Bjarne Riis esprime i suoi dubbi sul futuro della Visma | Lease a Bike. Intervistato da Feltet, l’ex direttore sportivo di CSC e Tinkoff-Saxo, ancora una volta, non ha usato mezzi termini nell’esprimere la sua opinione sulla squadra neerlandese, mostrando perplessità sia sulla solidità finanziaria che sulla gestione del team. Nella sua disamina ha inoltre espresso le sue preoccupazioni su come ciò, a suo parere, potrebbe ripercuotersi sul futuro del team di Richard Plugge. In un momento dove si si ragiona molto sul grande divario economico tra le squadre, l’ex campione danese esprime una opinione controcorrente.
L’esperto dirigente scandinavo elogia infatti le capacità di quelle squadre che hanno attualmente un budget molto elevato: “Sì, possono avere un budget illimitato, ma le regole sono queste. Non c’è un tetto salariale. Le grandi squadre come la UAE e Lidl-Trek seguono le regole e sono state brave ad assumere persone competenti e a trovare giovani corridori con un grande potenziale. Non è successo perché gli altri non hanno soldi”.
Riguardo di quello che sta accadendo in casa Visma ha espresso alcune considerazioni piuttosto dirette: “A mio parere, sembra una squadra a corto di soldi perché molti dei loro corridori più forti se ne stanno andando. E non è perché non desiderino trattenerli. Hanno scelto di investire molto su Wout van Aert e Jonas Vingegaard, e i corridori appena sotto di loro se ne vanno perché la squadra semplicemente non può permettersi di tenerli”. In questa stagione infatti, corridori come Tiesj Benoot, Olav Kooij, Attila Valter, Dylan van Baarle e Cian Uijtdebroeks lasceranno la squadra e i nuovi arrivati appaiono meno importanti in termini di esperienza e prestigio.
Quando gli si chiede un parere sulla recente fusione fra Lotto e Intermarché-Wanty, Riis la accoglie con favore riconoscendo che i tempi sono cambiati, anche per quanto riguarda il personale delle squadre. Cita ad esempio il numero di persone che lavorano nel team, che a suoi tempi era di circa 85 persone, mentre ora si è arrivati a 120, portando così a un aumento dei costi e dei tempi di gestione. “Non capisco perché non ci siano più squadre che si fondono – si interroga – Ci vuole sempre di più per arrivare ai vertici del ciclismo internazionale […] È difficile rinunciare al controllo, anche se è la cosa più sensata per la squadra. Si tratta di rinunciare al potere, proprio come in tutte le grandi aziende che hanno bisogno di essere razionalizzate. Le squadre ciclistiche spesso si aggrappano all’idea di poter ancora competere ai massimi livelli”. E alla domanda se le squadre più piccole evitino di fondersi per orgoglio piuttosto che per il loro bene, Riis non esita: “Oh, sì. È tutta una questione di orgoglio”.
