di
Gian Guido Vecchi
Il presidente Urbano Cairo: «Servono regole per tutelare il lavoro e garantire valori e trasparenza». Il direttore Fontana: «Le priorità sono la centralità della persona, l’educazione al pensiero critico e anche l’impatto ecologico»
«Le “cose nuove” che dobbiamo affrontare chiedono pensieri nuovi e nuove prospettive». Nella sala Clementina del Palazzo apostolico, Leone XIV si rivolge ai membri dell’Advisory board di Rcs Academy e le sue parole suonano come un anticipo della prima enciclica attesa nei prossimi mesi, dopo la fine del Giubileo. Non a caso Papa Prevost ha scelto il nome di Leone XIII, il pontefice che nel 1891 scrisse l’enciclica destinata a fondare la Dottrina sociale della Chiesa: si intitolava Rerum Novarum e le «cose nuove» del titolo si riferivano alle questioni sociali nate con la rivoluzione industriale. Le «cose nuove» del nostro tempo, per Leone XIV, hanno invece a che fare con un’altra rivoluzione, più enigmatica e per certi versi più minacciosa: quella legata agli sviluppi dell’intelligenza artificiale e alle «sfide» che comporta, a cominciare dall’informazione.
Si tratta anzitutto di una «scommessa educativa», ha fatto notare il Papa. E la ricerca di «un nuovo umanesimo nell’era digitale» era proprio il tema che ieri mattina, dopo l’udienza con Leone XIV, è stato al centro del convegno organizzato da Rcs Academy, Corriere della Sera e il dicastero per la Comunicazione della Santa Sede. Nella Casina Pio IV, all’interno dei Giardini vaticani, sono arrivati una cinquantina di Ceo e membri del board delle aziende partner della Rcs Academy, l’accademia che dal 2019 ha formato più di 3500 persone tra master e Mba per manager e professionisti e corsi per 2200 studenti che ora lavorano proprio nei settori chiave della nuova rivoluzione: digitale e intelligenza artificiale, marketing e comunicazione, giornalismo e scrittura, economia e finanza.
Il momento è delicato, ha riassunto il presidente di Rcs MediaGroup, Urbano Cairo, «le cose sono soltanto all’inizio» e nel frattempo «tra la deregulation negli Usa, il controllo della Cina e l’Europa che naviga a vista» manca un sistema di regole comuni né si può pensare «alla “mano invisibile” di Adam Smith, con il mercato che si autoregola», non funziona così: «L’intelligenza artificiale rischia di colpire in modo pesante il lavoro, a ottobre negli Stati Uniti si sono perduti 172 mila posti. Dobbiamo capire come evitare che la AI finisca per fagocitare tutto e tutti, mantenere il controllo dell’uomo, garantire valori e trasparenza, altrimenti avremo creato con le nostre mani qualcosa che sarà difficile controllare».
Gli interrogativi sono tanti, ha osservato il direttore del Corriere, Luciano Fontana: «La centralità della persona, l’educazione al pensiero critico, la salvaguardia del lavoro, l’impatto ecologico», soprattutto «la necessità di responsabilità condivise a livello internazionale». Un sistema di regole «negoziate e universali» che possano garantire «accountability e trasparenza», ha aggiunto Paolo Ruffini, prefetto della Comunicazione vaticana: «Le piattaforme, ad esempio, non rispondono del falso o della calunnia». Sono le domande di Leone XIV: chi governa gli algoritmi, chi e a quali fini guida l’intelligenza artificiale? Nel dibattito introdotto da Fiorenza Sarzanini, vicedirettrice del Corriere, un esperto come padre Paolo Benanti ha citato l’Amleto di Shakespeare: «The time is out of joint», il tempo è fuori sesto, e anche oggi come nel Cinquecento viviamo lo smarrimento di chi vede crollare le vecchie certezze, mentre si affermano nuovi modelli».
Eppure «non ci servono tecnofobie inutili», ha avvertito il cardinale José Tolentino de Mendonça, che guida il dicastero per la Cultura e l’Educazione. Già nel IV secolo avanti Cristo si vivevano timori analoghi: «Si stava affermando la scrittura e Platone, nel Fedone, dice che avrà un impatto devastante sull’essere umano. Fino a quel momento la conoscenza era per così dire tutta nella testa di ciascuno, si fondava sul dialogo e la trasmissione orale. La paura è che la scrittura possa sostituire l’umano».
Qualcosa di analogo, del resto, accadde con Gutenberg e l’invenzione della stampa, a metà del Quattrocento, i libri che si affermavano sui manoscritti. Anche oggi le cose stanno cambiando, la gente passa più ore davanti a uno schermo che non a pagine scritte. Ma non bisogna disperare. La Chiesa cattolica, ha ricordato il cardinale alla platea di Ceo, è il primo soggetto educativo del mondo, con 230 mila scuole e 2300 università: «Ci serve un’educazione all’uso della tecnologia. E per questo abbiamo bisogno di alleanze, non di discorsi utopici o distopici. Occorre un nuovo patto sociale».
7 novembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA