Siamo nel 1926. Al porto di Fiumicino sbarca un giovanotto sardo della provincia di Macomer in cerca di lavoro. Si chiama Ignazio Mastino. Questa è la storia della strepitosa avventura di Ignazio e della sua grande famiglia, quella di Maurizio, dei sui nove fratelli e sorelle, i mitici Mastino, una vera leggenda a Fregene, culla magica del mare di Roma.
Arrivato a Fiumicino, Ignazio s’imbarca di nuovo trovando lavoro come pescatore. Sarà la sua fortuna. Il suo amore per le barche da pesca, le reti, i pesci, saranno il leit motiv sentimentale di una vera e propria saga che avrebbe affascinato Hemingway. Nel 1929, navigando, scopre le spiagge di Fregene e in quello che oggi si chiama il Villaggio dei Pescatori costruisce la prima casa del luogo, la sua casa di famiglia ancora esistente. Incontra una giovanissima conterranea sarda, Filomena, la sposa e con lei mette al mondo dieci figli: il primo a nascere nel 1931 è Giuseppe, detto Peppone, poi, in ordine, Speranza, Angela, Lella, Giuliana, Giovanna e una sequenza al maschile, Alberto, Renato, Maurizio e Lillo. Molti se ne sono andati.
LA GUERRA Oggi della famiglia Mastino ne sono rimasti solo tre: Renato, Giovanna che vive in America (conobbe e sposò un militare dei Marines) e Maurizio. Il mio grande amico Maurizio con il quale condivido un amore sfrenato per Fregene e i suoi tramonti travolgenti. Lo incontro nello stabilimento/ristorante che gestisce insieme a figli e nipoti di sei famiglie Mastino. Accanto a lui c’è Monica, figlia di Angela, una delle regine della cucina, una donna speciale. Maurizio ha il viso scavato dal vento e dal mare. Anche la sua faccia sarebbe piaciuta a Hemingway. Mi racconta: «Quando mio padre decise di mettersi in proprio, andò a Napoli per due mesi e si fece costruire la nostra prima barca da pesca. Pensa, da Napoli a Fregene tornò a remi». È quasi commosso. E ha ragione. Questo ricordo ci fa capire di che pasta sono fatti i Mastino: sardi tosti. Maurizio continua: «All’epoca il pesce papà lo andava a vendere ai Mercati Generali. Ma durante la guerra il lavoro in barca ebbe una pausa. Alcuni gerarchi fascisti che avevano notato il suo rapporto professionale con il mare lo vollero come bagnino a Ostia che era la spiaggia di regime».
Per un attino sorride. «Finita la guerra, tornò a Fregene, comprò nuove barche e ricordo che qui lavoravano con noi circa altri cinquanta pescatori. Noi della famiglia salivamo in barca da piccoli. Alcune mie zie remavano e pescavano meglio degli uomini. Eravamo una forza familiare formidabile. Nel 1961, aiutati da ragazzi romani, costruimmo il ristorante. Durante i lavori ricordo che ci buttammo correndo tutti in acqua per un salvataggio, gente che stava annegando». A tal proposito gli chiedo: «Tu in vita tua quante persone hai soccorso in mare?». Maurizio si schernisce: «Mi vergogno a dirlo, almeno cinquecento». Ma subito cambia discorso: «Nel 1962, dopo il ristorante, aprimmo anche lo stabilimento. L’abbiamo costruito qui, su questo terreno del Demanio. Così come sono state costruite tutte le case qui al Villaggio dei Pescatori. Ancora oggi la questione con il Demanio non è risolta. È una storia infinita che ci mette in ansia e ci tortura il sonno». I VICINI Già, le case del Villaggio dei Pescatori, altra grande leggenda di Fregene. Maurizio mi racconta. «Dopo la nostra casa, il primo a costruire al Villaggio fu l’attore francese Jacques Sernas, e dopo di lui Pierre Cressoy. Due bellissimi stranieri del cinema italiano. Dopo di loro vennero i grandi calibri, lo sceneggiatore Franco Solinas, Alberto Moravia. Gillo