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Redazione online e Antonio Carioti

Il decesso a Milano. Per anni è stato presenza fissa sulle pagine di Repubblica e altri giornali

È morto a Milano il vignettista Giorgio Forattini; aveva 94 anni. È stato per molti anni una presenza fissa sulle pagine di Repubblica. È stato l’umorista che ha raccontato e disegnato i personaggi della Prima Repubblica: Andreotti, Craxi (spesso ritratto con la divisa mussoliniana), Pertini, Spadolini, Berlinguer ma anche Agnelli o il Papa sono stati i bersagli della sua ironia tagliente. Ma la sua matita ritrasse e «colpì» anche i protagonisti della successiva fase politica. 

I suoi esordi risalgono agli inizi degli anni ’70 sulle pagine del quotidiano «Paese Sera» dove creò una striscia quotidiana. 
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Si diceva che una sua vignetta fosse più efficace di un editoriale nel descrivere e commentare la situazione politica. Di certo Giorgio Forattini,  è stato un campione della satira, capace di divertire i lettori, ma anche di indurli a riflettere con il suo tratto inconfondibile e con il talento che gli dettava soluzioni sempre nuove per mettere alla berlina la classe dirigente. Faceva sorridere i lettori, ma a volte faceva anche arrabbiare i suoi bersagli. Soprattutto quelli di sinistra, perché di solito (ma non sempre) i democristiani, bisogna dirlo, si mostravano più tolleranti.

Forattini aveva lavorato per molte testate: «Paese Sera», «Panorama», «la Repubblica», «L’Espresso», «La Stampa», «Il Giornale». I suoi disegni prendevano di mira tutto l’orizzonte politico, con alcune raffigurazioni che sono rimaste proverbiali: Giovanni Spadolini nudo, Bettino Craxi mussoliniano con gli stivaloni e la camicia nera, Ciriaco De Mita con la coppola, Giovani Goria senza lineamenti del viso, Romano Prodi con la tonaca da prete cattocomunista, Walter Veltroni in forma di bruco, Giuliano Amato nelle vesti di Topolino, Umberto Bossi in quelle di Pluto, Matteo Renzi in quelle di Pinocchio. Ce n’era davvero per tutti. Si calcola che nella sua carriera Forattini avesse realizzato, di solito con cadenza quotidiana, qualcosa come 14 mila vignette, che aveva raccolto poi in decine di libri, dei quali sono stati venduti circa tre milioni e mezzo di copie. Numeri eloquenti, di tutto rispetto.

Nato a Roma il 14 marzo 1931, figlio di una famiglia borghese piuttosto rigida, il giovane Giorgio si era subito comportato da ribelle: si era sposato molto presto e nel 1953 aveva abbandonato gli studi di Architettura per trovarsi un lavoro. Aveva fatto un po’ di tutto, anche l’operaio, ma soprattutto il rappresentante di commercio. Poi, quarantenne, stanco di girare l’Italia in lungo e in largo, aveva riscoperto la propensione artistica e la vena ironica coltivate da studente. Assunto come grafico e disegnatore al quotidiano «Paese Sera», vicino ai comunisti, Forattini si era presto messo in luce, soprattutto con una vignetta rimasta storica all’indomani del referendum sul divorzio: l’allora segretario democristiano Amintore Fanfani (noto per la sua bassa statura e paladino della battaglia antidivorzista) vi era effigiato come il tappo espulso da una bottiglia di spumante con la scritta «No» per simboleggiare la vittoria dello schieramento contrario all’abolizione della legge Fortuna-Baslini. Un piccolo colpo di genio.

Nel 1976 Forattini aveva partecipato alla nascita del quotidiano «la Repubblica» di Eugenio Scalfari e qui aveva consolidato la sua fama di matita tagliente nel colpire a destra e a manca. Si ricorda per esempio, dopo l’uccisione della giovane Giorgiana Masi nel corso di incidenti di piazza nel maggio 1977, un disegno in cui ritraeva l’allora ministro dell’Interno Francesco Cossiga travestito da manifestante con la pistola in mano, in tutto e per tutto simile a uno degli agenti in borghese che avevano partecipato agli scontri.

Com’è noto il quotidiano di Scalfari guardava con simpatia all’evoluzione del Pci, ma Forattini non risparmiava certo Botteghe Oscure. Sempre nel 1977 aveva suscitato notevoli polemiche una vignetta nella quale il segretario comunista Enrico Berlinguer appariva nelle vesti del placido borghese in vestaglia, infastidito dai clamori di un corteo degli operai metalmeccanici in sciopero.

Mentre su «Repubblica» la sua vignetta era collocata nella pagina del commenti, sulla «Stampa», dove il disegnatore era passato nel 1982, Forattini appariva in prima pagina, a sottolineare il valore attribuito al suo contributo dalla direzione del giornale. E in prima pagina era restato nel 1984, quando era tornato a «Repubblica». Qui era comparsa nel 1992 un’altra delle sue vignette più famose, quando aveva trasformato la cartina della Sicilia nella testa di un feroce coccodrillo dopo la strage di Capaci in cui era rimasto ucciso il magistrato antimafia Giovanni Falcone. 

Negli anni Novanta si era manifestata una crescente discrasia tra la linea di «Repubblica» e il lavoro di Forattini, decisamente più severo con il centrosinistra rispetto al giornale. Era capitato che una delle firme di maggior prestigio, Giorgio Bocca, lo definisse addirittura «un mascalzone». E lui per tutta risposta aveva intitolato una raccolta di vignette Il mascalzone (Mondadori, 1992) e poi Mascalzonate di Forattini la sua rubrica in ultima pagina su «Panorama». Il definitivo addio di Forattini alla «Repubblica» risale al 1999. A causarlo era stata una querela di Massimo D’Alema, all’epoca presidente del Consiglio, per una vignetta al curaro in cui il disegnatore lo aveva effigiato intento a cancellare con il bianchetto alcuni nomi dalla famosa lista Mitrokhin, contenente l’elenco degli informatori dei servizi segreti sovietici operanti in Italia nel corso del tempo. Il capo del governo aveva chiesto un risarcimento di tre miliardi di lire, ma solo all’autore del disegno e non anche alla testata che l’aveva ospitato. Forattini, ritenendosi non sufficientemente tutelato, aveva interrotto la collaborazione con «la Repubblica» e nel 2000 era ritornato alla «Stampa». D’Alema avrebbe poi ritirato la querela nel 2001.

Nel 2006 Forattini era approdato al «Giornale», diretto allora da Maurizio Belpietro, ma ci era rimasto solo un paio d’anni. La rottura era stata provocata dal rigetto di una vignetta irriverente con Silvio Berlusconi nudo. Quindi la stagione conclusiva del disegnatore satirico era stata ai giornali del gruppo comprendente «il Resto del Carlino», «La Nazione» e «Il Giorno», anche questa turbata da qualche dissidio per vignette controverse.

In fondo il segreto di Forattini era nel saper essere provocatorio, feroce e a volte anche un po’ triviale, ma con una leggerezza di fondo, orgogliosamente anti-ideologica, che si riallacciava alla tradizione goliardica. E poi era un fine conoscitore delle debolezze umane, specialista nel trascinare giù dal piedistallo i protagonisti del potere. Come lui stesso aveva dichiarato in un’intervista: «Il forattinismo in sintesi è stato la dissacrazione della politica. Intuivo subito il tallone d’Achille dei leader e lo trafiggevo con la mia matita». Trafitture scherzose, ma tutt’altro che indolori.

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4 novembre 2025 ( modifica il 4 novembre 2025 | 16:52)