Nel nuovo spot interamente realizzato con la GenAi si pubblicizza Ai Mode, il nuovo strumento di ricerca talmente semplificato che è in grado di usarlo anche… un tacchino

Tom è un tacchino (di peluche) e la sua idea, semplice ma del tutto condivisibile, è di scappare dalla fattoria prima che arrivi il Giorno del Ringraziamento. La festa nordamericana dove si pasteggia a base di tacchino (negli Usa quest’anno cadrà il 27 novembre). Ecco il soggetto alla base dello spot televisivo interamente realizzato con l’intelligenza artificiale, con Google a pubblicizzare il nuovo strumento di ricerca – l’Ai Mode, arrivato da poco anche in Italia – e di farlo creando una piccola storia con il proprio software Ai, Veo 3.

Il video pubblicitario rientra nella campagna «Just ask Google» e si intitola «A quick getaway», puntando sul gioco di parole tra «fuga» e «vacanza improvvisata» del vocabolo inglese: Tom si vede additato come portata principale della festa in arrivo e subito, attraverso il suo smartphone, clicca sul tasto Ai Mode (dovrebbe comparire anche a voi, nella schermata principale di Google, a destra nello spazio dove si effettuano le ricerche) e chiede come pianificare una fuga/vacanza veloce, con voli diretti ed evitando di viaggiare in Paesi dove si festeggia il Thanksgiving. La voce narrante, dato che Tom non va oltre il suo goglottare, spiega che usare Ai Mode è «semplice e… yeah!». Non troppo tecnico ma efficace: con Ai Mode arrivano subito i risultati, non link – in base alle parole chiave della nostra ricerca – da cliccare, ma il contenuto sintetizzato dalla Ai attraverso i contenuti ricavati appunto dai «vecchi» link. Tom ne è contento e infatti lo si vede, nel finale dello spot, con occhiali da sole pronto a salire a bordo di un aereo. La campagna, così si legge, nasce per la tv ma andrà anche online e nei cinema. Con una nuova versione in arrivo dedicata a temi natalizi.



















































Se di spot generati in questo periodo se ne vedono sempre di più, per Google paradossalmente era la prima volta. All’interno dei Creative Labs dell’azienda, dove lo spot in una prima fase era tato concepito per essere animato in modo tradizionale, si è deciso di non mettere alcuna scritta che individuasse il video come realizzato con l’Ai. Una scelta di «maturità», chiamiamola così, seguendo la spiegazione data al Wall Street Journal da Robert Wong dei Labs: mettere le scritte serve essenzialmente a dire al proprio capo che hai usato la Ai, cosa molto di moda, ma ai consumatori non interessa in che modo viene realizzato uno spot. L’importante è che funzioni, e l’idea di Google è stata quella di portare in scena un tacchino di peluche – un testimonial chiaramente finto – proprio per evitare l’effetto «uncanny valley», cioè la ricerca di realismo a tutti i costi che – in quanto imperfetto – di fatto rende la visione respingente (vedi sopra lo spot natalizio del 2024 della Coca Cola, fortemente criticato proprio perché «senz’anima»).

Tutto bene, quindi? Quasi. Perché a voler ben vedere, il messaggio di fondo che passa lo spot potrebbe essere controproducente. Perché il prodotto che si vuole vendere è uno strumento di Ai e la risposta dello spot è dunque alla domanda: a che cosa/a chi serve l’intelligenza artificiale generativa? La risposta è: al tacchino Tom. Era già successo ad Apple un anno fa – in una serie incredibile di pubblicità della Mela mal riuscite -, quando per pubblicizzare Apple Intelligence era stato messo in scena «Warren lo scansafatiche». In un ufficio, Warren ha ben poco da fare: srotola scotch, lecca e rilecca buste della posta, crea una catenella con le graffette. Poi, la svolta della giornata lavorativa: scrive due righe informali di email su un progetto, chiede ad Apple Intelligence di metterle in tono professionale e via al capo. Che, ricevuta la mail, guarda Warren – mentre usa la catenella come fosse un nunchaku – e sembra chiedersi come un imbecille del genere possa aver scritto una mail così ben composta. 

Anche Tom, pur intraprendente e ingegnoso, rimane quello che è: un tacchino di pezza. E, malgrado questa sua condizione limitante, è in grado di usare Ai Mode, perché di fatto lo strumento di Google propone questo: di ragionare al posto nostro, di scegliere lui – e non noi –  i link da cui apprendere le informazioni che cerchiamo. Dunque, secondo gli spot di Apple e Google, qual è la risposta alla domanda «a chi serve l’intelligenza artificiale?»?

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3 novembre 2025 ( modifica il 3 novembre 2025 | 12:53)