Quando arriva Tommaso Paradiso, che sembra l’Antonello Venditti degli anni ’90, il crash, il corto circuito è perfetto. Peraltro, non so se mi piaccia ancora Tommy come cantante, di sicuro ora lo preferisco come stand up comedian sudato. E che spolverino ragazzi.

Comunque. Le puntate a tema sono l’unica idea buona del format X Factor. Peccato sia sbagliata, o meglio non l’azzecchino mai davvero, tra giudici che vanno in confusione, ragazzi che non sanno di cosa si parli e il fatto che tutto sembra fatto per normalizzarli.

Se ne va Mayu, eliminazione annunciata (scommettiamo che il prossimo ballottaggio sarà tra Telly e Layana, con la seconda sconfitta?) e niente, questo X Factor non ci eccita. E i giudici che continuano a incensarlo ci fanno l’effetto di mamma e papà che ti dicono che i bimbi ti bullizzano perché ti invidiano o che la ragazza che ami dalla prima elementare non ti caga perché non sa cosa si perde. Lo sapeva, lo sapeva, per questo neanche mi parlava. E vi dirò, aveva pure ragione. A proposito, ciao Giorgia. O era Enrica? Troppi due di picche, pure da piccolo. Nel dubbio, vi saluto entrambe.

P.S.: c’è una cosa che mi tormenta. Ma Paola dove la teneva la cuppulella di Viscardi?
P.S. II: grazie Fabio D’Innocenzo per l’ispirazione di tanti giudizi di oggi.

De André, in italiano. Anzi Italianish. Dolcenera. E lei diventa orchestra e coro di sé stessa. Non so più cosa dire su questa ragazza, sta facendo una gara a parte, è come se fosse la superospite di ogni puntata in cui partecipa. Lei è fuori scala e quindi proviamo a metterci in crisi da soli: ormai aspettiamo gli inediti. Però poi pensi che per come li fa, i suoi mash up sono già inediti. E finalmente un look decente.
P.S.: le ha detto un gran culo che Anime Salve è del 1996. Che altrimenti che cantava, Gangsta’s Paradise in siciliano?

Su What’s Up cascano in mille, ha ragione Jake. Nessuno la fa male, ma nessuno la fa propria. Lei parte bene, ma meno tirata a lucido del solito (e un po’ troppo Avril Lavigne, ma è un peccato di puntata, speriamo, vero Fabio?) e poi sulla seconda parte sembrano esserci due Rob a cantare ed entrambe cazzutissime. Il suo pop punk ha qualcosa di universale, ma X Factor d’ora in poi può solo rovinarlo. Alla lunga, infatti, rischia di normalizzarla. Per ora resiste, persino agli anni Novanta. Ci vuole carattere per essere pop a X Factor. Pure se punk. Ma il sospetto che troppo X Factor le possa fare male rimane, appunto.

I più superficiali potrebbero dire: perché punisci Erocaddeo e Mayu che rifanno Pooh e Bono Vox con scolastica e diligente emulazione e non PierCi, che diventa uno Steven Tyler a tratti caricaturale? Perché a livello vocale, regge (un po’ come Tomasi) una prova veramente complicata, perché si diverte e accetta davvero la sfida invece di cercare di sfangarla e perché mi tocca gli Aerosmith aggiungendo al saltello della volta scorsa pure l’urletto grottesco quanto lo è la sua pettinatura, eppure rimane in piedi. Detto questo, basta assegnazioni sbagliate. Negli anni ’90 c’erano tante cose migliori per lui – sì anche gli anni ’90 hanno fatto cose buone -, pure nel repertorio italiano, e non resisteremo a un’altra performance improbabile.

