di
Fausta Chiesa

Via libera del Mase a 34 licenze di esplorazione congelate nel 2022. Le ricerche anche sulla terraferma in Lombardia, Emilia-Romagna, Basilicata, Campania e Puglia. Il potenziale dell’Italia

Oltre trenta licenze nell’oil and gas assegnate dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica dopo l’estate per condurre nuove esplorazioni: è corsa in Italia ai giacimenti di idrocarburi, sia sulla terraferma tra Basilicata, Lombardia, Emilia-Romagna, Puglia e Campania sia in mare aperto, tra Adriatico, Ionio e Canale di Sicilia. Con il blocco delle trivelle, scattato prima con la moratoria del 2019 e poi con l’approvazione del Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee (Pitesai) avvenuta a febbraio 2022 in piena crisi energetica, l’Italia ha fermato lo sviluppo della produzione di petrolio e gas, nonostante la sua ricchezza del sottosuolo. Ma dopo che il Piano è stato annullato dal Tar del Lazio in primavera, le aziende — big come Eni in Basilicata e Canale di Sicilia, ma anche altri gruppi — hanno fatto richiesta al Mase di riattivare i titoli minerari.

Shell: in Italia il potenziale più alto d’Europa 

Due grandi gruppi stranieri già presenti, la britannica Shell e la greca Energean, ritengono che il nostro territorio abbia il potenziale di fossili più alto di tutta Europa. «L’Italia — dichiara Joao Santos Rosa, ceo di Shell Italia E&P — ha un grande potenziale di risorse naturali, un sistema energetico maturo, un tessuto industriale competitivo e capitale umano qualificato. Oggi investiamo circa 500 milioni all’anno, ma saremo pronti a fare di più. Ma servono un’azione di governo ambiziosa e un quadro regolatorio chiaro e stabile, che favorisca lo sviluppo delle risorse domestiche». Shell è presente dal 2002 in Basilicata nei due principali giacimenti di idrocarburi onshore dell’Europa: ha il 39% di Val d’Agri accanto all’operatore Eni (61%) e il 25% di Tempa Rossa, operato dalla francese Total (50%) e partecipato anche da Mitsui (25%).



















































Energean: Vega e Rospo potrebbe crescere

Anche Energean, quotata a Londra e socia di Eni nel gas Argo e Cassiopea al largo di Gela oltre che operatrice dei pozzi petroliferi dei campi Rospo e Vega in Adriatico e mare di Sicilia, punta a crescere. «Con nuove autorizzazioni — dichiara il ceo Mathios Rigas — potremmo aprire tre nuovi pozzi petroliferi per Vega di fronte a Pozzallo, mentre per Rospo stiamo ultimando le analisi per avviare 1 o 2 nuovi pozzi, già individuati ma da scavare. Potrebbero triplicare la produzione con le infrastrutture già esistenti. Abbiamo chiesto licenze esplorative per il gas nel Mar Ionio, al confine con le acque greche dove deteniamo già un permesso molto promettente. Sappiamo che ci sono resistenze a livello di politica locale, ma nel frattempo Croazia e Grecia, dove siamo presenti, sono molto attive avendoci di recente consentito di avviare nuove perforazioni». Poi ci sono le concessioni già esistenti. Per Shell, in Basilicata si potrebbero aprire altri dieci pozzi.

Il gas e l’ipotesi dello scambio 

L’Italia ha due grandi asset: un governo stabile e una rete di infrastrutture capillari che permette di avere bassi costi di trasporto. Ma sconta iter autorizzativi e ambientali molto lunghi. Il governo è alla ricerca di gas nazionale per poter aumentare il contingente di metano da cedere agli energivori a prezzi calmierati («gas release») perché avrebbe a disposizione circa mezzo miliardo di metri cubi a fronte di una produzione nazionale che si ferma a circa 3 miliardi di metri cubi all’anno. La «quadra» a cui si ragiona è uno scambio: concedere alle aziende una maggiore velocità dei permessi e ottenere una parte di gas a prezzi sotto mercato.

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2 novembre 2025 ( modifica il 2 novembre 2025 | 17:04)