di
Maria Strada
Il 3 novembre 1985 Diego Armando Maradona segnò alla Juventus una punizione a due con una traiettoria impossibile. Eraldo Pecci ricorda quel miracolo balistico al San Paolo: «La palla non ci passava, ma i geni vedono cose che noi non vediamo»
La punizione a due più incredibile della storia del calcio italiano compie 40 anni. Il 3 novembre del 1985 la Juventus — sotto la guida di Giovanni Trapattoni — arrivava da otto vittorie nelle prime otto giornate, con appena tre gol subiti — due dei quali autoreti: insomma, il campionato pareva bell’e morto.
Ma quel giorno si gioca Napoli-Juventus in un clima infuocato fuori e dentro il campo (espulsi Brio e Bagni per «reciproche scorrettezze», si diceva un tempo). La partita è inchiodata sullo 0-0 quando, al 71′, Scirea sbaglia il tempo dell’intervento in area su Bertoni. Non rigore, né «rigorino»: l’arbitro pisano Giancarlo Redini fischia una «punizione a due», il calcio di punizione indiretto.
E qui sale in cattedra Diego Armando Maradona: inizia a parlottare con Eraldo Pecci, che oggi, dai microfoni di Radio Anch’io Lo Sport su Radio 1 ha ricordato quel miracolo balistico: «La palla non ci passava, ma se hai la fortuna di stare vicino a un genio vedi che gli riescono cose che non hanno una logica. Se porti un tubetto di vernice a chi dipinge la Cappella Sistina poi passi alla storia, anche se immeritatamente».
Maradona si mette le mani sui fianchi e dice al compagno di passargli la palla. «E io dicevo a Diego: “Ma sei sicuro? Guarda che non ci passa”. Lui diceva: “Toccala, che ci penso io”. E la palla ci passò».
La barriera della Juventus, organizzata da Stefano Tacconi, era infatti piazzata molto più vicina dei nove metri canonici nonostante le proteste degli azzurri sulla «distanza». Se la palla era più o meno all’altezza del dischetto del rigore, i difensori erano almeno un metro avanti rispetto alla linea dell’area piccola: conti alla mano, sei metri o anche meno.
Ma questo non intimidiva affatto il Pibe de Oro. Che non sceglie la conclusione di potenza, ma si inventa un tocco da sotto, a giro. Tacconi battuto, Juventus alla fine sconfitta per 1-0 (ma alla fine della stagione comunque campione d’Italia). Il San Paolo esplode, Fuorigrotta esplode, tutta Napoli esplode. Si parla di persone colpite da infarto, il confine tra cronaca e leggenda sfuma.
Resta la magia di quel gol, che ancora oggi Pecci — ex centrocampista che, lasciata Napoli, passò poi da Bologna, Fiorentina e Torino — ricorda come indissolubile da Diego, scomparso il 25 novembre 2020: «I geni vedono delle cose che noi non vediamo. Io ho semplicemente portato il tubetto di vernice — continua Pecci —. Maradona è stato il più grande di tutti i tempi perché, pur essendo il primo per talento, era sempre a disposizione degli ultimi. Ti dava sempre una grande soddisfazione, sembrava che fosse merito tuo qualsiasi cosa. In questo senso, era il più fuoriclasse di tutti».
Quarant’anni dopo il Napoli è campione d’Italia in carica, e dopo 10 giornate è in testa al campionato con un solo punto di vantaggio su Inter, Milan e Roma, un segno probabilmente di livellamento, forse verso il basso. E infatti anche Pecci lo rimarca ricordando che oggi la serie A «in generale è un campionato che ha meno qualità di molti altri». I Maradona, ma anche i Falcao o i Rummenigge di oggi «non vengono più da noi. Da primi siamo diventati una seconda linea del calcio europeo. Penso possa esserci una sorta di Leicester: può essere il Bologna o il Como, una squadra che non ti aspetti e che può fare la grande sorpresa». D’altra parte, aggiunge Pecci, «con questa mediocrità, il campionato diventa più bello, molto simile alla serie B: sempre equilibrato e non sai mai come finisce».
3 novembre 2025 ( modifica il 3 novembre 2025 | 11:38)
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