di
Lara Sirignano
Messina, il 20enne Giacomo Frasconà ha aperto il fuoco contro un gruppo di persone che stazionava davanti a un bar. La premier Meloni: «Un delitto assurdo»
PALERMO – Era uscito di casa con una pistola per uccidere. Sceso dall’auto con l’arma in pugno, si è avvicinato al bar e ha urlato il nome della sua vittima, un ragazzino come lui con cui dalle occhiatacce, mesi fa, erano arrivati alla rissa e poi alla denuncia. Davanti al locale, in via Roma, a Capizzi, paese di 2500 anime in provincia di Messina, sabato sera erano radunate diverse comitive in attesa di una festa di compleanno. «Quello che cerchi non è qui», gli hanno risposto. È stato allora che a freddo, Giacomo Frasconà Filaro, 20 anni, ha cominciato a fare fuoco: 4 colpi — due a terra e due ad altezza d’uomo — esplosi mentre decine di adolescenti urlavano e scappavano ovunque.
A terra sono rimasti in due, Giuseppe Di Dio, 16 anni, ferito al collo, e un amico di 22 colpito di striscio e portato all’ospedale di Nicosia. L’assassino è risalito in macchina, una Fiat Punto, dove lo aspettavano il fratello Antonio, da poco maggiorenne, e il padre, Mario, ed è tornato a casa. Giuseppe è morto dissanguato qualche istante dopo essere arrivato alla guardia medica, a 200 metri dal bar, ucciso per caso a 16 anni. «Tornavo con mia figlia quando mi hanno fermato per dirmi di andare in ambulatorio per aiutare un collega che stava soccorrendo un ferito grave», racconta uno dei medici del paese. «Il ragazzo è morto dissanguato. Sul collo c’era il foro di entrata del proiettile e nessun foro d’uscita».
Frasconà e i due familiari sono stati fermati poche ore dopo dai carabinieri del comando provinciale di Messina con l’accusa di concorso in omicidio aggravato, tentato omicidio, detenzione di arma da fuoco clandestina, lesioni personali e ricettazione. Fratello e padre dell’assassino sono «ritenuti responsabili — dicono i carabinieri — di averlo accompagnato sul luogo del delitto al momento della sparatoria». Gli investigatori hanno recuperato e sequestrato l’arma usata, una pistola con matricola abrasa.
In tanti hanno collaborato alle indagini facendo il nome dell’assassino che, davanti agli inquirenti, è rimasto in silenzio. In paese i Frasconà vengono descritti come litigiosi, fuori controllo, pericolosi. Nei mesi scorsi hanno dato fuoco al portone di una caserma dell’Arma. «Li conosco, hanno diversi precedenti penali — dice il sindaco di Capizzi Leonardo Giuseppe Principato Trosso — Solo due giorni fa sono stati sottoposti a controlli perché sospettati di nascondere armi. Ieri sera poteva essere una strage, il bar è frequentato da molti ragazzini. I nostri carabinieri sono pochi e più volte ho chiesto al prefetto rinforzi. Proclamerò il lutto cittadino».
In paese il nome Frasconà è fa paura. «È una tragedia annunciata — sbotta un testimone — C’erano tutti gli elementi per prevedere che prima o poi qualcosa sarebbe accaduto. Ci sono state risse continue, a Capizzi vivevamo nella paura e nessuno ha fatto nulla. Cinque secondi prima della sparatoria ero con mia figlia: al posto di Giuseppe poteva esserci lei».
Oggi i tre fermati verranno sentiti dai pm (indaga la Procura di Enna) e verrà dato l’incarico al consulente che dovrà eseguire l’autopsia. Timido, riservato, legatissimo alla famiglia, il 16enne frequentava l’istituto alberghiero di Troina. Sognava di trovare un lavoro fuori dalla Sicilia per fare esperienza nella ristorazione e poter poi provare ad aprire un locale tutto suo. Impegnato fin da piccolo nella banda musicale del paese, aiutava il padre nella azienda agricola di famiglia. «Era altruista, un ragazzo maturo, siamo attoniti», dice la preside della scuola Maria Angela Santangelo.
Di «delitto assurdo e spietato e di dolore e rabbia per una vita innocente strappata alla sua famiglia» parla la premier Giorgia Meloni . «Mi auguro — aggiunge — che la giustizia sia rapida e severa verso i responsabili di questo orrore. Il mio sentito cordoglio alla famiglia e alla comunità sconvolta da questa tragedia».
2 novembre 2025
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