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Redazione Economia
Gli stadi come piattaforma di sviluppo urbano, dove sport, cultura e sostenibilità si fondono in un’unica visione economica. Il modello americano, la via della Premier League e i fantascenari sauditi. Mentre l’Italia è ferma
A Madrid, il Santiago Bernabéu, con la sua copertura retrattile e la galleria commerciale, genera ricavi tutto l’anno. A Londra, il Tottenham Hotspur Stadium è progettato per concerti, eSports e ospita regolarmente le partite di football americano della NFL. Nel Golfo, l’Aramco Stadium introduce un concetto ancora più radicale: uno stadio come piattaforma di sviluppo urbano, dove sport, cultura e sostenibilità si fondono in un’unica visione economica. E l’Italia? Lontana anni luce. Conta ancora solo quattro stadi di proprietà in Serie A e B, contro gli oltre 80 del Regno Unito e i 50 della Germania. L’età media dei nostri impianti è di 68 anni, la più alta in Europa. Peccato, perché secondo il ReportCalcio 2024, ogni 100 milioni investiti in infrastrutture sportive possono generare un moltiplicatore fino a 80 milioni di valore economico per il territorio, tra turismo, occupazione e rigenerazione urbana. Dunque, lo stadio è un sì un costo, ma viene ammortizzato sul lungo termine grazie alla vendita di biglietti e gadget e sua volta produce un ritorno per la stessa città e i quartieri limitrofi.
Turismo e reputazione
«In questo senso, lo stadio del futuro è un’impresa culturale e immobiliare insieme: produce ricavi, ma soprattutto genera flussi, turismo e reputazione. È la leva che consente al calcio di passare da industria dei diritti a industria dell’esperienza», esordisce Federico Mattia Dolci, amministratore delegato del gruppo Marte, società di consulenza che si sta affermando nel mondo del calcio per innovare e trasformare i club rendendoli maggiormente innovativi su diversi fronti. Tra le società con cui sta lavorando Pisa e Lecce.

Le strategie di differenziazione dei prezzi
Lo stadio non può più essere un luogo frequentato solo poche volte al mese in occasione degli eventi sportivi, ma deve diventare il cuore pulsante di strategie di attrazione di marketing e il posto dove il tifoso può vivere la propria passione tutti i giorni della settimana. Per questo andrebbero introdotte strategie di differenziazione dell’offerta con prezzi adeguati ai benefici che non possono esaurirsi solo nella visione del match.
La scuola britannica
Un giro per gli stadi britannici – integralmente gestiti dalle squadre di Premier League con la conseguente crescita esponenziale dei ricavi che è uno dei fattori alla base della supremazia del campionato inglese – può servire come caso di studio. I modelli di governo vanno aggiornati e serve una maggiore separazione tra proprietà e management con l’arrivo di gestori professionisti che non capiscano solo di pallone, ma sappiano orientarsi tra strategie di marketing, operazioni finanziarie e misurazione delle performance (ne abbiamo scritto qui).
I nuovi progetti
Dalla Premier League al Golfo Persico, fino ai nuovi progetti italiani. «Emerge un modello nuovo: quello dello “Stadium 365”, capace di generare valore ogni giorno dell’anno, intrecciando sport, intrattenimento, ospitalità, retail, cultura e tecnologia. L’industria del calcio sta realizzando che il matchday, per decenni primario motore economico, non basta più. Il tifoso non è solo uno spettatore, ma membro di una comunità che vive il club come parte della propria identità», spiega Dolci. Significa costruire impianti che dialogano con il quartiere, aperti sette giorni su sette, con funzioni civiche, educative e artistiche.

La piattaforma culturale
«Significa pensare allo stadio come hub urbano, dove si organizzano concerti, mostre, laboratori per bambini, aree di coworking, o eventi di comunità. In un’epoca di solitudini digitali, il calcio ha una nuova responsabilità: restituire prossimità. Lo stadio diventa così una macchina di relazione, in grado di unire generazioni e pubblici diversi, di generare emozione e appartenenza. Una piattaforma culturale, in cui sport, intrattenimento e vita quotidiana si incontrano. Con una transizione da “club” a “brand culturale”, da “spettatore” a “partecipante”, da “partita” a “esperienza condivisa”», dice il manager, che con il gruppo Marte sta lavorando allo stadio del Lecce, con una visione che unisce attaccamento alla piazza e sostenibilità gestionale. «Lo stadio diventa un simbolo collettivo, uno spazio che riflette il legame profondo tra squadra e città. Attualmente sono in corso i lavori di rifacimento del Via del Mare, in vista dei Giochi del Mediterraneo 2026», spiega.
Il modello Tottenham
Il Tottenham Hotspur Stadium di Londra è oggi il caso scuola europeo. Costruito con un investimento superiore al miliardo di sterline, è un impianto pensato per generare ricavi ben oltre il calcio: ospita concerti, eventi di eSports, e perfino partite di NFL grazie al campo retraibile. «È il primo vero esempio di stadium-as-a-business: un asset economico e mediatico allo stesso tempo», chiarisce Dolci.
La via americana
Dall’altra parte dell’Atlantico, il SoFi Stadium di Los Angeles rappresenta il modello americano dell’entertainment hub. «Più che un impianto sportivo, è una cittadella del consumo culturale, con arene, spazi retail, laghi artificiali, aree eventi e la sede della NFL Network. Qui lo sport è solo una parte del racconto: l’obiettivo è offrire un’esperienza immersiva e continua, in cui intrattenimento, brand e community si fondono», arringa Dolci.
E quella saudita
Infine, nel Golfo, il nuovo Aramco Stadium incarna il paradigma emergente: quello di un impianto community-led, progettato come piattaforma culturale e sostenibile. «Non solo calcio, ma spazi per formazione, arte, intrattenimento e inclusione sociale. È un modello che coniuga impresa e identità, dove la sostenibilità non è solo ambientale ma anche culturale: lo stadio diventa infrastruttura di connessione e di futuro per un’intera nazione», spiega Dolci.
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8 novembre 2025 ( modifica il 8 novembre 2025 | 07:16)
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