La volontà degli Stati Uniti di “riprendere i test nucleari” annunciata il 30 ottobre da Donald Trump dispiega le sue prime conseguenze. Vladimir Putin ha messo in atto la contromossa durante una riunione di alto livello del Consiglio di Sicurezza nazionale. “Incarico il ministero degli Affari Esteri, il ministero della Difesa, i servizi speciali e le agenzie civili competenti di fare tutto il possibile per raccogliere ulteriori informazioni su questo argomento, analizzarle a livello di Consiglio di sicurezza e presentare proposte coordinate sul possibile avvio dei lavori per preparare i test nucleari. Procediamo da lì. Attendo il vostro rapporto”, ha detto il presidente della Federazione russa.
La Russia, ha sottolineato Putin secondo quanto riferito dal Cremlino, “ha sempre rispettato rigorosamente e continua a rispettare gli impegni del Trattato sulla proibizione completa degli esperimenti nucleari, e non abbiamo piani di ritirarci da tali impegni”. “Tuttavia – ha aggiunto – come ho detto nel discorso all’Assemblea federale nel 2023, se gli Stati Uniti o altri Stati partecipanti al Trattato effettueranno tali test, anche la Russia dovrà adottare misure adeguate di risposta“. Alla riunione del Consiglio di Sicurezza hanno partecipato tra gli altri il ministro della Difesa Andrei Belousov, il capo di Stato maggiore Valery Gerasimov, il direttore dei servizi d’intelligence per l’estero (Svr) Serghei Naryshkin e di quelli interni (Fsb) Alexander Bortnikov.
Il 30 ottobre Trump sembrava aver segnalato che gli Stati Uniti riprenderanno i test sulle armi nucleari per la prima volta in trent’anni, affermando che ciò avverrà su “base paritaria” con Russia e Cina. Domenica tuttavia il segretario all’Energia degli Stati Uniti Chris Wright ha affermato che i nuovi test non includeranno esplosioni nucleari. Trump aveva affidato l’annuncio ai social mentre si trovava in Corea del Sud, pochi giorni dopo che Putin aveva annunciato il successo dei test su futuri missili da crociera a propulsione nucleare e con capacità nucleare e su droni sottomarini. Anche l’esercito Usa ha regolarmente testato armi con capacità nucleare, ma non ha più fatto esplodere tali armamenti dal 1992. Il Trattato sulla messa al bando totale dei test nucleari, che gli Usa hanno firmato ma non ratificato, è stato rispettato fin dalla sua adozione da tutti i Paesi in possesso di armi nucleari, con la sola eccezione della Corea del Nord.
Anche gli altri avversari degli Stati Uniti continuano a muoversi sul fronte del nucleare. Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, e il suo omologo cinese, Wang Yi, hanno ribadito la determinazione a rafforzare la cooperazione strategica e a coordinare gli sforzi fra i due Paesi contro “l’unilateralismo e le politiche destabilizzanti” nella regione. In una conversazione telefonica, Araghchi ha elogiato la “posizione di principio e responsabile” della Cina nel dichiarare illegale il processo di attivazione del meccanismo di “snapback” delle sanzioni contro Teheran presso il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. “La cooperazione costruttiva tra Iran, Cina e Russia, nel contrastare l’unilateralismo degli Stati Uniti e di alcuni governi occidentali presso le Nazioni Unite, è stata significativa”, ha sottolineato. Araghchi da parte sua ha ribadito “l’approccio pacifico al nucleare” dell’Iran, riaffermando i diritti di Teheran in quanto membro del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (Tnp).