di
Maddalena Berbenni

I fratelli Vitali indagati per bancarotta fraudolenta. Le parole dell’allora direttore finanziario. Gli intrecci del Gruppo di Cisano (e i debiti) con tre banche: due fallite, una al centro di un’indagine per truffa

Una bomba nucleare. Quando, a dicembre 2023, la Guardia di finanza inizia a scavare sul fallimento della Vita srl e a convocare testimoni, i dipendenti più vicini a Massimo e Cristian Vitali si agitano. Non sono sempre espliciti nelle conversazioni intercettate in parallelo, ma si capisce bene che le vicende attorno alla società vengono vissute con apprensione. È l’allora direttore finanziario Alessandro Negri, pochi giorni prima della sua convocazione, a usare quell’espressione un po’ profetica, «bomba nucleare». Teme cada addosso a Massimo Vitali e concorda con il suo interlocutore: «È matto», dice, a non chiudere «quella posizione là», su Vita. «C’è qualcosa che non quadra».

Il commercialista Volpi nominato amministratore giudiziario

Ora, se il sequestro impeditivo da 50 milioni di euro disposto dal Tribunale finirà per avere un impatto davvero nucleare su una realtà da 4 miliardi di portafoglio ordini e un piede nelle principali opere pubbliche future, è tutto da vedere. È la domanda che si stanno facendo tutti, a Bergamo. Di certo fa specie pensare che, da qui in avanti, in attesa di mosse dalla difesa, i due imprenditori non avranno più potere sulle quote delle due società più o meno toccate dall’inchiesta, la Vitali spa e la Expand srl. A gestirle sarà il commercialista Alberto Volpi, studio in via Sant’Orsola, nominato come amministratore giudiziario dal Tribunale. Significa che Volpi avrà la piena gestione della Expand e per il 50% della Vitali, con l’accesso a ogni bilancio, a ogni documento, ogni incarto. La prima è la società che, fra l’altro, ha in pancia le azioni di Autostrade Bergamasche, la seconda la capogruppo cui fanno capo tutti i grandi progetti del gruppo partito da Cisano Bergamasco e ora con quartier generale d’avanguardia a Peschiera Borromeo.



















































La doppia misura chiesta dai pm e le tre «teste di legno»

Il pm Guido Schininà e l’aggiunto Maria Cristina Rota ipotizzano una bancarotta fraudolenta, di cui, allo stato, gli unici indagati sono i due fratelli, con Massimo ritenuto l’uomo da cui passavano tutte le decisioni. Per loro era stata anche chiesta la misura interdittiva del divieto di esercitare la professione di imprenditore per un anno, il massimo, ma è stata respinta dalla gip Lucia Graziosi, che ha ritenuto sufficiente il sequestro. Dalle 14 pagine del suo decreto emerge come l’8 febbraio 2024 Negri fosse ancora più nervoso. Quel giorno gli viene comunicato che il nuovo amministratore della Vita sarà una dipendente della Expand. «Comunque siete veramente dei co… a mettere una che non sa niente. Già hanno visto teste di legno», dice riferendosi evidentemente agli investigatori. Ne cita tre di presunti prestanome passati da Vita: Alessio Perolari, attuale amministratore della Vitali, tale Vedrana Behin, croata, e l’88enne malato di Alzheimer che ha accompagnato la Srl fino alla procedura di liquidazione. «E compagnia briscola… Mo’, vedono che ce n’è un’altra», conclude Negri.

L’88enne inconsapevole: «Ma che società è, poi?»

È un’intercettazione a cui la gip dà valore. Come a quella che riguarda proprio l’88enne, del 6 dicembre 2024. Una collaboratrice del curatore Giorgio Dall’Olio chiama l’anziano. Si presenta e gli spiega che lo sta contattando per la liquidazione giudiziale della Vita, per invitarlo nel loro studio. Risposta: «Ma che società è, poi?». Non è chiaro nemmeno agli inquirenti quanto l’88enne agisse consapevolmente. I sospetti nacquero anche da un certificato medico con l’elenco delle patologie di cui soffre. Eppure, i Vitali lo scelsero a capo della Vita nella delicata fase in cui veniva ultimata l’operazione di scissione con la Expand. Operazione che, concorda la gip, diede il colpo di grazia alla Srl.

Lo schema delle bad e good company

È il fulcro dell’indagine. L’ipotesi è che a marzo 2022 la Expand sia stata creata ad hoc per spostarci il «business sano» della Vita, mandata al dissesto nonostante nel 2021 avesse un attivo da 36 milioni di euro. Insomma, per gli uomini del Nucleo di polizia economico finanziaria del comando provinciale, il classico schema delle bad e good company. Nulla di inventato. Secondo la deposizione di Negri, la decisione fu presa da Cristian e Massimo Vitali per creare uno strumento societario pulito, «che non avesse problemi con le banche e nelle aggiudicazioni pubbliche».

L’intreccio con la vecchia Popolare di Vicenza

Per gli inquirenti, c’è anche il tema dei debiti. La gip rileva che superavano i 6 milioni di euro quelli nei confronti della Amco spa, cessionaria della vecchia Banca Popolare di Vicenza, che nel 2023 si insinua nella procedura di liquidazione, portando appunto alla nomina del giudice delegato Bruno Conca e di Dall’Olio.

Parentesi. Nella ricostruzione della Procura, il fallimento della Vita parte da lontano, dal 2015, quando la Vitali passa alla Vita azioni di Veneto Banca, Popolare di Vincenza e Popolare di Bari, e obbligazioni della società lussemburghese Vi-Venture per un controvalore totale di oltre 36 milioni di euro. Il danno, per la Srl, sarà doppio, perché quelle azioni non solo si svaluteranno subito, ma saranno anche ripagate con l’accollo di 21 milioni e 700 mila euro di debiti verso le banche, le stesse: la Popolare di Vicenza e Veneto Banca, fallite nel 2017, e la Popolare di Bari, da tempo al centro di un’indagine per truffa. A tutto ciò si aggiungeranno distrazioni di denaro (relativamente contenute, ma ingiustificate).

La difesa: «Tutti i creditori sono stati ristorati»

Ritornando ai debiti, il 25 giugno scorso, il Tribunale ha emesso un decreto di omologa di concordato nei confronti della società: «Tutte le situazioni creditorie sono state tacitate», ribadisce l’avvocato Filippo Dinacci per dire che non c’è danno, dunque, dal suo punto di vista, nemmeno reato. Se impugnerà il sequestro? «È in corso un’attenta valutazione».

La manager che si dimise dopo un mese 

Anche Amco sarebbe stata ristorata. La gip riporta la testimonianza di Angela Baldino, direttore amministrativo della Vitali per un mese, a inizio 2024. Poi si dimise. Nel passaggio di consegne con Negri racconta di essersi sorpresa di come l’operazione legata a Vita fosse stata condotta in maniera così «grossolana». E poi riferisce che a gennaio di quell’anno, in seguito all’intervento della Guardia di finanza, si tenne una riunione tra Massimo Vitali, alcuni suoi dirigenti e i vertici della Amco per cercare un accordo transattivo. E, a quel punto, chiuderla in fretta.


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31 luglio 2025 ( modifica il 31 luglio 2025 | 07:38)