Che Tadej Pogačar abbia manifestato una certa fatica mentale più fisica nell’ultima settimana del Tour de France è cosa nota. Joxean Fernandez Matxin, Sports Manager della UAE-Emirates, ha rilasciato un’intervista per lo spagnolo AS in cui spiega meglio questo aspetto.

Secondo lo spagnolo Pogačar non ha potuto godersi l’ultima settimana del Tour, durante la quale ha dovuto difendere il suo ampio vantaggio: “Gli piace essere competitivo. Dal momento in cui abbiamo dovuto aspettare che gli altri attaccassero e correre in modo difensivo, non gli è più piaciuto”,

“Gli piace essere competitivo, e dato che abbiamo dovuto difenderci e aspettare gli attacchi quella difesa non è stata divertente né per gli spettatori né per lui. È nella nostra natura andare all’attacco, ma quando hai quattro minuti di vantaggio nella classifica generale devi anche essere prudente”

Si tratta quindi di un ciclismo più noioso? Magari per la mancanza di concorrenza, come sollevato da Eddy Merckx, secondo il quale Pogačar non ne ha avuta, mentre ai suoi tempi lui ne aveva di più. Negando che persino Vingegaard sia stato un reale concorrente. Per Matxin:

“Siamo abituati a fare attacchi a 80 km dal traguardo, a 50 km… in questo contesto l’attendismo aspettare fino alla fine sembra noioso. Perché? Perché questi stessi corridori sono quelli che ci hanno fatto vedere le gare dal chilometro zero e ci hanno abituato a questo“.

Come sono riusciti quindi alla UAE a tenere motivato il campione sloveno?

Come si continua a stimolare la motivazione di un corridore come Tadej?

Matxin: “In parte apportando diverse modifiche alla pianificazione. Alcuni anni ha partecipato alla Jaén, in Andalusia, altri ha cambiato la Parigi-Nizza con la Tirreno-Adriatico… Ad esempio, una volta vinta la Volta a Catalunya abbiamo cercato le classiche del nord come motivazione per impegnarci e prepararci in modo diverso. Questo significa che quando Pogacar partecipa a una gara nessuno si aspetta che ci batta, sia che si tratti di una gara minore o di una gara con caratteristiche molto diverse, come il Giro delle Fiandre. Sono gare che richiedono un allenamento di lunga durata, con molti giorni lontani da casa, e anche questo è competizione“.

Pogačar preferisce quindi le classiche ai grandi giri? La risposta di Matxin fa propendere per il si:

“Probabilmente il giro delle Fiandre è più emozionante, perché devi essere nel momento e nel posto giusto piuttosto che aspettare che qualcuno ti attacchi, come è successo nell’ultima tappa di montagna del Tour. A La Plagne abbiamo assistito a una tappa un po’ più noiosa, ma chi deve attaccare non è la maglia gialla. E non è una critica”.

C’è quindi la possibilità che un anno Pogačar non corra il Tour?

Matxin: “Tutto è possibile. Ogni cosa ha il suo momento. L’anno scorso, appena terminato il Tour, tutti i commenti erano rivolti alla Vuelta e alla possibilità di scrivere la storia cercando di vincerei tre GT in un anno. Poi ha vinto il Mondiale e nessuno se ne è più ricordato. Dopo aver fatto il sopralluogo a Roubaix ha voluto correre la Roubaix. Tutti mi parlano di storia, ma allo stesso tempo tutto è molto effimero, persino contraddittorio. Per questo facciamo una pianificazione molto accurata.”

Insomma, l’unico ostacolo per Pogačar sembrano non essere gli avversari, ma il tenersi abbastanza motivato nel cercare sempre nuove sfide e nuovi obiettivi.