Era listata a lutto la stampa, venerdì a Bruxelles. L’Unione europea ha assistito inerme alla fine politica del suo commissario preferito. Vittima della sua hybris, Frans Timmermans ha visto crollare al 13% la sua alleanza socialisti-verdi alle elezioni olandesi. «Estremamente deluso del risultato», ha detto con stizza, l’ex commissario si è dimesso. Triste epilogo per un uomo che, appena due anni fa, era lanciato a rete nel sostituire Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Ue. Peccato che sia stato traviato dall’ambizione di diventare premier, e così indotto a lasciare Bruxelles e tornare a Maastricht.
Lì, è arrivata inattesa la doppietta. Timmermans ha perso alle elezioni del 2023 e quelle dell’altro giorno. Il padre del Green deal si è sentito dire “no grazie!” dai suoi concittadini. Proprio perché troppo verde, troppo europeo e per dirla con le parole di Dilan Yeşilgöz, una liberal – “persona di buon senso”, non destra radicale – troppo “arrogante ed elitista”. Nell’intonare il De profundis, Politico ed Euractiv, insomma, la stampa ben inserita nei palazzi Ue, mancano di concludere le oro analisi. Chiusa l’era Timmermans, bisogna capire cosa seguirà. La sinistra green finisce con lui. Le politiche ambientali imposte dall’alto, perfette a priori, sono già in via di disarmo. Ma questo vuoto è destinato a essere colmato da un soggetto ben più ruvido. Non sarà lo champagne socialism – o gauche caviar, a seconda di dove si vive – a dar del filo da torcere ai riformisti, alle imprese e a tutti coloro che tenteranno di maneggiare il mondo secondo le logiche del pragmatismo.
C’è una sinistra-sinistra che già calca la scena. Partita dall’essere una nebulosa movimentista e raccogliendo messaggi politici nei centri sociali e a bordo delle flottiglie, oggi è una disordinata fiumana dalle dimensioni atlantiche. Una sinistra-sinistra pregiudizialmente convinta di saper distinguere le vittime dai carnefici. E che questi ultimi non meritino ascolto, anzi, vadano messi a tacere in maniera sbrigativa. Prima che a qualcuno venga il dubbio che carnefici in tutto e per tutto poi non sono. Un paradosso di questa evoluzione è che a indicare la rotta ci sia anche Greta Thunberg. I panni verdi dell’eroina dell’ambientalismo globale – che al tempo frequentava i salotti di Bruxelles proprio su invito di Timmermans – oggi sbiadiscono sotto la kefiah. Già, perché la componente Islam è più forte di qualsiasi altro input politico che questa sinistra-sinistra si sente di portare avanti. Una tendenza, questa, che l’ha portata a creare sante alleanze le realtà più integraliste del mondo musulmano, che lascerebbero Marx quanto meno perplesso. Falce, martello e Corano, infatti, non si capisce come adattarli. Almeno in grafica.
È una sinistra-sinistra rivoluzionaria, d’accordo, ma ben inserita nelle istituzioni, dove Mélenchon, Corbyn, Wagenknecht, Ladini e, oltreoceano, Ocasio-Cortes e Sanders per interposta persona del quasi proclamato sindaco di New York, Zohran Mamdani, sanno come corrodere il sistema dall’interno. Alternano messaggi alla “cor in man” a dardi avvelenati, che, a loro giudizio, sono legittimamente autorizzati a sparare contro chiunque. Perché la legge morale è dentro di loro. È un procedere distruttivo che ha poco a che fare con il vessillo del progresso che li guida le loro piazze. Ma possiamo sbagliarci. Non c’è, o non si vede infatti una loro alternativa al Green deal targato Timmermans. Che non piaceva, non funzionava, ma era pur sempre una politica-economica. Con tanto di tappe, risorse, obiettivi. Ma anche morti e feriti. La sinistra-sinistra invece esaurisce il suo programma di governo nel “bloquons tout”, che piace tanto a Mélenchon e compagni.
© Riproduzione riservata
Antonio Picasso