Il direttore sanitario dell’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano: “Ceppo B Victoria il più pericoloso, vaccinarsi è importante per tutti”

Francesco Palma

3 novembre – 11:28 – MILANO

Con l’avvicinarsi dell’inverno cominciano a manifestarsi i primi virus influenzali anche in Europa, “trainati” da quanto sta accadendo in Giappone e in Australia. Come spiega Fabrizio Pregliasco, professore associato di Igiene presso Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’IRCCS Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio di Milano, gli agenti patogeni sono in realtà tantissimi e questo rischia di generare confusione. Inoltre, bisognerà fare attenzione a determinati ceppi influenzali: “La stagione influenzale come sempre vede dei ‘protagonisti’ principali, anche se in realtà gli agenti infettivi a trasmissione respiratoria sono tantissimi: ne calcoliamo un totale di 262. Ovviamente i virus influenzali sono quelli che ‘pesano di più’ in termini numerici e di effetti. Quest’anno, in Australia e anche in Giappone, si sono manifestate due nuove varianti del virus influenzale: l’H3N2 e il B Victoria. Questi virus hanno reso la stagione australiana e quella giapponese particolarmente intensa, e i dati che ci arrivano non sono entusiasmanti in termini di effetti complessivi”.

Il professor Fabrizio Pregliasco

Professore, come si distingue l’influenza da altre patologie respiratorie come il Covid? 
“La vera influenza – che sia causata dal ceppo B Victoria o da altri virus – si riconosce rispetto alle tante forme che chiamiamo genericamente ‘influenza’ o ‘sindrome influenzale’ per tre elementi fondamentali: un inizio brusco della febbre, oltre i 38 gradi; almeno un sintomo respiratorio, come naso chiuso o che cola; almeno un sintomo generale, come dolori muscolari o articolari. Di conseguenza non sempre le infezioni respiratorie sono così pesanti: possono esserci casi di lievi raffreddori, naso chiuso, un po’ di febbre che si protrae nel tempo. Sono i cosiddetti ‘virus cugini’ sempre a trasmissione respiratoria che noi tendiamo ad attribuire all’influenza. A volte si parla di anche di ‘influenza che prende la pancia’: in effetti esiste, ma è dovuta a enterovirus che si trasmettono comunque per via respiratoria. Comunque, il grosso dei problemi, anche in termini di complicanze, lo dà sempre l’influenza vera e propria. Oggi, per esempio, un altro co-protagonista è il virus respiratorio sinciziale (RSV), già ben conosciuto per essere causa delle bronchioliti nei bambini: in realtà coinvolge anche adulti e anziani con forme che assomigliano a quelle influenzali, quindi pesanti e a rischio complicanze. E poi come sempre c’è il Covid, che è diventato endemico e non correlato delle condizioni metereologiche: non è facilmente riconoscibile perché la risposta immunitaria di ognuno di noi è diversa e qualcuno lo riprende in forme diverse, più pesanti o leggere. Invece i virus influenzali e gli altri virus respiratori sono più stagionali: trovano il loro momento di massima diffusione con il freddo intenso e prolungato, che facilita il contagio. Per questo dicevo che le previsioni non sono delle migliori: ciò che si è appena visto in Australia durante il loro inverno è probabilmente ciò che ci capiterà anche qui, anche se queste previsioni dipendono sempre anche dall’andamento meteorologico. Se ci sarà molto freddo, le cose tenderanno a peggiorare”. 

Quindi non è ancora prevedibile un momento preciso in cui potrebbe arrivare il picco? 
“Al momento non è ancora identificabile un periodo certo. Anche i miei studi del passato evidenziano che il trigger, cioè il fattore scatenante della comparsa dei casi, è legato alla presenza di temperature rigide e prolungate e a un’umidità relativa molto alta. Per cui non si sbaglia mai a dire che il periodo più freddo dell’inverno, unito ai viaggi, ai baci e agli abbracci delle feste, rappresenta sempre un elemento facilitante. Quindi, più o meno, il periodo è sempre quello, anche se ogni anno l’epidemia può iniziare un po’ prima o un po’ dopo. Ma non ci si discosta mai troppo da quella curva tipica”.

Influenza B virus

Qual è il periodo di incubazione dei virus influenzali? Quanto dura l’infezione? 
“Il periodo di incubazione dei virus influenzali è di 2-3 giorni. Quando la manifestazione non presenta peggioramenti dovuti a sovrainfezioni batteriche l’influenza dura massimo 4-5 giorni. Paradossalmente gli altri virus che causano forme meno intense sono quelli che tendono a durare più a lungo nel tempo, sono più fastidiose ma meno potenti. L’influenza invece ha un impatto più pesante ma si risolve più velocemente. È un po’ come nei concerti: il gruppo principale arriva dopo, ma prima a ‘scaldare la platea’ ci sono i gruppi meno famosi, con effetti minori”. 

Quali sono le precauzioni principali da prendere per prevenire i contagi? 

Molte precauzioni le abbiamo imparate con il Covid e ora cerchiamo di mantenerle e migliorarle. Il concetto è sempre lo stesso: ventilazione, attenzione e prudenza. Bisogna ricordarsi che il virus può essere contagioso già durante la fase di incubazione, prima della comparsa dei sintomi. E ovviamente poi si è contagiosi quando si è malati, ma purtroppo vedo spesso persone che vanno a lavorare anche con la febbre, riempiendosi di antinfiammatori pur di resistere: così però si favorisce ulteriormente il contagio”.

​Quali sono i pericoli da non sottovalutare di questa influenza? 

“L’influenza ‘vera’ del tipo B Victoria è quella che provoca gli effetti più rilevanti nei vari pronto soccorso durante la stagione invernale. L’impatto dipende da quanto è nuovo il virus e da quante persone vengono infettate: più infettati ci sono, più tra questi aumentano i casi gravi e le complicanze. Se la stagione è numericamente piccola gli effetti sul Servizio Sanitario Nazionale sono limitati, ma se – come prevediamo – si raggiungeranno dai 16 ai 20 milioni di casi è chiaro che tra questi ci saranno molti soggetti fragili, immunodepressi o con altre patologie che rischiano di finire in ospedale”. 

Quali sono i soggetti a rischio che dovrebbero vaccinarsi contro l’influenza? 
La vaccinazione per l’influenza – ma non solo, includo anche quella contro il Covid – è fondamentale. Li metto insieme perché, a mio avviso, il richiamo vaccinale periodico serve alle stesse categorie di persone, sia per l’influenza che per il Covid. Tutti possono trarre beneficio dal vaccino, anche i giovani. Noi, per esempio, vacciniamo sistematicamente i calciatori, perché conviene anche a loro: se un giocatore prende l’influenza nel pieno del campionato non è performante. Questo mostra anche un’utilità economica del vaccino. Allo stesso modo, un genitore che lavora e che ha figli potrebbe non potersi permettere di ammalarsi: insomma, è un problema che riguarda tutti. Chi ne trae più vantaggio – e può anche riceverlo gratuitamente – sono i soggetti a rischio: gli anziani sopra i 60 anni, gli immunodepressi, i malati oncologici, chi ha malattie croniche respiratorie o cardiache, questo perché la febbre e l’infiammazione possono peggiorare ulteriormente lo stato di salute. Spesso negli anziani coesistono diabete, cardiopatia e broncopatia cronica, e quindi il rischio diventa ancora maggiore. Anche per i bambini più piccoli, che possono avere complicanze, la vaccinazione è raccomandata”.