È la storia di Giovanna Frino, 44enne vittima di femminicidio, uccisa il 16 dicembre 2022, ad Apricena, con tre colpi di pistola dal marito Angelo Di Lella, ad aprire la nuova stagione di ‘Amore Criminale’, il programma condotto da Veronica Pivetti dedicato al tema della violenza maschile contro le donne. La puntata è andata in onda ieri sera, martedì 4 novembre, in prima serata.
Il caso è stato definito con sentenza in primo grado, il 20 dicembre 2024, quando la Corte di Assise di Foggia (presidente Mario Talani) ha condannato Di Lella alla pena dell’ergastolo; la sentenza è stata appellata dalla difesa (avv. Antonio Gabrieli) che chiede il riconoscimento del vizio parziale di mente nel suo assistito, l’esclusione delle aggravanti contestate e il riconoscimento delle attenuanti generiche nonché l’estromissione di alcune parte civili dal procedimento.
“Perdonami per quello che farò” e uccide la moglieIl femminicidio di Giovanna
L’omicidio è avvenuto a casa, davanti a una delle tre figlie, allora diciassettenne. L’uomo, ossessivamente geloso e possessivo, per anni aveva sottoposto la moglie a insulti, pedinamenti e violenze psicologiche, spesso anche davanti alle figlie. Giovanna è morta sul colpo.
E’ la stata la figlia la prima a chiedere aiuto: è fuggita di casa, pigiama, chiedendo aiuto ad un vicino. Di Lella, intanto, si è barricato in casa e si è consegnato ai carabinieri solo dopo un trattativa di circa 15 minuti con i carabinieri.
Il caso ha scosso profondamente la piccola comunità di Apricena, dove Giovanna era molto conosciuta (lavorava in un bar del posto). L’amministrazione comunale dichiarò il lutto cittadino e annullò gli eventi natalizi previsti in quei giorni, mentre la comunità si riversò in strada per una fiaccolata silenziosa.
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La storia di Giovanna è stata raccontata in studio attraverso le testimonianze di familiari (le sorelle Angela, Annamaria e Valentina e l’anziana madre Raffaella) e conoscenti (il sindaco di Apricena, Antonio Potenza), i contributi di chi ne ha seguito i risvolti giudiziari (gli avvocati Ermenegildo Russo e Nicola Marro di parte civile, l’avvocato Antonio Gabrieli della difesa; la giornalista di FoggiaToday Maria Grazia Frisaldi), nonché il capitano dei carabinieri Giulio Capone, tra i primi ad intervenire sul posto. A dare una lettura psicologica della vicenda, invece, è stata la criminologa Annamaria Giannini.
“Perdonami per quello che farò”
Testimonianza-chiave del processo, invece, è stata quella della figlia della coppia (minorenne all’epoca dei fatti), che era presente in casa e che ha ricostruito – in una udienza emotivamente forte – non solo la dinamica del femminicidio, ma anche il clima familiare, ormai minato da gelosia e prevaricazioni. “A casa non si viveva più. Era un sopravvivere”, aveva sintetizzato la ragazza davanti alla Corte.
La ragazza ricorda come il padre, quella mattina, entrò in camera mentre la ragazza, febbricitante, dormiva. Le prese il viso tra le mani e le disse: “Perdonami per quello che farò. Se succede qualcosa, sai a chi chiamare”, consegnandole i riferimenti di un avvocato. Poi, armata la pistola, si è spostato in cucina e ha ucciso con tre colpi esplosi a bruciapelo la moglie.
Per la Corte d’Assise di Foggia (presidente Mario Talani), con quelle parole, “l’imputato non si è limitato a palesare il suo intento omicida, ma ne ha analiticamente valutato e accettato le conseguenze fattuali e giuridiche”, tanto da suggerire la nomina di un difensore (“sai a chi chiamare”, indicando nome e cognome di un legale). La pronuncia in Appello è prevista nel 2026.