Il voto ci sta, perché se parti con Cocciante e arrivi a Noel Gallagher e non ne esci sconfitto, hai vinto. Non è la sua tazza di the, ma neanche di latte, di cappuccino. Neanche quello schifo di panaché. E scommettiamo che lui gli Oasis li ha sentiti la prima volta con Jake La Furia. In più lo vestono come un action figure tarocca del frontman di Manchester (made in Fabio D’Innocenzo questa definizione, queste pagelle hanno molte delle sue geniali intuizioni, sogno di essere il terzo D’Innocenzo l’ho detto?) e col giubbotto tecnico da ultras e frangetta fa parecchio ridere. Ma non è stato ridicolo. Un mezzo miracolo.

Sufficienza generosa. Ma il motivo è che pur essendo anni luce da lui il pezzo del primo Cremonini (anche se meno di quanto lui pensi, un po’ si è impuntato), lo ha preso, lo ha steso e affrontato con le sue armi limitate, ma con la consapevolezza di quegli stessi limiti. Un bravo artista è questo: sapere dove e come ci puoi arrivare, e farlo. Quasi stona all’inizio, l’occhio e la voce sembrano chiedersi come farla a sfangare, poi pensa poco e canta e la porta a casa. Lui ha questa capacità di non avere nulla di eccellente, a livello tecnico, ma se non un x factor, ha un y factor che ti porta a perdonargli più errori che agli altri. Deve però innamorarsi meno del suo recinto. Va avanti perché assomiglia a Gabbani più di quanto entrambi vogliano ammettere.

Torn e Natalie Imbruglia mi ricordano quanto sono vecchio, ma pure che il pop è un genere serio, e va rispettato. Michelle non esce perché oggi compiva gli anni: X Factor con i compleanni salva eliminazioni sembra io che do ai negozi una falsa data di nascita per sfruttare prima gli sconti “birthday”, lei poi ci aggiunge anche il “ciao mamma” piangente che è una specie di salvacondotto. Però possiamo essere sinceri: la fa maluccio. E soprattutto, perché la fa? L’unica che poteva trovarsi a suo agio nel regno dell’elettrodance, i Novanta, prende una hit che a momenti neanche una presa di corrente usava. E poi se hai una voce particolare, con quella chiusura quasi baritonale e calda ma attufata, non fare la Imbruglia che apre tutto, con timbro nitido. Non so, era un po’ tutto sbagliato. E insensato.

Gianna Nannini la obbliga a dimostrare che quel carisma non lo avrà mai. Assegnazione sbagliata proprio perché è costretta a farla in un modo improbabile, reso ancora più folle dalla messa in scena televisiva, con quell’effetto tv 8k da Mediaworld che ti mostra I fatti vostri a scatti perché la qualità dello schermo è troppo avanzata. Con la AI a fare da scenografia mentre agli altri hai dato di tutto, compresi gli uomini Tucano e i finti Momix. Pure il look, una specie di vestito da sposa a cui il velo e un pezzo devono essere rimasti impigliati nel portone della chiesa mentre fuggiva, è fuori luogo. Non è né sexy, né evocativo. Meravigliosa creatura non la puoi cantare così, le rock ballad sono difficilissime e non vanno bene per cantanti che tendono a essere bidimensionali. O sbaglia il tuo giudice o tu non sei capace di uscire dal tuo registro, anzi neanche di provarci. Sembra essere diventata più matura come persona e meno interessante come artista. E il guasto tecnico non molto comprensibile nel ballottaggio, fa sembrare anche la prima cosa non sicura: lì sembra la Layana ansiosa e terrorizzata degli inizi.

Sono anni che guardo X Factor. E che ne scrivo. Ci sono puntate in cui sembra che sia scritta dagli autori l’eliminazione, che la vittima sia consapevole del suo sacrificio e segua una sceneggiatura. Nel caso di Mayu alla grigia prestazione di giovedì scorso si aggiunge questo live in cui fa un primo pezzo diligentemente ma senza metterlo mai a fuoco e poi decide di andarsene sottovoce, con un cavallo di battaglia zoppo (nulla contro la mia adorata Michielin ma Cheyenne non è la sua miglior canzone e la ragazza la fa maluccio) e un look che la fa sembrare un’attrice di fiction più adatta ai ragazzi di Call My Agent che a un palco musicale. Mai stata così bella la japoletana (Bona vox è la peggior tra tutte le gabbanate, ma rende l’idea), mai stata così “normale”. E come avevamo scritto, era ovvio che tra lei, Amanda e Layana ne sarebbe rimasta solo una. E forse neanche la migliore. E forse neanche una, tra una settimana.

