di
Massimiliano Nerozzi

La rete nel finale di Vardy fa vivere minuti di apprensione al nuovo allenatore dei bianconeri che festeggia l’esordio nel migliore dei modi

Viene il sospetto che sia davvero un mago (di Certaldo), Luciano Spalletti che, da subentrante, non aveva mai vinto: 87 secondi e la Juve si ritrova davanti — e già questa sarebbe una notizia — con centro di Kostic poi, che non segnava da 958 giorni. Roba da calendario Maya. Regalo di compleanno per il serbo (33 anni ieri) e per la Signora (128, sempre ieri). Finirà 2-1 per Madama, non senza la sofferenza finale (gol di Vardy a sette dalla fine), vecchio vizio, contro una Cremonese che, fin qui, ne aveva persa una sola (con l’Inter) e aveva sbancato a San Siro, residenza del Diavolo. «Bisogna crescere velocemente — dice il tecnico alla fine — ma questa squadra ha potenzialità».

Appunti sparsi, anche dopo un solo allenamento: Kalulu e Koopmeiners, piazzato da centrale di sinistra, molto coinvolti in costruzione, Loca lucido e verticale, McKennie nuovamente istintivo invasore e Vlahovic sempre «cattivo». Per tutto ciò, il vantaggio sarà più causale che casuale perché, pur se la difesa grigiorossa finirà per pasticciare, il centro arriva da una verticalizzazione — altra notizia — di McKennie, sulla quale Openda s’era buttato, e da lì il pallone era finito sul lato debole, attaccato dal piede forte di Kostic. Prima dell’esordio — ai microfoni— Spalletti aveva parlato alla nazione (bianconera): «La squadra conta più del singolo e bisogna instaurare un bel rapporto che tutti vivano allo stesso modo: avere coraggio diventa fondamentale, non siamo in una situazione in cui non ci guarda nessuno». Da qui, l’ordine d’assalto: «O giochi con coraggio o ti devi mettere da parte». 



















































Siamo dalle parti del suo must, «uomini forti destini forti». Di tornare su una panchina di serie A, dopo 881 giorni, non vedeva l’ora: «Per me è fondamentale instaurare rapporti con i giocatori, come non sono riuscito a fare in Nazionale, spero di farlo qui. Mi fido di questi giocatori, possiamo crescere». Non sta seduto un attimo, sempre in piedi, completo impeccabile, ai bordi dell’area tecnica. Eppure, al gol, resta a lungo immobile, come un maestro zen, con chissà quanti pensieri per la testa. Sarà più sensibile agli errori, quando qualcuno non segue il progetto comune, sbagliando un movimento o una scalata. Nella ripresa s’infurierà per il raddoppio sbagliato e per una rimessa. Capita allarghi le braccia, ma è un attimo, perché poi riparte a chiamare, a dare consigli, a indicare tagli. Dopo gli urli, per la gola, chiederà in soccorso una caramella.

Tutto intorno, in curva e sui social, c’è grande hype per il nuovo tecnico: «Talmente geniale che non si conosce la sua formazione nemmeno quando è ufficiale», la sentenza su Twitter. In effetti, con Kelly infortunato e Yildiz a riposo, bisogna aspettare le prime giocate per decrittare le scelte. Dunque: Koop difensore, come non capitava dai tempi dell’Az Alkmaar: «È una mezzala-mediano — aveva spiegato Spalletti alla vigilia — ma ha fatto anche il centrale». Detto, fatto: «Qualche giocatore si dovrà mettere a disposizione». Assetto indovinato, visto che dopo il blitz la Juve legittimerà il vantaggio: botta forte, ma centrale, di Vlahovic, dopo bel numero in velocità (Audero con i pugni) e palo di Locatelli da fuori. Anche stavolta, però, il guaio è stato fallire il raddoppio, dopo aver ampiamente comandato un primo tempo da 54 per cento di possesso (49 al gong) e 8 tiri (a 2). Il raddoppio arriverà su un tap-in di Cambiaso, un rigore in movimento, dopo incursione di Conceicao. «Bene il primo tempo, poi abbiamo subito troppo», chiude Spalletti. C’è tanto da lavorare, si sapeva.

1 novembre 2025 ( modifica il 1 novembre 2025 | 23:29)