di
Pierpaolo Lio

La 43enne è grave in ospedale. Lo choc dell’uomo arrivato sul posto dell’agguato in bicicletta: «Aveva ancora la lama infilzata nella schiena, le prossime ore sono decisive»

«Eravamo al telefono fino a due minuti prima». Il marito esce dal reparto di rianimazione dell’ospedale Niguarda di Milano. È ancora incredulo. L’intervento chirurgico è appena finito. I medici gli hanno comunicato che sua moglie è fuori pericolo.
Lui, maglietta a maniche corte e pantaloni della tuta, prende una boccata d’aria all’aperto. Parla con un amico. Lo aggiorna. Viene rincuorato (o almeno l’uomo ci prova a rassicurarlo).
Ma ancora non riesce a spiegarsi l’assurda mattinata che s’è appena conclusa.

Cosa le hanno detto i medici, come sta sua moglie?
«Mi hanno detto che l’operazione è andata bene ma che le prossime 48 ore sono decisive, può migliorare oppure…», e mentre dice queste parole, con le mani traccia due linee divergenti, «oppure può peggiorare. Dobbiamo vedere come andrà. Però…».



















































Però?
«Però è incredibile. Sembra un film. Un brutto film».

Ha parlato con sua moglie? Le ha detto se ha visto in faccia il suo aggressore? Lo conosceva?
«Ho parlato con lei un attimo, mentre la soccorrevano. Pochi istanti. Mi ha detto solo: “Un pazzo, un pazzo”».

Come è venuto a sapere cosa era avvenuto a sua moglie? Chi l’ha avvisato?
«Guardi, eravamo al telefono fino a due minuti prima. L’ho salutata. Le ho detto: “amore, sono arrivato al lavoro”».

E poi?

«Ho avuto giusto il tempo di legare la mia bici. E mi è squillato di nuovo il telefono. Ho guardato il display. Era di nuovo lei che richiamava. Mi sono detto: strano. E ho risposto. Non era mia moglie».

Chi erano? I carabinieri?
L’uomo allarga le braccia, poi si mette le mani nei capelli a ricordare quegli attimi di spavento.
«No, era una signora, che non conoscevo. Mi ha detto che si era fatta dare il telefono da mia moglie, e mi aveva chiamato. Mi ha detto: “Sono qui con sua moglie”. Mi ha detto cosa era successo. Ho ripreso la bicicletta, e sono volato là».

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Lui lavora in una piscina a un paio di chilometri dai grattacieli di piazza Gae Aulenti, dove sua moglie è stata accoltellata quando ormai era arrivata in ufficio, lungo il tragitto che faceva ogni giorno: in metrò fino alla fermata Gioia, poi la breve passeggiata attraverso la Biblioteca degli alberi, il parco simbolo di Porta Nuova.

Cosa ha visto al suo arrivo? E come stava sua moglie?
«Sono arrivato subito, in pochi minuti. Lei era ancora là, con il coltello infilzato nella schiena. Ma era sveglia e cosciente, almeno finché non l’hanno sedata. Guardi, non so davvero che cosa dire. Non ho parole per me, figuriamoci per gli altri».

Prova ad abbozzare un sorriso, ma lo sguardo resta impigliato tra la preoccupazione e l’incredulità. Saluta l’amico, gli promette di tenerlo aggiornato. Poi si gira.
«Ora devo andare. Vado su da lei. Mi permettono di vederla».


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4 novembre 2025 ( modifica il 4 novembre 2025 | 07:20)