di
Giulio De Santis

La giovane ha sporto denuncia in Procura. I pm hanno bloccato l’autopsia disposta dalla direzione sanitaria e disposto il trasferimento del corpo del piccolo al policlinico di Tor Vergata

«È stata un’agonia». Così Corina, 40 anni, descrive le tre ore e mezzo trascorse nel cuore della notte al Policlinico Casilino con dolori così forti da rischiare di svenire in attesa di partorire. E alla fine con la notizia più tragica che potesse aspettarsi comunicata dai medici: «Il suo bambino è morto». Ma adesso la Procura ha aperto un’inchiesta con l’accusa di omicidio colposo: i pm vogliono capire se quel lasso di tempo fra l’arrivo in ospedale e l’ingresso della donna in sala parto possa aver influito sull’esito fatale del travaglio. A denunciare la morte del neonato la notte dello scorso 25 luglio è stata la stessa Corina che ha trovato la forza di presentare un esposto dopo tre giorni di ricovero nel reparto di Ostetricia e ginecologia del nosocomio in via Casilina. Oggi il pm Eleonora Fini, titolare dell’inchiesta, affiderà l’incarico al medico legale per eseguire l’autopsia. La mamma sarà presente in Procura, assistita dall’avvocato Luigi Annunziata, che la rappresenta come parte offesa.

Il racconto della puerpera

Fin dal dicembre scorso la gravidanza di Corina è complicata, tanto da essere definita a rischio dai medici. Quando la giovane scopre di essere in dolce attesa, viene deciso che deve essere seguita da un consultorio. Passano le settimane. La situazione si stabilizza, viene stabilito che la gravidanza debba essere monitorata al Policlinico Casilino. Questa invece la cronaca di quanto accaduto nella notte di venerdì scorso: sono quasi le tre quando a Corina viene detto di prepararsi per entrare in sala parto. La paziente non sta bene, soffre dolori fin dal momento in cui alle 23.30 è stata accompagnata in ospedale. Per tutte quelle ore rimane seduta su una sedia a rotelle. «Un’agonia», come la definisce la stessa ragazza, che poi peggiora: i dolori all’addome – racconta – sono così intensi che alle 2.30 quasi perde i sensi. A quel punto un medico decine di accertarsi del battuto del nascituro e si rende conto che è debole, così viene deciso che la puerpera deve essere operata d’urgenza. Corina viene sottoposta ad anestesia locale e rimane quindi cosciente di quello che le accade intorno. 



















































La denuncia

Spiega nella denuncia: «Vedo la preoccupazione sul volto dei medici che mi stanno operando. D’un tratto esclamano: “S’è rotto l’utero, c’è un emorragia, il bambino sta storto sotto l’addome. Non sento il pianto del bambino”». Una testimonianza precisa, che aiuta a capire che cosa è avvenuto. Lei domanda come sta il neonato. Prima le viene detto che si trova con il pediatra. Poi, uno dei medici, le dice la verità, cioè che il bimbo è morto. Corina chiede allora di poter comunque vedere la sua creatura. Il dottore esaudisce il suo desiderio. Da quel momento trascorrono tre giorni durante i quali Corina viene tenuta sotto osservazione. La mattina del 28 luglio scorso arriva a Roma il marito di ritorno dalla Romania dove è stato per motivi di lavoro. Lei chiede di vedere il corpicino del figlio insieme con il compagno. La risposta dell’ospedale la gela: le dicono che lo stanno portando al Pertini per l’autopsia disposta dal nosocomio di propria iniziativa. Tuttavia lei si oppone, presenta la denuncia e la procedura viene bloccata. Ora il corpicino del neonato si trova al Policlinico Tor Vergata.


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31 luglio 2025 ( modifica il 31 luglio 2025 | 07:48)