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Le vendite non hanno preso di mira in queste ore solo i listini azionari. E le performance del Bitcoin, che ieri ha registrato un passaggio sotto il muro dei 100mila dollari per la prima volta dallo scorso giugno, lo dimostrano.

Uno brutto scivolone per la cripto che proprio un anno fa “festeggiava” il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ed è quella che tra i vari asset (indici Wall Street, dollaro, Treasury, oro) ha messo a segno  la performance migliore dalle elezioni 2024 (+46,7% contro il +45% del metallo giallo).

Ma vediamo più nel dettaglio cosa sta accadendo sui mercati e più nello specifico nel mondo delle cripto asset.

Il punto di partenza è l’analisi di quello che è successo nelle ultime ore sul mercato. Il sentiment si è indebolito, con argomenti che di fatto, però, non sono nuovi. Tra i principali, citati oggi da Ipek Ozkardeskaya, senior analyst di Swissquote, valutazioni tecnologiche eccessivamente elevate, un rally sempre più limitato e le preoccupazioni di circolarità attorno alle Big Tech che stanno rilanciando i paragoni con la bolla delle dot-com.

A ciò si aggiungono le speranze accomodanti di un taglio dei tassi a dicembre da parte della Federal Reserve (Fed), i segnali di un indebolimento dell’economia statunitense, i rischi di inflazione persistenti e la nebbia sempre più fitta mentre i dati ufficiali statunitensi rimangono elusivi.

Sarà l’inizio di una correzione e di un sell-off? Secondo Ozkardeskaya è una possibilità, che molti investitori e ceo di grandi aziende si aspettano, ma non è un percorso predefinito.

Anche per Gabriel Debach, market analyst di eToro, non c’è stato un vero motivo per il sell-off. “Più che a un evento isolato, abbiamo assistito a un segnale di stanchezza generale. Dopo una lunga corsa al rialzo, il mercato ha mostrato un calo di momentum su più fronti: dall’oro alle crypto, dai titoli tech ai nomi legati all’AI”.

Sul fronte crypto, secondo l’analista, la situazione non è meno interessante. “Un’inversione che si accompagna a un’anomalia storica: il Bitcoin ha chiuso ottobre in negativo, mancando quello che nel gergo del settore viene chiamato “Uptober” – un ottobre tradizionalmente favorevole. È accaduto solo quattro volte nella storia passata, e in tre di quei quattro casi, il Bitcoin ha poi chiuso l’anno in calo. Un dato che invita alla prudenza, anche se oggi il Bitcoin rimbalza di circa l’8%, mostrando come la volatilità resti il suo tratto distintivo”.

E dire che il mese di ottobre era iniziato in forte rialzo per il Bitcoin: nella seduta dello scorso 6 ottobre la valuta digitale aveva infranto il muro dei 126 mila dollari (126.186$) aggiornando così i massimi storici.

In ogni caso il bull market del Bitcoin, come ricorda Debach, resta al momento intatto, sebbene in bilico (siamo ad un -19% circa di correzione) con una durata record di 211 sedute, contro le 102 del 2024 e le 184 del 2023 (o le 234 tra novembre 2022 e luglio 2023). “Una longevità che segnala sì la forza del trend, ma anche il rischio crescente di esaurimento – afferma -. Per ora, i supporti tecnici continuano a reggere, ma tra prezzi vicini ai livelli chiave, leva finanziaria elevata e durata, sarà cruciale osservare come evolverà la narrativa nelle prossime settimane”.

Secondo Debach, è proprio la leva oggi a rappresentare il principale fattore di rischio. Le mappe sui contratti BTC/USDT di Binance mostrano un forte accumulo di posizioni ad alta leva (50x-100x) nella fascia 100.000-105.000 dollari: livelli che coincidono con un vero “muro tecnico”.

Se il prezzo dovesse scendere sotto i 100.000 dollari, potrebbe innescarsi una cascata di liquidazioni forzate – una sequenza automatica di vendite che amplifica il movimento ribassista – afferma -. Al contrario, un rimbalzo sopra i 105.000-110.000 innescherebbe lo scenario opposto: uno short squeeze che obbligherebbe molti trader a ricoprirsi in fretta, alimentando un rally improvviso. In entrambi i casi, la volatilità resta elevata e il margine d’errore per chi opera con leva è minimo. Dopo oltre duecento sedute consecutive di rialzo, forse la domanda giusta non è più “quanto può ancora salire”, ma “di quanta pausa potrebbe aver bisogno”.