Chiusa la sua esperienza alla Red Bull, Enrico Gasparotto approda alla Bahrain Victorious e per lui quasi un ritorno alle origini. Nel team arabo ha infatti vissuto due stagioni da corridore, nel 2017 e l’anno successivo, quand’era quasi agli sgoccioli della sua fruttuosa carriera da corridore. L’ambiente giusto per ripartire dopo un’esperienza nel team tedesco durata un quadriennio nel quale ha imparato molto, ma sa che ora si riparte su nuove basi.


Tornare a casa dopo 7 anni non è mai semplice. L’Odissea di Ulisse insegna che le cose cambiano nel frattempo: «Molta strada la Bahrain ha fatto da quell’epoca. E anche molte persone nuove sono arrivate all’interno del team. Conosco il management, conosco Milan Erzen perché c’era già, conosco Vladimir Miholjevic perché abbiamo anche corso assieme in Liquigas come con Pellizotti. O con Bozic per esempio, parlando di direttori sportivi, però il resto dello staff per me è tutto nuovo, ma è anche bello ogni tanto vedere facce nuove e cambiare ambienti per avere nuovi stimoli».
Tu hai militato con loro nel 2017 e 2018, che anni furono quelli per te lì?
Intanto porto con me i ricordi di aver fatto parte del Giro d’Italia dove Nibali colse il podio nel 2017. Era il primo podio in un grande giro perché era il primo che facevamo come team Bahrain e con lo Squalo cogliere quel risultato è stata una grande soddisfazione. Poi ho partecipato a diverse gare con Colbrelli, che ho aiutato a cogliere i suoi primi successi. Quando è esploso con vittorie importanti, io non c’ero più, ma sono contento di averlo visto sbocciare. All’epoca era la prima esperienza post Bardiani, nel WorldTour ed ero affiancato a lui in diverse gare, quindi sono stato partecipe dei suoi successi e abbiamo iniziato una grande amicizia ancora viva. E a tal proposito c’è qualcosa che vorrei chiarire…


Riguarda il vostro passaggio di consegne?
Non è stato tale. Leggere che sono il rimpiazzo di Sonny mi è dispiaciuto, sono due cose completamente disgiunte. Io con Sonny mi sento quasi quotidianamente, siamo amici veri, è come mettere zizzania fra noi e non è giusto. Ho bellissimi ricordi con lui e questo è quello che voglio portarmi con me in Bahrain.
Come risultati che cosa ricordi?
Innanzitutto che nel 2018 feci terzo all’Amstel in maglia Bahrain, il mio il mio ultimo podio in quella che per me era come una seconda casa. Poi sesto alla Liegi. La fine della carriera si avvicinava (si sarebbe ritirato due anni dopo, ndr) ma ero ancora competitivo ad alti livelli.


Quei due anni hanno avuto un influsso nel tuo futuro, nel fatto che sei diventato un direttore sportivo di grande successo?
Hanno contribuito, certamente. Quasi tutta la mia carriera è stata nel WorldTour, tranne un anno in Barloworld dove ho vinto tanto, ho fatto risultati importanti e poi due anni alla Wanty dove ho rivinto l’Amstel. Ma quando arrivai alla Bahrain fu uno “step back” nel WorldTour e credo che questo processo di riuscire a rivincere gare importanti con squadre piccole e poi portare questa esperienza nel WorldTour di nuovo e chiudere la mia carriera, questo sì, mi ha aiutato molto nella mia carriera da direttore sportivo.
In quale maniera?
Nell’ultima fase di carriera sono stato affiancato a corridori giovani, Sonny in Bahrain e il compianto Gino Mader in Dimension Data, per cercare di aiutarli a crescere e a capire quello che poi il World Tour significa e le squadre importanti richiedono come impegno. I ragazzi giovani devono anche imparare un po’ a gestire poi quello che è l’approccio della stampa, che all’epoca era molto diverso rispetto ad oggi perché l’influenza dei social media era inferiore, anche se parliamo di 7-8 anni fa.


Nella Bahrain c’è una forte componente slovena, non solo per il fatto che c’è Milan Erzen ai vertici. Era già così quando tu ci correvi?
Quando Bahrain ha iniziato nel WorldTour si è appoggiata al gruppo Nibali e quindi c’era un entourage italiano, molto più staff italiano. Oggi il baricentro è spostato in Slovenia, ho avuto occasione di visitare il loro magazzino a Novo Mesto. Hanno molte più persone dello staff slovene, ma credo che ci sia molta più internazionalità rispetto a prima. Abbiamo fatto un performance meeting con i vari direttori sportivi, allenatori, dottori, nutrizionisti e in realtà su 30 persone c’erano 16 nazionalità diverse…
Come la Red Bull?
Su quella strada, ma la Red Bull secondo me ha veramente un’incidenza internazionale a tutti i livelli soprattutto da quando la Red Bull stessa è entrata come proprietario e co-owner del team. C’è un’internazionalità incredibile e questo secondo me il Bahrain sta andando in quella direzione lì. Poi i paragoni sono sempre difficili da fare perché i budget sono diversi nel team.


Che idea ti sei fatto come primo approccio?
L’età media è relativamente bassa. C’è un grande numero di giovani, promettenti e quindi faremo il primo ritiro a dicembre e avrò tempo di incontrarli, conoscerli, inquadrarli. Per questo prevedo che farò entrambi i team camp che ci saranno a dicembre e gennaio appunto per trascorrere tempo insieme e capire quel che ci sarà da fare.