Mah. Non riesco a vedere Viscardi dietro le icone che interpreta. Qui poi si veste e pettina e olia come Erocaddeo, ed essere il cosplayer di quest’ultimo sembra troppo umiliante pure per uno che fa quelle mossette. Vocalmente non regge, dopo un inizio promettente si perde, non prende mai la canzone dopo averla appena afferrata e nelle movenze, che dovrebbero essere il suo forte, diventa prestissimo l’imitazione di Totò che fa Michael Jackson. O viceversa, mi sa.
Una roba da sagra paesana che coincide con il giovedì grasso. Sembra più bravo di così, ma ci tiene a non dimostrarlo. E a naso un po’ tanto della colpa sembra di Paola.

Non l’ha cantata male. Ma sarebbe stato meglio. Io confesso subito che amo i Pooh, come uno della mia età e della mia formazione musicale non dovrebbe. O forse sì. Ma Dio delle città, pardon Uomini soli, è un inno, una preghiera, un urlo contro il cielo, una roba che ti fa capire perché quel gruppo è durato decenni e ha resistito a tutto e tutti. E tu la fai con la passione e il trasporto che metteresti dentro una hit di Aiello. Una bestemmia musicale. Non basta fare le cose bene. Si devono fare con un minimo di consapevolezza.
Dispiace perché si deve essere sforzato a rotolarsi nell’olio di palma per quell’effetto traslucido (ma poi perché) e perché il transfer che l’amore per Lauro gli sta provocando è patologico. Cerca esteticamente il coatto antico che c’è in Achille e di non far rimpiangere al maestro di non aver preso Tomasi. Perché i Pooh li ha scelti Caddeo. Non Lauro, Erocaddeo gli ha voluto dimostrare che può essere un giovane vecchio, il suo giovane vecchio. Continua così, fatti del male. Ora scusate ma torno ad ascoltare Parsifal. E a rileggere la Loro biografia, Quello che non sai, scritta da Franco Dassisti.

Diceva di aver imparato dagli errori dello scorso anno. E in effetti è vero, ha imparato a farne di nuovi. Certo, sta resistendo, questa volta la prima concorrente la perde al terzo live, l’anno scorso al terzo live rischiava di vedere X Factor in tv, ma continua a non capire i suoi ragazzi, musicalmente. Viscardi è evidente che è uno da boy band dedite al falsetto, pure se gli riesce bene Prince. Hai 1990 come tema, e non gli fai fare i Backstreet Boys di Everybody ma continui a fargli fare performance tra Tale e Quale e Ti lascio una canzone (questa volta Black or White) lo tieni col freno a mano tirato. Se macchietta deve essere, che sia la sua. Con coppolella e mossette sue. E poi con Mayu, penalizzata dal tema di puntata, il focus non sembra averlo trovato mai Paoletta. Rassegniamoci, in una musica pop come la nostra, o sei Elodie o Annalisa, o altrimenti la cantante figa-cool-belcanto si perde in tante copie di mille riassunti. Magari Mayu era meglio tenerla acqua e sapone, le dava più identità, anche estetica. Infine, diciamocelo. Vanno bene questi look emulativi, che carini. Ma passare da Katy Perry a Tina Cipollari (le avremmo messo quattro, ma il cosplaying di Uomini e donne facendolo passare per Marilyn merita il minimo dei voti e pure la risposta un po’ isterica a Jake (8) su Mayu) è come passare da Romelu Lukaku a Lorenzo Lucca, dall’ultimo album di Giorgia a Superstar, da Manuel Agnelli a… scusate, non ce la faccio, troppi ricordi. Torna, maestà. Senza te, non so star.