Ha lasciato il Regno Unito da cinque anni, ma il principe Harry non potrebbe essere più fiero del suo essere britannico. Lo ha sottolineato in The Bond, The Banter, The Bravery: What it means to be British – By Prince Harry, un saggio affidato a diverse testate online e pubblicato mercoledì 5 novembre, in concomitanza con l’inizio delle celebrazioni del Remembrance Day, che l’11 di questo mese commemora la fine della Prima guerra mondiale.

Per Harry l'uniforme è sempre stata importante il più grande rammarico dell'addio alla vita da royal.

Per Harry l’uniforme è sempre stata importante, il più grande rammarico dell’addio alla vita da royal.

Max Mumby/Indigo/Getty Images

Il duca del Sussex ha riflettuto sull’importanza di ricordare una ricorrenza tanto importante, insieme al suo orgoglio per quello che fa oggi e soprattutto per il servizio prestato in passato. «Ogni novembre, il mondo, per un momento, si fa più silenzioso. Ci fermiamo, insieme, per ricordare. La commemorazione non è mai stata una glorificazione della guerra. Si tratta di riconoscerne il costo: le vite cambiate per sempre e le lezioni pagate, attraverso sacrifici inimmaginabili», ha scritto il principe, «Si tratta anche di onorare coloro che, consapevoli di quel costo, scelgono comunque di servire».

Nelle parole del secondogenito di re Carlo III c’è tutta la fierezza delle sue origini: «Anche se attualmente vivo negli Stati Uniti, la Gran Bretagna è, e sarà sempre, il Paese che ho servito e per cui ho combattuto con orgoglio», ha scritto Harry, che ha poi ricordato che cose che amava e che ama: «Le chiacchiere in mensa, la clubhouse, il pub, le tribune, per quanto ridicole possano sembrare, sono queste le cose che ci rendono britannici. Non me ne scuso. Le adoro».

Harry ha servito nell’Esercito per dieci anni, dal 2005 al 2015, un’esperienza che lo ha cambiato. «Mi considero veramente fortunato per aver avuto la possibilità di fare un lavoro così bello e di aver incontrato persone fantastiche lungo tutta la mia carriera. Di questa esperienza, che manterrò cara per tutta la vita, sarò sempre estremamente grato», disse quando venne comunicata la decisione del ritiro, definita «Difficile». Alla base, si vociferò all’epoca, soprattutto questioni di sicurezza. La sua prima missione in Afghanistan, del resto, era stata interrotta bruscamente perché la stampa aveva rivelato dove si trovava, trasformandolo in un bersaglio facile, ma questo non gli impedì di tornare sul campo, come pilota di elicotteri Apache. Oggi il principe continua ad essere molto legato all’ambiente militare, tanto che per i veterani ha creato gli Invictus Games, sorta di Olimpiadi destinate a mutilati e feriti in servizio. Gli Invictus sono la prova – ha scritto il principe nel suo saggio – che «Il servizio non finisce quando si toglie l’uniforme».