Secondo l’ultimo aggiornamento dell’Osservatorio sulla desertificazione bancaria della Fondazione Fiba di First Cisl, basato su dati Banca d’Italia e Istat aggiornati al 30 settembre, le province di Parma e Piacenza rappresentano oggi l’area dell’Emilia Romagna più esposta al rischio di contrazione della rete bancaria. «A differenza di altri territori italiani – commenta la Cisl – già segnati da forme avanzate di desertificazione, qui la minaccia principale non risiede nella scomparsa diffusa degli sportelli, bensì nella combinazione tra riduzione progressiva della presenza fisica e possibile concentrazione societaria, in grado di produrre effetti strutturali sull’accesso al credito e sulla tenuta economica locale. La potenziale integrazione tra Crédit Agricole Italia e Banco Bpm costituisce, infatti, il punto più sensibile di un equilibrio territoriale già fragile: l’Emilia Romagna, insieme a Lombardia e Liguria, è tra le regioni più esposte alle conseguenze di una fusione, data la straordinaria sovrapposizione delle due reti commerciali. In questo quadro, Parma emerge come il territorio maggiormente vulnerabile. Se l’operazione si concretizzasse, il nuovo gruppo giungerebbe a controllare 78 sportelli: una quota senza precedenti, che aprirebbe la strada a ulteriori tagli sotto la giustificazione delle sinergie industriali e delle razionalizzazioni di rete. A questa dimensione commerciale si affianca un fattore di valenza istituzionale: la presenza in città della sede legale di Crédit Agricole Italia. Pur presentando una rete più frammentata, anche Piacenza risulta esposta. L’aggregazione delle due banche determinerebbe il controllo di 47 sportelli: una concentrazione così elevata implica la possibilità concreta che una parte significativa del sistema bancario locale finisca sotto la regia di un unico soggetto, con conseguenze dirette sia sulle imprese che sui cittadini e, soprattutto, sui piccoli centri rurali già segnati da fragilità demografica e infrastrutturale. È proprio l’incrocio tra concentrazione societaria e aree interne a rendere anche questa provincia un laboratorio anticipatore dei rischi futuri».

Il segretario generale di First Cisl, Riccardo Colombani, ha richiamato l’attenzione sugli effetti che un ridimensionamento o uno spostamento potrebbero generare, ricordando come gli studi della Fondazione Fiba documentino un nesso causale tra perdita di presidi direzionali, impoverimento dell’economia territoriale e indebolimento del tessuto produttivo circostante. La minaccia non riguarda quindi soltanto il numero delle filiali, ma l’architettura economica che ruota attorno al presidio strategico di una banca. I dati aggiornati al 30 settembre, inoltre, confermano un progressivo deterioramento del quadro generale. Parma conserva la 14ª posizione nella graduatoria nazionale delle province meno desertificate, segno di una stabilità apparente che non si traduce in miglioramenti. Piacenza, invece, scende alla 27ª, peggiorando la propria condizione rispetto all’anno precedente. Il fenomeno si riflette in maniera evidente nei piccoli comuni. Gazzola nel piacentino, e Terenzo e Compiano nel parmense, risultano totalmente privi di sportelli. Si tratta di realtà montane, a bassa densità abitativa e con elevata incidenza di popolazione anziana: la loro esclusione dal sistema bancario produce non soltanto disservizi finanziari, ma anche isolamento sociale e territoriale. Ancora più delicata è la condizione dei centri che dispongono di un’unica filiale. Torrile, Fontevivo e Lesignano de’ Bagni nel parmense, così come Alseno, Vigolzone e Sarmato nel Piacentino, dipendono da un ultimo presidio. In molti di essi tale ruolo è svolto proprio

da Crédit Agricole Italia o Banco Bpm, il che significa che la fusione potrebbe trasformare in poche settimane un’area critica in una zona completamente desertificata. Il destino dei comuni con un solo sportello, dunque, è strettamente connesso alle scelte industriali dei due istituti coinvolti. Per Piacenza, la presenza della Banca di Piacenza come unico presidio in alcuni territori mitiga in parte la vulnerabilità, ma non è sufficiente a compensare l’esposizione generale al risiko. La desertificazione nell’Emilia Romagna occidentale non è quindi l’esito di un impoverimento spontaneo, bensì la conseguenza di scelte strategiche che privilegiano l’efficienza industriale rispetto alla coesione territoriale. Una concentrazione superiore a un terzo della rete sotto un solo gruppo bancario minaccia non soltanto la tenuta dei servizi, ma anche la capacità di erogare credito, l’occupazione qualificata, la permanenza delle funzioni direzionali e la struttura economica di intere comunità. In assenza di contromisure, il rischio è quello di trasformare un fenomeno finora circoscritto in un elemento strutturale dello sviluppo locale: un passaggio dalla desertificazione marginale a quella permanente, con effetti sociali, finanziari e produttivi difficilmente reversibili».