È attesa la convalida del fermo di Vincenzo Lanni, 59 anni, accusato di aver accoltellato una donna di 43 anni in Piazza Gae Aulenti a Milano. Il pm ha chiesto la misura cautelare del carcere, la più idonea a evitare il pericolo di reiterazione del reato: tentato omicidio e porto abusivo di armi. L’interrogatorio davanti gip dovrebbe svolgersi domani. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Lanni ha dichiarato di aver scelto “un luogo simbolo del potere economico” e di aver aggredito a caso una donna che non conosceva per colpire “il contesto” additato come il responsabile del suo “licenziamento”. L’uomo, originario della Bergamasca e con problemi psichiatrici, dieci anni fa aveva perso il lavoro come programmatore informatico e la sua “insofferenza”, che allora lo aveva portato ad infierire su due anziani e poi in carcere, si sarebbe riproposta ieri mattina.
L’aggressione e la fuga
Tre minuti prima delle 9, in piazza Gae Aulenti, ha accoltellato alla schiena una manager di Finlombarda, mentre stava raggiungendo il suo ufficio nella torre UniCredit. L’aggressore si è fermato per alcuni istanti, ha aspettato che la donna gli passasse accanto e ha colpito all’improvviso, poi è fuggito. La vittima è viva per miracolo. La fuga è durata fino alla sera: alle 19.20 è stato rintracciato in un albergo di via Vitruvio, dove soggiornava da giovedì dopo essere stato allontanato da una comunità di Exodus per cattiva condotta. Fermato dai carabinieri, ha dichiarato “l’ho fatto” e indicato dove aveva gettato il giubbotto. Nella sua stanza sono stati trovati gli abiti indossati durante l’aggressione; il coltello, ha raccontato, era stato acquistato nei giorni precedenti. Una volta in caserma ha detto di sperare che la donna “stia bene”.
Le dichiarazioni e gli accertamenti in corso
In piena notte al pm Cristiana Ria che con il procuratore Marcello Viola coordina le indagini delegate ai Carabinieri, il 59enne, si è giustificato adducendo l'”insofferenza” per essere stato licenziato e il suo risentimento per essere stato messo alla porta dalla comunità in provincia di Varese: lì, dopo aver espiato la condanna per i due tentati omicidi di 10 anni fa nel carcere di Bollate, ha trascorso tre anni in misura di sicurezza disposto dal Tribunale di Bergamo e lì è rimasto per curarsi fino alla scorsa settimana. Misura che un anno fa non gli è stata più rinnovata, in quanto per i magistrati della Sorveglianza non era più socialmente pericoloso. E proprio sul suo iter giudiziario, che ha visto anche relazioni che hanno stabilito un vizio parziale di mente dell’uomo, la Procura milanese sta effettuando approfondimenti. “La persona in questione – ha tenuto a chiarire Exodus – è stata accolta pro-bono all’interno della nostra struttura nell’ambito di un percorso di reinserimento sociale a maggio del 2020, prima attraverso la misura dell’affidamento in prova ai Servizi Sociali e poi, terminata la pena, ha proseguito con la misura di sicurezza rivalutata di anno in anno”. Anche “dopo il raggiungimento dello stato di libertà – hanno proseguito dalla cooperativa sociale – ha scelto volontariamente di proseguire il proprio cammino con noi, con l’obiettivo di completare il progetto di accompagnamento verso l’autonomia”. Un percorso “privato”, dunque, dopo che era tornato libero, ma che è naufragato.
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