di
Stefano Montefiori

Quattro le persone in carcere per il colpo del 20 ottobre scorso. Dalle inchieste emerge che i problemi alla sicurezza del museo sono di lunga data. La password per accedere al server della videosorveglianza del Louvre? «Louvre»

dal nostro corrispondente
PARIGI – Dopo l’iniziale reazione di difesa – «i sistemi di allarme hanno funzionato» –, la ministra della Cultura Rachida Dati cambia tono e ormai ammette che «ci sono state mancanze nella sicurezza» del Louvre, promettendo di fare tutta la luce necessaria su «lacune e responsabilità» che hanno portato al colpo del secolo al museo del Louvre. La ministra Dati, che peraltro punta a diventare sindaca di Parigi alle elezioni municipali di marzo con il sostegno della destra, si è prestata a un’audizione in Senato lo scorso 28 ottobre.  Mentre l’inchiesta amministrativa è in corso, il quotidiano Libération ha esaminato vecchi documenti relativi a gare d’appalto e ispezioni, arrivando alla conclusione che i problemi alla sicurezza del museo sono di lunga data, anche per quanto riguarda l’ossatura informatica del sistema. 

Libération cita in particolare un intervento dell’Agenzia nazionale della sicurezza dei sistemi informatici, realizzato nel dicembre del 2014 su richiesta dello stesso museo del Louvre. Tre esperti in cyber-sicurezza controllarono la rete informatica alla quale sono raccordati gli equipaggiamenti di protezione più critici del museo, ovvero le videocamere di sorveglianza, gli allarmi, il controllo degli ingressi. «Chi riuscisse a prendere il controllo della rete informatica del museo potrebbe rendere più facile il furto di opere d’arte», scrivevano gli esperti del rapporto.



















































E qual era la password per accedere al server della videosorveglianza del Louvre? «LOUVRE», si legge nei documenti consultati da Libération. E quella per entrare in un software realizzato da Thalès? «THALES». Questo accadeva appunto nel dicembre del 2014 e c’è da sperare che nel frattempo, soprattutto dopo i risultati del rapporto, le password siano state cambiate. Ma sembra rimasto immutato l’atteggiamento complessivo di leggerezza nei confronti della sicurezza, che ha permesso lo spettacolare furto del 19 ottobre, la domenica in pieno giorno, poco dopo l’apertura del museo, usando un camion con montacarichi tranquillamente parcheggiato contromano e appoggiato al primo piano del museo, sulla facciata che dà sulla Senna, alla vista di passanti e automobilisti. 

Accanto all’inchiesta amministrativa sulle falle nella sicurezza, c’è quella giudiziaria per rintracciare i colpevoli e i gioielli. Dopo una prima settimana senza risultati, ci sono state due ondate di arresti, la prima sabato 25 ottobre e la seconda mercoledì 29 ottobre.

In totale, si trovano agli arresti tre dei quattro presunti componenti della banda che ha materialmente realizzato il colpo. Potrebbe trattarsi dei due banditi entrati nella galleria di Apollo, tagliando le vetrine con due smerigliatrici ed uscendo pochi minuti dopo con gioielli del valore di 88 milioni di euro; e uno dei due complici rimasti fuori. I quattro ladri sono poi fuggiti a bordo di due scooter Yamaha T Max, abbandonando però sul luogo del delitto una serie di oggetti – casco, smerigliatrici, gilet giallo da operaio, guanto – pieni di tracce Dna che hanno permesso la cattura di tre di loro.

In carcere si trova anche una quarta persona, una donna di 38 anni che è la compagna del terzo presunto membro della banda. Anche il suo Dna è stato ritrovato sulla scena del delitto, ma si considera più probabile che si tratti di «Dna di trasferimento», frutto di una contaminazione indiretta e portato lì involontariamente dall’uomo. La donna insomma non avrebbe partecipato direttamente all’azione. Il suo compagno, secondo la procuratrice di Parigi, Laure Beccuau, «presenta un casellario giudiziario con undici condanne, di cui una decina per furti, furti aggravati, reati stradali e atti di violenza». Un delinquente abituale, «ma non appartenente alla fascia alla della criminalità organizzata», come gli altri banditi, del resto.

Per quanto riguarda i gioielli, ancora introvabili, «si stanno esaminando tutte le possibilità del mercato parallelo che potrebbero consentire la vendita di questi gioielli, che spero non avvenga a breve», ha aggiunto la procuratrice Beccuau. «Ci sono diverse ipotesi riguardo ai beni, compresa quella che siano già stati venduti all’estero. Ma resto fiducioso che si possano ritrovare», ha dichiarato il ministro dell’Interno Laurent Nuñez. 

2 novembre 2025