di
Marta Serafini

Dopo che Trump ha definito il leader ucraino «un dittatore» per non essersi sottoposto al voto nonostante la scadenza del mandato, in molti si sono detti: l’era del comico diventato comandante in capo è finita, facciamoci sotto

DALLA NOSTRA INVIATA 
ODESSA – Era primavera quando l’ipotesi si è fatta certezza: la corsa per il post Zelensky sarà tutt’altro che noiosa. Dopo che Trump ha definito il leader ucraino «un dittatore» per non essersi sottoposto al voto nonostante la scadenza del mandato, in molti si sono detti: l’era del comico diventato comandante in capo è finita, facciamoci sotto.

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Il ragionamento è semplice. Nonostante la legge marziale impedisca al Paese di votare finché è in corso un conflitto, se è probabile che il prossimo presidente sarà colui che firmerà il cessate il fuoco con Mosca, difficile che quell’uomo possa essere Zelensky, inviso sia a Trump sia a Putin. Così, con il passare dei mesi, gli sfidanti del presidente eletto con il maggior numero di voti della storia d’Ucraina — prese il 73% — si sono fatti coraggio. E ora, stimolati da questa nuova crisi che vede per la prima volta dall’inizio dell’invasione i giovani in piazza contro Zelensky e il suo odiato vice Yermak, sono usciti dall’ombra.

Il più attivo nella corsa è sicuramente Petro Poroshenko. La rivalità tra i due risale al 2019, anno in cui l’oligarca, proprietario dell’impero dolciario Roshen, dopo aver guidato il Paese per 5 anni è stato sonoramente sconfitto dal comico sceso in politica. Nonostante il suo partito, Solidarietà europea, abbia solo 27 seggi su 450, il re del cioccolato, lo stesso che distribuiva in piazza Maidan ai manifestanti, grida letteralmente ormai ai quattro venti che il modo migliore per agevolare i colloqui di pace è portare al governo esponenti dell’opposizione. Proposta che però il presidente in carica non solo non ha preso in considerazione ma cui ha risposto facendo inasprire i processi a suo carico. Spesso in visita ai soldati in prima linea, sebbene abbia sostenuto il governo sulle vicende belliche, Poroshenko è al centro di indagini che hanno portato al congelamento dei suoi conti bancari e che potrebbero escluderlo da future elezioni. «Processi politici», li definisce lui. Ragion per cui, di fronte allo scivolone dell’avversario sull’anticorruzione ha gioco facile ad accusarlo. 

Gradito a Putin, il «cioccolataio» come lo chiamano i detrattori, non è amato in patria. Amato a furor di piazza e popolo è invece il generale Valery Zaluzhny, uomo-montagna (è alto due metri). Prima di essere spedito a Londra a fare l’ambasciatore dopo essersi permesso di criticare la strategia militare del presidente, oltre a svettare su Zelensky fisicamente, lo sovrasta in termini di gradimento (71% contro il 49%, secondo un sondaggio della società ucraina Socis). Esatto opposto dei residuati sovietici che un tempo dominavano i ranghi militari dell’Ucraina, generale di ferro che ha difeso Kiev mentre i russi calavano sulla capitale, adorato dai soldati, Zaluzhny nei giorni scorsi si è fatto immortalare su Vogue Ukraine con un Patek Philippe da oltre 20 mila euro. E non c’è autogrill del Paese che non esponga la sua biografia, la stessa che avrebbe regalato a Poroshenko durante un incontro a Londra.

Che cosa i due si siano detti non è dato sapere ma il ticket potrebbe funzionare: sempre secondo Socis, se le presidenziali si svolgessero a breve (e il dato è diverso dal gradimento), il 21,8% voterebbe per Zelensky, il 19,6% per Zaluzhny e Poroshenko riceverebbe il 4,5%. Al generale di ferro il compito di far digerire l’amaro calice del cessate il fuoco mentre il re del cioccolato addolcisce Trump e Putin?

Outsider ma sempre sulla cresta dell’onda, resta il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko. Anche lui montagna, ex campione di pesi massimi, figlio di un generale sovietico e bambino di Chernobyl, ha abbandonato una redditizia carriera sportiva per la politica poco più di un decennio fa, determinato a guidare l’Ucraina verso un percorso filoeuropeo. Sconfitto nel 2019, nel 2022 ha distribuito 20 mila fucili ai cittadini per difendere la città e, ancora oggi, si impegna a visitare i luoghi degli attacchi russi. Alleato di Poroshenko, in una recente intervista al Corriere non ha confermato di volersi candidare alle elezioni — «prima dobbiamo vincere la guerra» — ma non perde occasione per provare a mettere ko Zelensky. Che ci riesca, è da vedere.

31 luglio 2025 ( modifica il 31 luglio 2025 | 09:11)