L’ex campione tedesco si racconta al Corriere della Sera: “Sono sempre stato uno che rompeva gli schemi, mi criticavano e poi mi imitavano. Suggerii a Jannik due nomi, uno era Cahill: non credo che avrei fatto meglio di lui e Vagnozzi”
2 novembre 2025 (modifica alle 11:36) – MILANO
“Ero sempre io, anche da detenuto”: Boris Becker si racconta così in un’intervista al Corriere della Sera. L’ex campione tedesco ripercorre i mesi più difficili, quelli trascorsi dietro le sbarre, e la lenta risalita dopo aver perso tutto. “Quando perdi ciò che consideri importante – la libertà, il denaro, le persone che ami – l’unica cosa che resta è il carattere. È ciò che mi ha fatto sopravvivere”.
paura della morte—
Oggi Becker vive a Milano con la moglie Lilian, in attesa del loro primo figlio, ma le ombre del carcere restano vivide. “Ho avuto paura di morire due volte – confessa -. Una, quando un detenuto – un assassino – mi venne addosso urlando. Avevo in mano il vassoio del pranzo, gli risposi, ma in sette o otto mi protessero. Tre giorni dopo quell’uomo venne in lavanderia, cadde in ginocchio e mi baciò la mano. Ho capito allora che lo aveva fatto per ristabilire il rispetto. In carcere, il rispetto è la legge non scritta. Le prigioni non sono gestite dalle guardie, ma dai prigionieri”. Dalla cella di Wandsworth, a un solo miglio da Wimbledon, Becker ha ripensato a tutto: “La mia storia è una follia. Da ragazzo ero il più giovane campione del torneo, quarant’anni dopo finivo in prigione. Ma sono sempre stato un ‘bubble breaker’, uno che rompe le bolle, gli schemi. Prima mi criticano, poi mi imitano”.
“sinner voleva che lo allenassi”—
Nel gennaio 2022, mentre era ancora allenato da Piatti, Jannik Sinner gli aveva chiesto di diventare il suo coach. “È vero, e doveva restare un segreto. Mi aveva chiesto di allenarlo, ma aspettavo la sentenza di Londra. Gli dissi: non so come finirà, non posso prendermi l’impegno. Però non volevo lasciarlo solo: gli suggerii due nomi, uno era Darren Cahill. Per me, il migliore”. Nessun rimpianto, oggi: “Quattro Slam a 24 anni: non credo che avrei potuto fare meglio di Cahill e Vagnozzi. Jannik era già un portento di testa, e il successo del suo team parla da solo”. E quando il tema si sposta sulla Coppa Davis, Becker non ha dubbi: “Ho letto le critiche, ma capisco Jannik. Io vinsi la Davis due volte, nell’88 e nell’89, e l’anno seguente non la giocai. Avevo bisogno di riposare, feci esattamente come lui. Il tennis è uno sport individuale e non siamo macchine. L’Italia è fortunata ad averlo”.
il tennis oggi—
Becker, oggi 58 anni, osserva il tennis con sguardo diverso: “I ragazzi di oggi sono poco curiosi, vivono in una bolla. Pensano solo a dritto e rovescio, ma quando finisce la carriera e non c’è più il team a risolvere i problemi, restano spaesati. Ma non è facile rompere quella bolla, non è da tutti”. Oggi l’ex numero uno sembra aver trovato un equilibrio: “Ora so che puoi gettarmi nella peggiore situazione e troverò comunque il modo di venirne fuori”.
La Gazzetta dello Sport
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