Olimpia Milano Efes Crespi

«Che piacere vedere quella squadra diventare, e sentirsi, imbattibile». Marco Crespi raccontò per realolimpiamilano.com il 21 novembre del 2022 la Stefanel Milano della stagione 1995-1996. Anche se, nelle ore che portano alla sfida con l’Efes di martedì sera questa, è la storia di una sconfitta. 

Olimpia Milano-Efes, quella “benedetta” finale

Marzo 1996. La Stefanel, finalista nel 1995 con l’Alba, si mette alle spalle i lituani dello Siauliai, vince il girone a quattro con Fenerbahce, Estudiantes e Soulis, controlla i quarti di finale con Varese e le semifinali con l’Asvel.

Nell’ultimo atto, contro l’Efes Pilsen, cade per un solo punto nel doppio confronto. E’ il primo trionfo europeo per la Turchia, che manda in campo gente come Mirsad Turkan, rivela al mondo il compianto Conrad McRae, vede muoversi un futuro allenatore come Ufuk Sarica, e registra i primi passi di un certo Hidayet Turkoglu.

Marco Crespi, allora assistente di Boscia Tanjevic, ricorda: «Ma l’Efes era Peter Naumoski. Fu sempre in controllo, tenendo palla infinitamente, a modo suo. Un p&r centrale dove gli altri si esaltavano ad attendere il loro momento».

La stella macedone, che passerà per un biennio anche a Milano, al comando, ma Milano avrà l’occasione del successo nel finale: «Ricordo quel finale. Gara sempre sul filo dell’equilibrio, il passaggio alla 1-3-1, Portaluppi che in transizione si prende il tiro dall’arco, il rimbalzo offensivo che finisce nelle mani di Rolando Blackman, e l’errore sul tiro da 2». Il risultato resta sul 69-74, per la Stefanel fallisce l’ultimo assalto al -8 dell’andata, visto che mancavano ancora poco meno di 30’’. 

Per quella squadra, urge ricordarlo, fu di fatto l’ultimo ko: «Quella sconfitta fece scattare in Bepi Stefanel l’idea di cambiare. Da quel momento, anche se non fu mai ufficializzato sino a fine stagione, si sapeva che la gestione di Tanjevic sarebbe terminata. Paradossalmente, fu il momento in cui il gruppo divenne invincibile».

Da lì Coppa Italia e Scudetto, per un gruppo fatto di grandi personalità: «Dejan, Nando, Rolando… persone interessanti con cui parlare di basket. Personalità forti, da sommare. Si costruì un qualcosa che era piacevole da veder giocare. I giocatori misero a frutto gli strumenti per risolvere ogni situazione, anche la più intricata. Tra queste anche la delega: ora è il mio momento, ora è il tuo».

Marco Crespi, come detto, era l’assistente, in una struttura molto diversa da quella di oggi: «Poi tutto dipende dalla società e dal capo allenatore, dalla loro filosofia. Oggi, certo, gli staff sono molto numerosi, allora ero l’unico assistente e guidavo anche l’Under. Però con Boscia c’era un rapporto umano importante, vivo ancora oggi: al fianco del suo carisma, del suo confronto con i giocatori, io avevo libertà nella direzione e nell’organizzazione del lavoro. Non si viveva di compartimenti stagni, si promuovevano gli spazi».

E la Coppa Korac era una competizione di prima fascia: «Diciamo che potrebbe occupare uno spazio intermedio tra l’EuroLeague e l’EuroCup di oggi. La massima competizione europea era più distribuita nel continente, quindi le maggiori federazioni avevano più squadre nella coppa “secondaria”».

I video

La gara di andata

La gara di ritorno (video che avviamo con l’episodio decisivo)

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