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Gli Stati Uniti vogliono costruire una “nuova Gaza” su metà della Striscia sotto il controllo dell’esercito israeliano, ma si scontrano con la resistenza. Il piano di costruire sei aree residenziali sul lato orientale della Linea Gialla per ospitare un milione di persone ha ricevuto un’accoglienza fredda da alcuni potenziali paesi donatori nel Golfo Persico. Il ritiro parziale ha lasciato a Israele in controllo di circa il 53 per cento della Striscia, ma il piano di Trump per porre fine alla guerra prevede che le Idf si ritirino gradualmente dall’altra parte del confine di Gaza e abbandonino del tutto la Striscia. Tuttavia, tale ritiro è legato al successo di una Forza di stabilizzazione internazionale (Isf), ancora da istituire, incaricata di proteggere la tregua e provvedere al disarmo di Hamas, che non ha mostrato alcun interesse a rinunciare alle proprie armi ma ha accettato comunque di ritirarsi, passando attraverso corridoi della Croce Rossa in linea con quanto previsto dall’accordo di cessate il fuoco con Israele. Lo rende noto Al Jazeera, secondo cui i mediatori stanno lavorando per garantire che i militanti si ritirino sul lato della Linea gialla controllato da Hamas senza che ciò scateni scontri con le Idf. I mediatori starebbero attualmente aspettando l’approvazione del governo guidato da Benjamin Netanyahu.
Gli Stati Uniti non aspettano altro per iniziare il processo di ricostruzione e il principale consigliere di Trump, Jared Kushner, ha indicato che Washington vuole cominciare dal lato israeliano della Linea Gialla e in particolare dalla città meridionale di Rafah. La proposta statunitense prevede che fino a un milione di palestinesi, circa metà della popolazione di Gaza, si trasferiscano nelle aree residenziali sul lato “israeliano” della Striscia. Queste aree saranno ricostruite entro due anni, anche se le forze dell’IDF non si ritireranno entro quella data, hanno affermato i due diplomatici informati sul piano. Uno dei progetti in ballo, elaborata presso il Centro di coordinamento civile-militare con sede a Kiryat Gat, prevede la creazione di una “cintura umanitaria” lungo la Linea Gialla in cui sarebbero stati istituiti 16 centri di distribuzione, simili a quelli gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation, ora inattiva. Washington vorrebbe che la task force internazionale venga schierata in futuro dall’altra parte della Linea Gialla, l’area che attualmente è sotto il controllo di Hamas, hanno affermato i diplomatici, sottolineando che l’idea ha incontrato resistenze da parte di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, tra i principali finanziatori del progetto di rinascita per Gaza. Paesi come Indonesia, Azerbaigian, Turchia ed Egitto potrebbero essersi offerti di contribuire con truppe alle ISF, ma non senza un chiaro mandato delle Nazioni Unite o una sorta di accordo con Hamas attraverso il quale consegni almeno alcune delle armi.
I mediatori sono in contatto con Hamas e Israele per garantire l’uscita dei combattenti del gruppo palestinese dalle aree oltre la linea gialla. Le fonti hanno affermato che gli sforzi mirano ad evitare qualsiasi possibile attrito con le forze di occupazione, e che l’iniziativa proposta prevede che i combattenti abbandonino il territorio I mediatori hanno confermato di aver ottenuto l’approvazione di Hamas per gli accordi di rilascio dei combattenti bloccati e di essere in attesa dell’approvazione di Israele. Hamas ha dichiarato che consegnerà i corpi di tre prigionieri israeliani ritrovati come parte dello scambio di ostaggi e prigionieri in corso nell’ambito dell’accordo di cessate il fuoco con Israele. Le Brigate Ezzedine Al-Qassam li hanno scovati stasera in uno dei tunnel nel sud della Striscia di Gaza.