Pontecorvo, Ugo Gregoretti, Lina Wertmuller, Franco Rosi, Ettore Scola, Nanni Loy. Qui vicino, in una casetta, vivevano insieme due giganti, lo scrittore Ercole Patti e il giornalista Sandro De Feo. Uno dei primi, però, ad arrivare a Fregene era stato Ennio Flaiano, in una casa a via Jesolo. Con lui arrivò anche Federico Fellini. Insomma, cinema, letteratura, giornalismo. A ripensarci è incredibile. Flaiano veniva sempre a casa nostra e ci fregava la cena dal frigorifero (ride), e la stessa cosa faceva Walter Chiari. Marcello Mastroianni, invece, quando veniva a trovare la sua amica Tatò si fiondava da noi a bere un whisky. Ci raccontava la vita a Roma. Una meraviglia. Eravamo tutti amici. Si facevano partitelle di calcio sulla spiaggia. Ricordo che avevamo un cane lupo e una volta che venne a giocare Alain Delon, quando ci rubava la palla il cane lo inseguiva per farcela riprendere. Ricordo anche delle meravigliose partite a bocce, sempre sulla spiaggia, organizzate da Solinas fino alle tre di notte. Che bei tempi». Anche se è tosto, un velo di malinconia fa capolino sul viso di Maurizio. È conscio di aver vissuto una favola mitica con accanto dei fuoriclasse assoluti del nostro paese. GLI AMICI Gli tornano in mente altri nomi, altri amici: «Qui accanto ha vissuto per molti anni Sven Goran Eriksson insieme alla sua donna Nancy Dell’Olio. Che bella persona, Sven. Festeggiarono qui lo scudetto della Lazio. E pagò tutto lui. Era un gran signore. Veniva spesso anche Soraya con Franco Indovina. E Elsa Martinelli. E poi tutte le sere veniva a cena qui Alberto Ronchey con sua moglie. Amava il mare. Amava remare. Aveva un pattino. E quando fece un film a Roma venne spesso Woody Allen che ancora oggi ogni tanto chiama la sua amica Adriana Chiesa e gli chiede cosa ha mangiato da Mastino (ride). Perché qui si mangia bene. Bruschette con le telline che raccogliamo noi. E i famosi pomodori spaccati, quelli di mio fratello, i pomodori alla Lillo. E le cozze sulla brace che adesso ci copiano. E il pesce che non si batte. Ogni tanto vado ancora a pescare. Sai una cosa? Il mare si sta ripopolando, ombrine, pesce serra, ricciole, anche dei tonni. Ultimamente ci hanno dato un attestato ufficiale per il mare pulito». Lo dice con sincero orgoglio. Poi si mette a ridere: «Stavo dimenticando i politici. Qui da noi hanno fatto almeno tre governi. Veniva Spadolini. Veniva Craxi quando era Presidente del Consiglio. Se faceva tardi rimaneva a dormire a casa di Lillo. Ma oltre ai politici qui sono stati di casa gli artisti, Tano Festa, Mario Schifano. Viene ancora Mario Ceroli, un vero amico. Ci ha donato una sua opera, un meraviglioso pesce in legno appeso laggiù (me lo indica)». LA LEGGENDA Insomma la leggenda dei Mastino affonda in alcune delle cose più significative del nostro paese. E Maurizio ne è la testimonianza. Lavoratore gentile, dolce e coriaceo. Innamorato della sua Fregene che vorrebbe veder rinascere, ritrovando i fasti di un tempo perduto. Quella gioia dell’Italia del Boom che sognava la felicità. Ma si consola perché sa che la vita della sua famiglia è stata un romanzo. Uno di quei grandi romanzi dove l’epica è la quotidianità. Romanzi che fanno bene al cuore. Sullo sfondo del mare, della sabbia, dei pini, del profumo dei fiori selvatici. Un piccolo paradiso a venti chilometri da Roma. Il suo. E mentre vado via mi saluta da lontano anche Simonetta, un’altra Mastino da favola. E mi commuovo io.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il punto serale sulle notizie del giorno
Iscriviti e ricevi le notizie via email