di
Francesca Angeleri

Con Artpay nasce la prima piattaforma italiana che permette di acquistare opere d’arte e collezionabili a rate, in modo sicuro e digitale. Un progetto fintech che apre il mercato ai giovani collezionisti

Perché si può pagare tutto a rate, tranne l’arte? Da questa domanda è nato il progetto Artpay ideato e fondato da Luca Pineider e dalla sua compagna Rossella Destefani (con loro sono coinvoltialtri soci tra cui il curatore Ermanno Tedeschi). Artpay è la prima piattaforma fintech in Italia dedicata al mondo dell’arte e dei collectibles, «consente di acquistare opere d’arte attraverso formule di pagamento semplici, rateali e sicure, (da un minimo di 3 a un massimo di 84 rate) grazie alla collaborazione con partner finanziari internazionali selezionati», racconta Pineider.

Pagare le opere in più tranche è una consuetudine storica nelle gallerie. Il punto è che il rischio è da una parte sola: il gallerista. E la soddisfazione è minima: non avrai l’opera in mano fintantoché non avrai saldato il tuo debito. Inoltre, sempre suddetto mercato, è proprio uno di quelli dove il «nero» ímpera. Artpay mette «mano», o vuole mettere mano a tutte queste cose. «Non ci stiamo inventando nulla, ma è un modo per dare aria nuova a questo mondo. Lo stiamo digitalizzando e aprendo a nuove possibilità. Il mercato sta cambiando.



















































Secondo il report Art Collecting di Deloitte, esiste una nuova generazione di collezionisti che comprano digitale, con ticket più bassi, tra i 3 e i 30 mila euro. È la pancia del mercato, e noi ci rivolgiamo lì». E come sono questi nuovi collezionisti? Giovani, nel senso, di età, under 50 (o giù di lì), ma anche novizi di approccio all’acquisto di opere. «Sono le nuove coppie senza figli, i single, ma soprattutto le statistiche identificano Millennials e Gen Z come la nuova faccia del mercato». Non manca, e non è secondaria, la sfumatura etica: «Digitalizzare aumenta trasparenza e conoscenza. In Italia molte gallerie non espongono i prezzi e continuano a parlare agli stessi soggetti. Si rischia l’implosione. Rendiamolo più sostenibile oltre che più digitale». Anche per gli artisti? «Assolutamente sì. Non pensiamo di cambiare il mondo, però crediamo fortemente che digitalizzare e agevolare i pagamenti, sia un modo per far bene al sistema e quindi anche agli artisti. Sono essi sì al centro -senza di loro non esisterebbe niente- ma sostanzialmente nella catena dei valori poi spesso vengono posizionati alla fine. Quindi l’idea è quella di facilitare e agevolare anche loro». 

Questa Artissima è un po’ un banco di prova, con la partnership con The Others. «Siamo partiti da soli, con risorse nostre. Poi abbiamo fatto un primo round family and friends, ottenendo il sostegno di alcuni amici, e abbiamo vinto il bando Voucher Startup della Regione Sardegna. In questo modo abbiamo potuto costruire la piattaforma, stringere gli accordi con i primi partner finanziari — Klarna e Banca Santander — e portare a bordo una ventina di gallerie. Tra cui la Casa d’aste Sant’Agostino. La partnership con The Others rappresenta per noi un ulteriore passo di validazione sul mercato. Adesso però abbiamo bisogno di risorse per crescere e consolidare. Per questo stiamo cercando business angel o fondi d’investimento che entrino nel capitale e ci aiutino a rendere la società più solida». Ultima (ma non ultima) cosa: sono stati premiati come best luxury start up di How to Spend it Sole24ore quest’anno. 


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3 novembre 2025