Non è mai il mezzo il problema ma l’utilizzo che se ne fa. Ogni volta che una nuova tecnologia diventa di uso comune questa è una delle frasi più ricorrenti e l’intelligenza artificiale non fa eccezione.

Chat Gpt, Claude e altri sono indubbiamente utilissimi per dipanare dubbi, cercare informazioni, organizzare il lavoro e semplificare alcuni passaggi macchinosi, anche dello studio, ed è innegabile che la loro diffusione sia destinata a cambiare irreversibilmente il nostro modo di stare online e non solo. Il problema però, sorge quando l’interazione con loro diventa più appetibile rispetto a quella con le persone in carne ed ossa, o quanto meno ci si illude sia così.

È questo ciò che sta accadendo a molti adolescenti, che sempre più spesso esprimono ai tool di AI emozioni, disagi e paure e instaurano con loro relazioni virtuali pericolosamente simili – ma diversissime nella sostanza – a quelle reali. Ad attrarli soprattutto una caratteristica che è parte del successo di questi strumenti: il linguaggio molto simile a quello umano, che fa dimenticare di star parlando con una macchina e non con una persona.

Chat Gpt, infatti, non è solo la versione migliorata di un motore di ricerca, ma un’assistente virtuale che usa un tone of voice amichevole ed empatico, dando l’illusione all’utente di essere come lui e di capirlo. Ed è proprio questo che aggancia i ragazzi e le ragazze di oggi che, come spiega Elisa Fazzi, neuropsichiatra infantile e presidente di SINPIA, Società Italiana di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’Adolescenza, soprattutto dopo la pandemia hanno sviluppato una sempre minore dimestichezza con le relazioni umane.

«La paura dell’incontro fisico che in quegli anni avrebbe potuto farci ammalare si è evoluta nel timore attuale di confrontarsi, anche emotivamente, con l’altro. In isolamento tutti abbiamo imparato a risolverci i problemi da soli e a ritenere spesso che fosse la strada più semplice e oggi tante persone non sentono l’esigenza di uscire da quella dimensione».

L’esperienza pandemica forse ha reso un po’ tutti più solitari ma nei giovani, che in molti casi l’hanno vissuta da bambini, quando le prime relazioni extra familiari si formano, ha fatto danni maggiori.

«Invece di parlare con un amico molti preferiscono farlo con Chat GPT, che è a disposizione 24 ore su 24 con un semplice tap sul telefono e non costringe a un contradditorio, al quale ci siamo disabituati e che richiede sempre uno sforzo mentale. Le persone reali sono imprevedibili e se dici loro qualcosa possono non essere d’accordo con te o porti quesiti che ti mettono in discussione, mentre l’AI è praticamente sempre dalla tua parte e si può silenziare in qualunque momento».

E poi non giudica. «Esatto. Ci si può rivolgere a lei senza freni inibitori, facendo domande che magari ad altri non si avrebbe il coraggio di fare per timore di essere giudicati o contrastati». Anche le emozioni con un’amica virtuale scorrono libere, e dire semplicemente «sono triste» non espone a domande ulteriori o al dileggio, cosa che spaventa tantissimo gli adolescenti.