di
Marco Imarisio
Russia, repressione per chiunque sfidi il regime. L’ultimo inasprimento della legge è entrato in vigore lo scorso 26 ottobre. La lista non comprende motivazioni. E chi ci finisce si trova senza pensione, né stipendio
DAL NOSTRO INVIATO
MOSCA – «Ogni venerdì è il giorno del giudizio». A parlare così, seduto a un tavolino del Caffè Pushkin, luogo di incroci del potere in ogni sua forma, non è uno spericolato attivista putiniano, che si sentirebbe anche poco a suo agio in un contesto sicuramente ben ascoltato. Ma uno degli opinionisti televisivi che vanno per la maggiore, un fervido praticante dell’ortodossia putiniana.
Russia-Ucraina: le ultime notizie sulla guerra
Qualcosa sta cambiando, nella società russa. Anche molto in fretta. E non certo in meglio. Nel 2012, un Vladimir Putin appena ritornato al Cremlino varò la categoria dell’agente straniero. Niente paura, disse, è solo l’equivalente del Fara americano, l’atto di registrazione delle organizzazioni non governative estere. Dieci anni dopo, soltanto 115 soggetti avevano ricevuto quell’etichetta comunque poco gradita.
Pochi mesi dopo l’inizio della guerra, il Cremlino approvò una nuova legge, «Sul controllo delle attività delle persone sotto influenza straniera». All’epoca sembrò uno dei tanti provvedimenti pensati per mettere ai margini i giornali indipendenti e in generale tutte le voci contrarie alla cosiddetta Operazione militare speciale. Una sorta di marchio di infamia.
Ogni opinione pubblicata sui social delle persone bollate in tal modo doveva riportare la dicitura in questione. Con qualche limitazione economica, le persone colpite da questo provvedimento potevano continuare la loro vita, a Mosca oppure all’estero.
Adesso non è più così. L’ultimo inasprimento della legge, che introduce la responsabilità penale dopo un singolo illecito amministrativo, è entrato in vigore lo scorso 26 ottobre. La «influenza straniera» viene definita in modo così ampio che include non solo il guadagno di denaro, ma anche qualsiasi «assistenza dall’estero» o anche tentativi di «coercizione e persuasione». Sono criteri così generici e sfumati, che consentono di togliere il fiato a qualsiasi dissidente.
A questo si aggiunge invece una ulteriore stretta sul profilo economico. Al reprobo viene congelata la pensione, mentre tutti i suoi guadagni vengono presi in consegna su un apposito conto corrente a lui inaccessibile fino a quando giungerà il perdono.
Anna Rivina, la fondatrice della più importante Ong contro le violenze domestiche, ha spiegato bene in cosa consiste l’evoluzione del concetto. «Prima del 2022, ci era solo proibita l’organizzazione di eventi. Poi, qualunque attività pedagogica e di accettare donazioni. Il cerchio si è stretto sempre di più, e siamo state obbligate ad andarcene».
Ma la novità più grande è un’altra. Adesso, chiunque può diventare un agente straniero. Persino i fedelissimi alla linea. L’angoscia del venerdì, quando il ministero della Giustizia presso il quale è depositato il registro degli Agenti stranieri pubblica l’aggiornamento della lista, senza mai fornire motivazioni, solo i nomi, sta diventando patrimonio comune di ogni appartenente alle élite russe.
Cominciò questa estate, con l’insospettabile Sergey Markov, politologo ed ex consigliere speciale di Putin. Sembrava una punizione per aver partecipato a un convegno promosso dall’Azerbaigian.
Anche il vecchio Mikhail Gusman, vicedirettore della Tass dal 1999 e fedelissimo del presidente, era stato mandato in pensione dopo aver preso parte a quell’evento. Ma poi è stato il turno di Roman Alyokhin, blogger Z e corrispondente di guerra. Per lui si è pensato a un uso disinvolto dei fondi raccolti per le truppe. Senz’altro non ha giocato a suo favore l’ostensione sui social di un’auto di lusso, e la campagna contro di lui lanciata da Vladimir Solovyov, campione della propaganda televisiva e uomo di sistema. Tatyana Montyan, l’avvocata ucraina di nascita diventata un volto dell’emittente statale Russia Today, ha fatto il salto triplo, finendo direttamente tra gli «estremisti-terroristi». Alyokhin ha denunciato «una grave violazione dei diritti umani», dimenticando i suoi post a favore di un genocidio ucraino.
Fin qui la fredda cronaca. Esistono diverse interpretazioni per quel che sta accadendo. Nessuna delle quali induce all’ottimismo. La prima, più minimalista, accredita l’ipotesi di un regolamento di conti tra i veterani della propaganda, opposti alla galassia ultranazionalista, ancora più estrema di loro e meno controllabile dai vertici.
Tra gli osservatori esteri presenti a Mosca, prevale una lettura diversa. La qualifica di agente straniero è diventata un altro strumento di Putin per rimodellare la società, e prepararla a una eventuale nuova fase. «Tra l’economia e la guerra, il Cremlino sceglierà sempre la seconda», spiega una autorevole fonte istituzionale che per ovvie ragioni chiede l’anonimato. «Verranno tempi ancora più duri. Per questo, è in corso una tattica repressiva che punta a massimizzare la paura: nessuno è al riparo».
7 novembre 2025 ( modifica il 7 novembre 2025 | 07:58)
© RIPRODUZIONE RISERVATA