Kevin Ali, Ceo di Organon
L’infertilità rappresenta una condizione medica di particolare rilevanza sotto diversi aspetti; innanzitutto, ovviamente, sul piano sociale, ma in seconda battuta anche su quello economico e sanitario. Basti pensare che tale circostanza a livello globale interessa il 17,5% delle coppie, con percentuali lievemente inferiori in Europa (16,5%) e in Italia (15%). Nel Belpaese, in particolare, secondo quanto emerso dallo studio «Valutazione dell’effetto dell’incremento della natalità sulla sostenibilità dell’attuale sistema di welfare», realizzato da SPHER – Social and Public Health Economic Research, un ulteriore calo della natalità rispetto ai livelli attuali potrebbe comportare una perdita fiscale cumulata di oltre 482 miliardi di euro entro il 2050. Proprio questi dati, presentati durante l’iniziativa «Denatalità e sostenibilità del sistema di welfare», organizzata da Cencora Pharmalex in collaborazione con SPHER, sono stati al centro dell’articolato intervento ai lavori di Kevin Ali, Ceo di Organon, compagnia farmaceutica statunitense che ha dato il suo contributo non condizionato all’iniziativa. MF lo ha intervistato in questa occasione.
DOMANDA. Come valuta le stime sulle conseguenze economiche della denatalità?
RISPOSTA. Sono numeri che possono certamente spaventare, ma bisogna tenere presente che parliamo di previsioni. Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno si può pensare che esistono paesi con situazioni ben peggiori dell’Italia; in Corea, ad esempio, il tasso di natalità è dello 0.75, ben lontano dal dato «ideale» che stimiamo sia del 2.1 circa. Allo stesso modo, ci sono paesi che grazie a politiche mirate per promuovere la natalità sono riusciti ad incrementare questo tasso; il Giappone una decina d’anni fa aveva un tasso di natalità dell’1.2 e grazie ad un’attenta azione di governo è riuscito ad innalzarlo fino all’1.25. Il punto della questione è che il contrasto alla denatalità è un tema molto complesso, che richiede interventi coordinati e multisettoriali e che passa da alleanze tra istituzioni, società e mondo delle imprese. Un tema tanto complesso che spesso non basta investire per avere risultati positivi, dal momento che i fattori in campo sono molteplici, a partire dalle condizioni sociali, sanitarie ed economiche. Oltretutto, parliamo di una questione che va affrontata attuando iniziative che guardino al lungo periodo; obiettivo tutt’altro che semplice visto che la politica solitamente si concentra sul presente e sui ritorni nel breve-medio periodo. Bisogna però capire che, se non si comincia oggi a ragionare sul futuro, si rischia di arrivare allo scenario delineato dallo studio, caratterizzato da una diminuzione della popolazione, un aumento dell’invecchiamento e un calo in termini di PIL.
D. Qual è il suo punto di vista sulla situazione in Italia?
R. In Italia il tasso di natalità è dell’1.18 e, se non si inverte questa tendenza, si rischia in 20-40 anni di non avere la forza lavoro necessaria, con tutta una serie di conseguenze in termini economici, visti i minori introiti derivanti dalla tassazione, ed occupazionali, dal momento che il Paese si troverebbe costretto a ricorrere a molta manodopera straniera. Le politiche messe in campo dal governo italiano per favorire la natalità, quali ad esempio i congedi parentali, le detrazioni fiscali per i figli e le pensioni anticipate, sono a mio modo di vedere decisamente positive e condivisibili, anche se rischiano di non essere sufficienti, in quanto, come dicevo poc’anzi, le particolari e delicate caratteristiche intrinseche del fenomeno non possono essere affrontate con interventi sul breve periodo; la denatalità, al contrario, richiede delle soluzioni olistiche di respiro ben più ampio e di lungo termine, basate sull’impegno coordinato di diversi settori. In Organon crediamo fortemente nel valore di queste alleanze e proprio per questo ci impegniamo ad offrire il nostro contributo per rilanciare la natalità e assicurare un futuro prospero alle generazioni che verranno.
D. In cosa consiste esattamente l’impegno di un’azienda come Organon per contribuire a invertire questa tendenza e preservare la resilienza demografica?
R. Innanzitutto nel nostro lavoro quotidiano, che mira ad offrire delle soluzioni terapeutiche di assoluta affidabilità ed eccellenza, grazie alla ricerca e allo sviluppo di farmaci innovativi che abbiano un impatto concreto e positivo nel percorso di salute e benessere di ogni donna. Sotto altro profilo, siamo attivamente e costantemente impegnati nella diffusione delle best practice in tema di contrasto alla denatalità; vogliamo porci come dei partner delle istituzioni, alle quali vogliamo offrire il nostro know-how, presentandoci come ambasciatori di una questione che riteniamo essere di interesse nazionale. L’impegno di Organon, in sintesi, è quello di dare risposta ai bisogni di salute delle donne, stimolando il dialogo sulla fertilità e su altre questioni cliniche, andando a generare evidenze che possano aiutare le istituzioni competenti a prendere decisioni consapevoli.
D. Quali sono le aree prioritarie su cui si sta concentrando l’attività di Organon per la salute e il benessere delle donne a livello globale?
R. Le nostre numerose attività sono riconducibili sostanzialmente a due imperativi. Il primo di questi è colmare il gap in termini di ricerca e sviluppo sulla salute delle donne, obiettivo per cui investiamo ingenti risorse con il fine ultimo di offrire delle risposte a chi soffre, ad esempio, di disturbi ormonali come la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS); basti pensare che per quest’ultima condizione, che interessa ben il 10% donne, non esiste ad oggi sul mercato neanche un prodotto indicato. Il secondo imperativo consiste nel ridefinire il modo in cui il mondo guarda alla salute delle donne; non si può considerare solo l’aspetto riproduttivo, ma bisogna soffermarsi anche su quello contracettivo, sulla fertilità e sulle moltissime altre condizioni cliniche che impattano sulla salute delle donne, quali la già citata PCOS, la depressione post partum, le emicranie (il 70% di chi ne soffre è donna) o l’osteoporosi (l’80% di chi ne soffre è donna). Vogliamo, in altre parole, aumentare l’attenzione su queste condizioni, troppo spesso sottovalutate.
D. Come si è sviluppato l’approccio di Organon alla salute delle donne dal lancio dell’azienda?
R. Organon è una realtà relativamente giovane, ma nonostante ciò ci siamo già resi conto delle motivazioni in base alle quali sul mercato sono presenti poche compagnie che fanno della salute delle donne il loro core business. Parliamo di una tematica complessa e delicata, nella quale la ricerca e lo sviluppo sono ancora più rischiose, dal momento che non si ha praticamente mai la certezza di avere un ritorno dell’investimento fatto. Pur avendo un prodotto valido, resta sempre particolarmente avvertita la necessità di tenere alta la concentrazione. Tutto ciò, ovviamente, non limita in alcun modo la nostra voglia di offrire soluzioni innovative che possano rilanciare la natalità e assicurare un futuro prospero alle generazioni che verranno.