di
Gian Antonio Stella
Il report «Azzardomafie» di Libera: «I giocatori patologici sono 1,5 milioni. Censiti 147 clan che hanno operato in attività di business, con il coinvolgimento di 25 Procure Antimafia»
Ma vale la pena? Ricorda il dossier «Azzardomafie» di Libera, uscito oggi, che dal 2014 al 2024 gli italiani, incoraggiati dallo stato, si sono giocati sull’azzardo 1.774 miliardi di euro. Molto più della metà del debito pubblico. Una spropositata montagna di denaro che nel 2025, dice la stima di Maurizio Fiasco, l’economista e sociologo onorato da Sergio Mattarella per il suo impegno contro il gambling e le dipendenze, salirà di altri 170 miliardi. Per un totale di 475 miliardi solo nell’ultimo triennio. Un incubo.
C’è chi dirà: la grande maggioranza dei soldi torna indietro come vincite. Ovvio: sennò chi giocherebbe? Resta il nodo che nel solo 2024, dati ufficiali, gli italiani hanno «buttato» nel buco nero di scommesse, slot, gratta e vinci eccetera 22 miliardi e 500 milioni. Quasi una finanziaria: 11 finiti ai concessionari e 11,5 all’erario. Mica male per le pubbliche casse, diranno i cinici, certi che avesse ragione Cavour quando diceva che «il gioco è la tassa sugli stupidi».
Ma non è così: al di là di ogni questione morale e del fatto che quegli 11 miliardi e mezzo, spesi in vestiti, cibo, scarpe, auto o libri avrebbero contribuito a far girare l’economia in modo più sano, il guaio è il crollo delle entrate rispetto all’enormità crescente della posta.
Nel 2006, dice una tabella dello stesso Fiasco, la quota che tratteneva lo Stato sul totale delle giocate, era del 19,06%. Un quinto. E prima era ancora maggiore. Ora è piombata a un miserabile 7,31: un quattordicesimo. Risultato: per incassare il suo malloppo lo Stato biscazziere è spinto a far scommettere gli italiani sempre di più, di più, di più! In una spirale folle che ha visto il nostro paese schizzare dai 4,861 miliardi di euro «giocati» nel 1990 ai 157,583 del 2024 con un’impennata annua dell’8,76% immensamente superiore alla parallela (bassa) crescita del Pil. Un suicidio finanziario. Sanitario, coi costi delle derive ludopatiche. Etico.
Allora, vale la pena? No, rispondeva Matteo Salvini in un comizio ancora on-line: «A me piacerebbe un paese che non campa sul gioco d’azzardo, sulle slot machine, sui videopoker! Rottamiamo le slot machine e i videopoker che rovinano milioni di persone! Uno stato che campa sul gioco d’azzardo è uno stato fallito». No, tuonava Giorgia Meloni alla Camera (vedi you-tube) nell’ottobre 2015: «Possiamo trattare il gioco d’azzardo come le sigarette? Possiamo vietare la pubblicità del gioco d’azzardo? Possiamo scrivere che le slot machine e il gioco d’azzardo producono miseria, povertà, droga, suicidio?» Le famiglie, accusava, avevano «nel 2014 buttato 85 miliardi solo nel gioco legale». Giusto. Cosa ne pensi oggi, dopo il raddoppio di quei numeri nei suoi anni di governo, è ignoto. Non ne parla più. Mai.
Come lei del resto, sul tema, dice l’archivio Ansa sono zitti tutti. Non solo Salvini e Tajani ma anche Renzi e Calenda e Conte e Bonelli e Fratoianni e la Schein che pure avrebbero davanti una prateria per attaccare. Muti. Perché sanno che sul tema, per dirla in veneto, «i va tuti soti». Vanno tutti zoppi. A partire da Quintino Sella che nel 1863 scrisse nella relazione al Re: «Il giuoco del Lotto non può considerarsi fonte d’entrata degna d’un popolo civile; ma le condizioni attuali del bilancio non consentono di sopprimerlo senza sostituire un equivalente». E andò così con Crispi e Giolitti e Mussolini (che inventò la Lotteria di Tripoli) e giù giù fino a Prodi che raddoppiò nel ’97 l’estrazione settimanale («per dare soldi alla cultura») e poi Berlusconi che la triplicò e poi quadruplicò e la Meloni che varò «estrazioni aggiuntive» per l’alluvione in Romagna…
Facciamola corta, che è senza peccato scagli la prima pietra. Ma il punto resta: vale la pena, con un milione e mezzo di giocatori patologici, schiavi dell’azzardo che arrivano a rovinare se stessi e le famiglie e chiedono aiuto a un sistema sanitario in crisi, di tirar su un po’ di miliardi in modo insano per non affrontare in modo più serio il nodo finanziario? No, dicono Luigi Ciotti e Libera. Tanto più che, spiega la Dia, «le mafie tradizionalmente opportuniste e costantemente alla ricerca di nuovi modi di arricchimento considerano l’azzardo fonte primaria di guadagno verosimilmente superiore al traffico di stupefacenti, alle estorsioni e all’usura». Parole del generale della Finanza Nicola Altiero: «Un euro investito dalle mafie nel narcotraffico produce profitti per 6-7 euro, uno investito nell’azzardo 8-9, con molti meno rischi».
Non a caso, accusa il dossier curato da Toni Mira, Maria Josè Fava, Gianpiero Cioffredi e Peppe Ruggiero, sono «147 i clan censiti che operano in attività di business illegali e legali, con 25 Procure Antimafia coinvolte». E «al “tavolo verde” giocano e vincono le solite famiglie: Casalesi di Bidognetti, Mallardo, Santapaola, Condello, Mancuso, Labate, Lo Piccolo, Capriati…». Ancora la Dia: «La mafia continua a investire consistenti capitali attraverso la gestione diretta o indiretta di società concessionarie di giochi e di sale scommesse o mediante l’imposizione di slot machine». E alla fine «risulta essersi attivata per assumere la gestione dei centri scommesse riuscendo a realizzare un controllo diffuso sul territorio di competenza nel mercato legale dei giochi». Commento di Libera: «Parole chiare che smontano la tesi del mondo dell’azzardo secondo il quale l’azzardo legale è il migliore strumento per combattere quello illegale, in mano alle mafie. Più sale scommesse legali e meno bische illegali. Invece è l’esatto contrario». Con ripercussioni sull’usura che aggancia i più disperati.
Ma come: se queste società finanziano perfino il Policlinico Gemelli o il meeting di Rimini o ospitano come l’altro ieri a Roma la presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola invitata da un’azienda del «gaming» («giochi»: innocenti) che poi chiama tutti a raccolta per «il Poker Tour in arrivo a Malta nel marzo 2026 offrendo un’esperienza di poker elettrizzante in uno dei principali centri del gioco d’azzardo in Europa»?
Spunti di riflessione li fornì Papa Francesco: «Le società dell’azzardo finanziano campagne per curare i giocatori patologici che esse creano. Il giorno in cui le imprese di armi finanzieranno ospedali per curare i bambini mutilati dalle loro bombe, il sistema avrà raggiunto il suo culmine. Ipocrisia!»
8 novembre 2025
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