L’italiano e lo spagnolo si sono allenati insieme tra selfie e sorrisi, poi la serata di gala con in mezzo il trofeo da numero 1. L’altoatesino: «Anche quando sono in vetta al ranking, gioco come se fossi numero 2»

All’ora di cena, mentre i sei maestri sciamano verso vitello tonnato e tajarin, l’aspirante ottavo lotta per la vita (sportiva) sul campo periferico di Atene, la porta scorrevole che Djokovic ha già imboccato qualificandosi per la finale. Combatte come un leone, Lorenzo Musetti, mentre il Djoker tiene le Finals sulla corda («Deciderò soltanto all’ultimo» ribadisce, e a questo punto è chiara l’intenzione di fare un dispetto all’Atp) e gli altri titolari monopolizzano l’attenzione di una città che respirerà tennis per i prossimi otto giorni. Si sono presentati al Teatro Regio tirati a lucido come impone il protocollo dell’ultimo evento stagionale, quel Master che in una volta sola mette in palio tutto: coppa, 5 milioni di dollari per il vincitore imbattuto e vetta della classifica di fine stagione (altra coppa, altri denari), cioè l’ordine costituito con cui le cose ricominceranno a fluire dall’Australia, a gennaio.
 
Jannik Sinner è elegantissimo: sbarbato di fresco, capelli più corti, la serietà del favorito d’obbligo. Da quando è scattata la stagione sul veloce indoor, calcolando il Six Kings Slam alla corte degli sceicchi, non ha più perso. E anche la polemica degli Schutzen che piove dall’Alto Adige («E’ troppo italiano») lo lascia indifferente. Alexander Zverev, due volte campione delle Finals, una qui a Torino (2021), doppiopetto e chignon, è la bocca della verità: «Questo campo è più veloce di quello di Parigi: non vedo come si possa pensare di battere Sinner». C’è Taylor Fritz, finalista l’anno scorso quando fu battuto due volte da Jannik, non a caso pallido come un cencio. E in rappresentanza degli Stati Uniti, per la prima volta dal 2006 (Roddick e Blake), ecco un secondo americano: Ben Shelton, riccetti e collana portafortuna, regalo della fidanzata Trinity Rodman (figlia del Verme), mancinaccio divertente nuovo della festa: «Le Finals erano un obiettivo stagionale, esserci arrivato sottolinea la mia crescita» dice spavaldo. L’australiano Alex De Minaur, educato, quasi trasparente, fa tappezzeria, sperando di non finire arrotato dalle ruote veloci. E poi c’è lui, lo yin dell’equilibrio cosmico tennistico, il ragazzo spagnolo nato ventuno mesi dopo Sinner per contendergli tutto ciò che questo sport mette sul tavolo, incluso l’amore della gente. Quando Carlos Alcaraz finge di strappare alla sua nemesi – e viceversa – il trofeo delle Atp Finals per la gioia dei fotografi fuori dal Regio, la folla rumoreggia come davanti a un piccolo gol.
 
L’allenamento di ieri, Sinner contro Alcaraz su due campi diversi, prima riscaldamento e poi partita, ha portato alla Inalpi Arena un pubblico eccitato ed entusiasta, pronto a dividersi come una volta si faceva tra Beatles e Rolling Stones (la metafora l’ha regalata John McEnroe al Corriere al Roland Garros). Diciamo subito che Jannik ha vinto la simulazione di set 6-3 e Carlitos il tie-break di prova 7-3. L’idea di giocare insieme prima del torneo era nata a Parigi tra i coach, racconta Alcaraz biondo platino («Ho proposto a Jannik di tingersi anche lui, ma mi ha detto che sta bene rosso»), prima che a Harry Potter esplodesse in mano la magia e venisse eliminato al primo turno, regalando per una settimana al rivale il trono di n.1. «Ci conosciamo a memoria – dice Carlitos -, l’allenamento non mi ha detto nulla che non sapessi già. Era solo un modo per ritrovare ritmo e movimenti, per conoscere la superficie. Abbiamo chiacchierato di vita, non solo di tennis: vacanze, famiglia, calcio. Io mi sento motivatissimo: qui penso di poter giocare bene». Il selfie finale ha suggellato le due ore insieme, al termine delle quali è nata una proposta inedita: il team Alcaraz sfida il team Sinner sul campo da golf. In Australia, a Melbourne, all’alba della stagione 2026. «Avete un mese per farvi trovare preparati» ha detto coach Ferrero a Vagnozzi e Cahill, alludendo al tempo libero nell’off season che l’azzurro, saltando la Davis, trascorrerà a Dubai.
 
Con Sinner coinciso come sempre («Alle Finals devi partire forte subito, comunque vada la mia stagione è stata incredibile»), generoso di un titolo per i nostri pezzi dell’indomani («Anche quando sono numero uno, io penso da numero due e di avere ancora molto lavoro da fare»), ci ha pensato Alcaraz a buttare un po’ di benzina sul fuoco: «Se Jannik finirà davanti a me, sarà perché lo merita. Farò di tutto per evitarlo, naturalmente». Infine, la solidarietà per il forfait in Davis, che invece Carlitos giocherà a Bologna: «Ha già buttato tanto sudore per l’Italia, la stagione del tennis è zeppa di tornei e bisogna fare delle scelte».
 
Quando è ora di ordinare il secondo, Musetti conclude la sua fatica immane ad Atene: un trekking di tre set con Korda (6-0, 5-7, 7-5) lo tiene vivo e in corsa per Torino. Oggi la finale con Djokovic, stasera parte il jet privato direzione Finals. Lorenzo ci sale solo se batte Belzebù, sennò sulla diligenza zompa in corsa Auger-Aliassime. Il conto, per favore.




















































8 novembre 2025 ( modifica il 8 novembre 2025 | 07:09)