Nel 2009 il leader libico Muammar Gheddafi arriva in visita in Italia per incontrare l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, con appuntata sul petto la foto di Omar al-Mukhtar: il capo della resistenza libica che i coloni fascisti italiani impiccarono nel 1931. In occasione della firma del Trattato di amicizia e cooperazione, Berlusconi espresse “in nome del popolo italiano” le proprie scuse per le ferite causate dal periodo coloniale, impegnando l’Italia a versare alla Libia cinque miliardi di dollari in investimenti come forma di compensazione.
Sedici anni dopo, a Bengasi, seconda città della Libia, una mostra di architettura prova a dare seguito a quella richiesta di confronto: “Postcolonial Reclamations: From Al-Berka to Sidi Hussein”, allestita alla Barah Gallery, riporta l’attenzione sul ruolo dell’architettura come strumento di conquista — e come mezzo per riscrivere la storia.