di
Laura Cuppini
Esiste una predisposizione per la calcolosi renale: nel 70% colpisce persone tra 20 e 50 anni, il rischio sembra diminuire nella terza età
La colica renale causata da calcoli, che interessa la zona lombare e spesso si irradia all’inguine, rappresenta uno dei dolori più lancinanti. Se ne è parlato a «Il Tempo della Salute», con Elena Dogliotti, biologa nutrizionista, supervisore scientifico di Fondazione Veronesi, ed Emanuele Montanari, direttore dell’Unità operativa complessa di Urologia alla Fondazione IRCCS Policlinico di Milano e professore ordinario di Urologia all’Università degli Studi di Milano. L’incontro è stato curato da Silvia Turin.
«Quando un calcolo è dentro il rene non dà dolore, mentre quando si stacca la sofferenza può essere fortissima, addirittura superiore a quella del parto – ha spiegato Montanari -. Esiste una predisposizione per la calcolosi renale: nel 70% colpisce persone tra 20 e 50 anni, il rischio sembra diminuire nella terza età. Riguarda più i maschi, ma dopo la menopausa l’incidenza coincide tra maschi e femmine. È importante sapere che la calcolosi non è una malattia, ma un sintomo: è considerata infatti un aspetto della sindrome metabolica e nel paziente è importante indagare questo aspetto».
Di cosa sono fatti i calcoli? «Sono sempre misti: possono essere formati da ossalato, fosfato di calcio, acido urico, cistina – ha chiarito l’esperto -. Spesso sono formati da un nucleo su cui si impostano altre componenti. È utile, quando possibile, fare un’analisi del calcolo, che può dare molte informazioni». C’è poi la questione delle dimensioni. Quando i calcoli sono nel rene possono crescere anche fino a 10 centimetri di diametro, restando comunque asintomatici. Sono i calcoli piccoli che possono staccarsi e imboccare l’uretere, causando dolore. Anche la cosiddetta “sabbiolina”, ovvero i calcoli non aggregati, provoca molta sofferenza. «Un paziente con colica renale è “indemoniato”, non riesce a trovare una posizione in cui il dolore diminuisce e spesso presenta anche nausea, vomito e disturbi intestinali» ha sottolineato Montanari.
Che cosa fare durante una colica renale? «Innanzitutto bisogna bere meno possibile ed è possibile usare farmaci che diminuiscono la produzione di urine, ovvero i Fans (antinfiammatori non steroidei) – ha detto l’esperto -. Si procede con la terapia della calcolosi quando è possibile riconoscerne la causa (in alcuni casi la calcolosi è definita “idiopatica”, cioè non se ne conosce la causa). La Tac “vede” tutto (ci dice la dimensione del calcolo e dove si trova), ma in prima istanza si usa l’ecografia. È importante procedere con la diagnosi differenziale, perché la calcolosi può essere segnale, per esempio, di una patologia ginecologica o della dissecazione dell’aorta. La situazione più rischiosa è rappresentata dalla combinazione ostruzione più infezione: anche calcoli millimetrici si possono complicare con infezioni che arrivano alla sepsi, mettendo a rischio la vita».
È possibile prevenire la calcolosi? «Bisogna abituarsi a bere molta acqua, tutti i giorni, in modo costante – ha sottolineato Dogliotti -. Non esiste un tipo di acqua migliore, anche le acque mineralizzate non aumentano il rischio calcolosi. Beviamo quello che ci piace. Per valutare se beviamo abbastanza acqua e siamo ben idratati dobbiamo vedere quanta pipì facciamo nella giornata (deve essere circa 2-2,5 litri) e guardarne il colore, se è molto acceso è perché abbiamo bevuto poco. È bene anche seguire un’alimentazione più orientata verso il vegetale. Chi invece ha già sofferto di calcolosi dovrebbe anche ridurre il sale a massimo 5 grammi al giorno e moderare il consumo di alimenti che contengono ossalati, come il cioccolato». capire perché calcoli sono arrivati e modificare dieta e farsi consigliare da medici eventuali integratori (come citrati)
Come viene trattata la calcolosi? «Il 95% dei calcoli con diametro inferiore a 7 mm possono essere espulsi spontaneamente, se non ci sono complicanze – ha affermato Montanari -. Si interviene se i disturbi durano più di 2-3 settimane, oppure se il paziente ha indici elevati di infiammazione/infezione. La Tac ci informa su posizione, dimensioni e densità del calcolo: questo ci permette di capire se è possibile procedere con il cosiddetto “bombardamento” (litotrisia extracorporea a onde d’urto). C’è anche un ritorno dell’endoscopia: i calcoli nell’uretere si trattano per via endoscopica, grazie a strumenti piccolissimi e laser si può frammentare il calcolo ed estrarlo. I calcoli nel rene con diametro superiore ai 2 centimetri vengono trattati con intervento endoscopico per via percutanea: dal fianco si accede alla cavità renale con una tecnica simile alla laparoscopia»
Dopo un primo episodio di calcolosi, chi è più a rischio di recidiva? «Le persone in sovrappeso o obese, con sindrome metabolica, iperglicemia, ipercalcemia, stenosi del giunto, che può dare origine a formazione di calcoli – chiarisce il professore -. Incide anche l’età di insorgenza, ci sono infatti casi di calcoli in età infantile che poi possono ripresentarsi. In altri casi i calcoli sono dovuti a un’infezione, per esempio dovuti a un germe chiamato Proteus, che dà origine a calcoli maligni, recidivi e difficili da eliminare, soprattutto nelle donne. Ricordiamoci sempre che il calcolo non è una malattia, ma il sintomo di qualcosa che non va e che va cercato».
5 novembre 2025 ( modifica il 5 novembre 2025 | 13:13)
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