Sono ricorrenti, anche se sommesse, le preoccupazioni sulla stabilità dei mercati finanziari. Ai massimi, nonostante tutto. Se ne parla poco perché chi teme correzioni, anche brusche, attrae su di sé l’accusa di essere un po’ passatista e di non avere fiducia negli straordinari – e tali sono – progressi della tecnologia, in particolare dell’Intelligenza artificiale.
Anche questo è un abito mentale (bias) che contribuisce al conformismo degli operatori. Andrebbe contrastato, non incoraggiato. La mancanza di un sano spirito critico è un ostacolo all’innovazione. Ogni ondata di cambiamenti tecnologici ha le sue crisi di maturazione. Non è impensabile che ciò non possa accadere
anche per l’Intelligenza artificiale. Si ricorderà l’esplosione della bolla delle dot.com, a inizio secolo. Non arrestò la rivoluzione di Internet. Anzi, ne determinò una nuova e più promettente stagione.
Il volume degli investimenti nell’Ai, da parte delle «magnifiche sette» società americane dell’high tech, è destinato a superare, nel 2025, i 300 miliardi di dollari. Le attese sono mirabolanti. I mercati ci credono. Senza alcun ragionevole dubbio. Senza che sia contemplata una quota di inevitabili fallimenti. Come scrive Morya Longo, sul Sole 24 Ore, i multipli di Borsa sono storicamente stellari. Equivalgono a 31 volte gli utili. Circa un terzo dell’indice S&P 500 è frutto della capitalizzazione delle «magnifiche sette», tra cui
Nvidia che ormai vale 5 mila miliardi, due volte il Prodotto interno lordo (Pil) dell’Italia.
Ma l’aspetto che in questi giorni è fonte di tante discussioni riguarda l’intreccio commerciale e finanziario tra i grandi protagonisti dell’Ai. Bloomberg ha riprodotto un grafico (che potete vedere in coda) la cui lettura dà il senso della circolarità dei rapporti tra le Big Tech per quanto riguarda l’Ai. Nvidia investe in OpenAi che acquista così i suoi chip. E così via. Un’interdipendenza inevitabile ma anche fonte di qualche preoccupazione. Anche perché può apparire come una sorta di «gemellanza siamese», il termine che, nel secolo scorso, il banchiere Raffaele Mattioli usò per descrivere l’eccessiva vicinanza tra banche e imprese. Un intreccio perverso. Chissà se ChatGpt lo contempla tra i rischi di mercato.
3 novembre 2025, 11:57 – modifica il 3 novembre 2025 | 12:42
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