assolutamente chiaro che la magistratura ha il diritto di esprimere le proprie valutazioni. Ciò deve avvenire con il dialogo ed evitando reciproche delegittimazioni. Mi auguro che il referendum sia un momento di confronto sul piano tecnico».



















































Dopo più di 30 anni di scontro politico sulla giustizia, non sarà velleitario?
«Il dovere nostro, dell’informazione, della politica e della magistratura è far capire ai cittadini se preferiscono oppure no un pm separato o più vicino al giudice terzo imparziale, se vogliono il sorteggio di parte dei componenti dei due Csm e dell’Alta corte disciplinare e, anche rispetto al ruolo delle correnti della magistratura, se preferiscono un organo disciplinare completamente separato o no».

I magistrati in piazza non la convincono?
«Penso che sia un errore. La magistratura nasce per risolvere i conflitti, non per farne parte. Credo che debba evitare di cadere nell’agone politico rischiando di confondersi con una parte politica».

Ci sono stati già due scioperi dei magistrati.
«I poteri dello Stato non dovrebbero mai scioperare. I cittadini che attendono le sentenze devono avere fiducia nella magistratura, che è conseguente alla postura, alla sobrietà e responsabilità con le quali si esercita la funzione».

Come giudica le dichiarazioni che la premier e il ministro Salvini hanno fatto dopo il pronunciamento della Corte dei conti sul ponte sullo Stretto parlando di invasione di campo?
«Rivesto un ruolo di garanzia, è inopportuno che commenti singole dichiarazioni».

A gennaio saranno tre anni dall’insediamento di questo Csm. Bilancio?
«Assolutamente positivo. È stato compiuto un lavoro straordinario. Ci siamo prefigurati obiettivi di grande concretezza sotto la guida illuminata dello straordinario capo dello Stato che il nostro Paese ha la grande fortuna di avere».

Quali?
«Innovazione e migliore organizzazione dei servizi con una ricaduta positiva sul servizio giustizia al cittadino, che sarà ulteriormente incrementata con le risorse importanti destinate dal governo nell’ultimissima legge di Bilancio. Più trasparenza attraverso il sito internet, perché il Csm deve essere una casa di vetro, e riduzione a 6 mesi dei tempi di nomina dei dirigenti. Inoltre, abbiamo raggiunto una percentuale di unanimità tra l’80 e l’85 nelle nomine per gli incarichi direttivi che rivendico come risultato straordinario. Infine, abbiamo fatto un grande lavoro nella sezione disciplinare, che io presiedo, che, nel rispetto delle garanzie, decide con assoluto rigore. Nel 2024 ha emesso 74 sentenze, il 41% di condanna. Affinché non ci siano equivoci, non significa che non reputi legittimo prevedere un’Alta corte disciplinare».

Perché?
«Riuscire a trovare una sintesi di questo tipo significa avere la capacità di dialogo e di coesione importantissima tra le componente laica e quella togata».

La contrapposizione correntizia è stata assorbita?
«Il dato sull’unanimità dimostra un contenimento della degenerazione correntizia. Non vuol dire che le correnti non esistono o non debbano esistere. Mi sono ripromesso di contribuire perché abbiano un ruolo più proficuo».

Si sostiene che il sorteggio dei togati nei Csm e nell’Alta corte riduca i poteri delle correnti. Che ne pensa?
«In un mondo ideale, vorremmo che nei ruoli di responsabilità ci fossero persone di particolare competenza e provati percorsi professionali. Da questo punto di vista, per certi aspetti il sorteggio va in controtendenza. Dopodiché, il grado di competenza dei magistrati italiani è tale per cui il sorteggio non deve spaventare perché comunque avverrà all’interno di un corpo particolarmente qualificato. Il tema della giustizia non si risolve con la riforma, che riguarda l’architettura costituzionale e non va sovraccaricata di importanza e aspettative, ma affrontando tutta un’altra serie di aspetti».

A cosa si riferisce?
«Ad esempio, discutendo se ogni conflitto nella società debba finire davanti alla giurisdizione».

La tendenza, infatti, è per una iper giurisdizionalità.
«Penso che il tema della pena oggi sia da rivedere completamente chiedendosi se la pena detentiva debba valere per tutti i reati o no, se la rieducazione del condannato richieda necessariamente una previa reclusione in carcere e come tutelare la comunità rispetto a fatti e condotte che sono pericolosi. Dobbiamo chiederci come impatteranno sul sistema giustizia i cambiamenti demografici, economici e l’evoluzione tecnologica. Insomma, che giustizia dobbiamo lasciare alle nuove generazioni».

Secondo Beccaria, non conta l’entità, ma la rapidità e la certezza della pena. Invece, è come se oggi la società si aspettasse sempre una pena esemplare.
«È il gravoso tema del processo mediatico. Accettando come normale che i processi si celebrino fuori dalle aule dei tribunali, vengono compromessi i diritti tanto dell’indagato quanto delle vittime del reato. È necessario senso di responsabilità nell’avvocatura, che deve rispondere a principi etici di riservatezza e di sobrietà, nell’informazione, che deve rispettare le norme deontologiche per evitare di ledere la reputazione delle persone, nel mondo della magistratura, che, tranne in casi particolari, deve parlare con i provvedimenti e non con le conferenze stampa».

È fondata la critica secondo la quale si sarebbe molto lontani dagli obiettivi del Pnrr, che non dipendono tutti dal Csm, come la riduzione dei tempi della giustizia civile?
«Si è in linea con le aspettative, ma siamo un po’ indietro nel disposition time civile (il tempo per concludere un procedimento, ndr) sul quale si stanno concentrando gli sforzi in vista del termine del giugno 2026. Bisogna fare tutto il possibile perché un conto è fallire l’obiettivo, un altro è avvicinarsi di molto al traguardo per poi poter ragionare con l’Europa e fare in modo che le risorse indispensabili possano comunque arrivare».

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1 novembre 2025 ( modifica il 1 novembre 2025 | 22:35)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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