Niente da fare anche per Spalletti in Champions

(Massimiliano Nerozzi)  Tutte le Juve pareggiano in Champions – è il terzo, a parte il ko di Madrid – ma ogni pareggio è un punto a modo suo: perché se la partita è una, a tratti tesa, vibrante, bella insomma, le letture da fare sono obbligatoriamente due. Il percorso europeo, che ora si complica, con tre punti in quattro partite, con altrettante che ne restano nella roulette; e quello che, da appena due sfide, ha iniziato la squadra di Luciano Spalletti, e qui il lavoro pare ben avviato. Da considerare c’è pure il livello (europeo) dell’avversario, molto buono, contro il quale Madama ha saputo giocare per lo meno alla pari, per aggressività e ritmo soprattutto, le specialità che, solitamente, difettavano quando dal campionato si passava alla Champions. Invece, pur calando nella ripresa, i bianconeri hanno chiuso all’assalto, provando a vincerla e non solo dandone l’idea. Guai a giudicare il libro (del primo tempo) dalla copertina (del primo quarto d’ora), quando il fantastico palleggio dello Sporting avvolge la Juve, facendone ondeggiare il baricentro. E muovere l’assetto difensivo, meglio che nel basket: difatti Araujo colpirà con mortale diagonale su un lato debole che i portoghesi avevano «svuotato», complice pure una cattiva lettura delle distanze di McKennie. Insomma, Juve un po’ passiva nella difesa di posizione, e il texano di più. Due minuti più tardi, traversa piena di Trincao, che senza il piedone di Thuram sarebbe stato raddoppio. Fin qui, solo Sporting (63 per cento di possesso, 57 all’intervallo). E’ lì che la Juve si desta, con pimpante agonismo (visto altre volte) e gran organizzazione (molte meno). Doppio campanello (al 17’ e 18’), sempre con Vlahovic, tra gran deviazione aerea e sventola da fuori, ma Rui Silva è in versione Fantastici 4 (Uomo gomma). Come si dice, è solo questione di tempo. Transizione da paura: Yildiz, stop e palla consegnata a Thuram, che va coast to coast e innesca il taglio vincente di Vlahovic. Applausi di Spalletti: da «Io sono verticalità». Tutta un’altra squadra, che pressa ai varchi dell’area portoghese, riaggredisce, si chiude anche, ma che, più di tutto, sa quali tracce seguire una volta recuperato il pallone. Tra una catapulta di Locatelli, che lancia nello spazio con il piattone ai cut-back di Yildiz, quei passaggi letali che, una volta arrivato sul fondo, vanno a cercare i rimorchi da dietro. Ed è su uno di questi che si s’avvista pure un doppio attacco sul primo palo: non ci arriva Dusan, ma la prende Conceicao, deviato in angolo. Per rendere l’idea dell’inerzia dell’ultima mezz’ora del primo tempo, sei tiri nello specchio dei bianconeri (a uno). Nel finale, c’è ancora la Juve, con la zuccata di David deviata dal solito supereroe (Rui Silva). Continua il make-up anche in società, con il probabile arrivo di un nuovo boss del settore commerciale-marketing, Peter Silverstone, un passato tra Arsenal e Newcastle; così come potrebbe essere ritoccato il vertice dell’area comunicazione, per il quale si fa il nome di Pier Donato Vercellone, fino al marzo scorso al Milan. Lenta è la strada che porta al cambiamento: sul campo, a Spalletti si chiedono anche scorciatoie.