di
Federico Fubini

Gli asset russi sono lo strumento ma non tutti i Paesi sono d’accordo

Nel primo triennio dopo l’aggressione totale all’Ucraina, l’Europa e gli Stati Uniti avevano sostenuto il governo di Kiev con aiuti di un valore crescente: nel 2022 furono 74 miliardi di euro, nel 2023 salirono a 79 e l’anno scorso hanno raggiunto quota 89, secondo il Kiel Institute for International Economics. Il sostegno degli Stati Uniti era stato leggermente superiore a quello dell’Europa. Ora quest’ultima è rimasta sola a sostenere il bilancio di Kiev, perché l’amministrazione di Donald Trump ha interrotto trasferimenti o prestiti in qualunque forma. E per l’anno prossimo non è ancora chiaro come sarà finanziato un fabbisogno scoperto da almeno 60 miliardi di euro.

L’idea di vittoria

Qualunque idea i governi dell’Unione europea abbiano di una soluzione al conflitto dipende da come scioglieranno questo dubbio. In sé, potrebbe trattarsi di una questione più rilevante, per il futuro dell’Ucraina, del destino stesso di Pokrovsk nel Donetsk. In gioco è la credibilità della sola idea di vittoria che resta oggi al governo di Kiev e ai suoi alleati: riuscire a difendere la linea del fronte così a lungo e a un costo umano, sociale, finanziario e politico così astronomico per la Russia da costringere Vladimir Putin a congelare il conflitto.



















































I territori e il futuro nell’Ue

L’Ucraina uscirebbe mutilata dalla battaglia — privata del controllo di circa un quinto del suo territorio, con almeno centomila morti militari e civili — ma libera: indipendente e capace di scegliere il proprio governo e il cammino verso l’Unione europea. Perché accada, il Paese deve poter resistere. E perché possa resistere, dimostrando al presidente russo di essere in grado di farlo ancora per anni, deve poter disporre delle risorse necessarie. Oleksandr Kamyshin, consigliere speciale di Volodymyr Zelensky per il riarmo, spiega che l’industria ucraina della difesa oggi lavora a un terzo del potenziale a causa della carenza di fondi. Per questo la partita delle riserve congelate di Mosca per almeno 140 miliardi di euro diventa essenziale per il futuro della guerra. Assegnare quei fondi a Kiev significa dare a Putin il messaggio che l’Ucraina resterà viva a combattere per almeno altri due anni, mentre la Russia vede la sua economia e il suo bilancio deteriorarsi sempre di più e l’esercito perdere oltre 350 mila uomini l’anno, tra morti e feriti, per conquistare frazioni minime di territorio distrutto. La scelta è dunque nelle mani dei leader europei. Sarà fra le più pesanti dal febbraio del 2022.

Posizioni differenti

La Germania, i nordici e gran parte dei Paesi dell’Europa centrale e orientale sono decisi a utilizzare quei fondi a favore di Kiev a titolo di un anticipo, sotto forma di prestito, delle riparazioni che Mosca sarà chiamata a versare per l’aggressione. Italia e Francia seguono, con qualche riluttanza: probabilmente entrambi i governi si preoccupano delle proprie responsabilità finanziarie, qualora un tribunale internazionale dovesse dichiarare illegittimo il ricorso alle riserve di Mosca. Il Belgio poi si oppone per lo stesso motivo, dato che gran parte dei beni congelati oggi si trovano presso la piattaforma Euroclear a Bruxelles.

Entrate in calo per Mosca

La scelta dovrebbe arrivare entro il Consiglio europeo del 18 dicembre. E potrebbe favorire uno spostamento graduale degli equilibri del conflitto, perché alla lunga esso non è sostenibile neanche per il Cremlino. Le nuove sanzioni americane sul petrolio potrebbero portare un’erosione ulteriore delle entrate del bilancio di Mosca, soprattutto se la Cina non assorbirà del tutto le quote di fatturato del greggio russo che l’India smetterà di comprare. Intanto l’economia russa resta debolissima, l’inflazione ha ripreso a salire e un recente studio del Massachusetts Institute of Technology — basato sui micro-dati doganali e delle imprese — smonta il mito dell’inefficacia delle sanzioni: le forniture di prodotti colpiti dalle misure sono crollate del 27%. Putin non potrà proseguire l’aggressione a oltranza. Specie se l’Europa sarà così determinata da farglielo capire.

2 novembre 2025