di
Leonard Berberi
Cos’è successo tra l’annuncio di mercoledì e la decisione ufficiale di giovedì sera: la corsa dei vettori a cambiare la programmazione e gli scali all’oscuro di tutto
L’e-mail, inviata mercoledì sera a cinque compagnie aeree statunitensi, non poteva essere più laconica. «Dal momento che potremmo essere nell’elenco degli aeroporti colpiti dal taglio dei voli, vi chiediamo la cortesia di fornirci ogni informazione a vostra disposizione», scrivono dagli uffici di gestione delle operazioni del Terminal B dello scalo LaGuardia di New York. I vertici della struttura erano preoccupati. Poche ore prima, il Dipartimento dei Trasporti Usa e l’ente federale dell’aviazione Faa avevano spiegato che lo shutdown — che costringe i controllori di volo a lavorare da oltre un mese senza ricevere lo stipendio — avrebbe fatto scattare una riduzione dei movimenti aerei del 10% a partire da venerdì, cioè trentasei ore dopo l’annuncio.
L’«emergency order»
Ma nell’informare della decisione, le autorità si erano limitate a dire che il provvedimento avrebbe riguardato i «principali 40 mercati» aerei del Paese, senza fornire dettagli. Non solo quella sera, ma anche per quasi tutta la giornata successiva. Solo una decina di ore prima dell’entrata in vigore — prevista alle 6 del mattino (ora locale della costa orientale, le 12 in Italia) di venerdì 7 novembre — la Faa pubblica l’«emergency order» con la quota dei voli da annullare: partendo dal 4% per arrivare al 10% una settimana dopo, e l’elenco dei quaranta aeroporti coinvolti.
«Non abbiamo ricevuto notifiche»
Tra l’annuncio di mercoledì e l’ufficializzazione di giovedì sera è scoppiato il caos. Scali come LaGuardia hanno iniziato a chiedere alle compagnie aeree se avevano informazioni; altri hanno segnalato sui propri canali social di non sapere nulla. «Non abbiamo ricevuto una notifica ufficiale dalla Faa a proposito di una riduzione dei voli in conseguenza dello shutdown governativo», scrive l’aeroporto internazionale di Orlando alle 16:59 (ora locale) di giovedì. «Sulla base di alcune informazioni potremmo essere tra i 40 aeroporti americani coinvolti. Questo non è stato ancora confermato dalla Faa».
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Le liste dei collegamenti
Le compagnie aeree sono riuscite a ottenere qualche informazione dalla Faa e hanno iniziato a lavorare sull’elenco dei voli da cancellare. Considerano «intoccabili» sia i collegamenti internazionali e intercontinentali, sia quelli che alimentano i propri hub aeroportuali, gli snodi cruciali delle loro reti. Si è deciso di annullare partenze verso destinazioni con molte frequenze giornaliere e verso località con velivoli semivuoti, così da ridurre l’impatto. Ma, in assenza di comunicazioni ufficiali, anche i vettori hanno proceduto quasi al buio.
Il «Core 30»
«Siamo partiti dalla lista ufficiale dei trenta aeroporti statunitensi, nota come “Core 30”», racconta al Corriere un dirigente di una delle più grandi compagnie. «E sulla base di quella abbiamo poi aggiunto altri dieci scali, consultando i database specializzati sui voli e sui posti previsti giornalmente». Nessuno, in tutto questo, ha coinvolto gli aeroporti, che hanno atteso notizie dalla Faa, rimasta in silenzio per ore, mentre decine di migliaia di viaggiatori consultavano siti web, app delle compagnie e profili social.
Gli annunci ufficiali
«Mentre stavamo decidendo la lista dei voli da cancellare, compresi quelli dei giorni in cui la quota sale al 6, 8 e 10%, c’erano aeroporti che ci riempivano di telefonate ed e-mail: nessuno di loro sapeva nulla», prosegue il dirigente. Alle 19.30 di giovedì, costa orientale (l’1.30 di notte di venerdì in Italia), le compagnie hanno ricevuto dalla Faa l’elenco degli aeroporti interessati dalla riduzione dei movimenti, cioè dieci ore e mezza prima dell’entrata in vigore. La lista corrispondeva a quella che si erano già create autonomamente. Alle 19.57 il segretario Usa dei Trasporti, Sean Duffy, ha pubblicato l’annuncio sul suo profilo X (ex Twitter). Successivamente gli scali hanno informato i viaggiatori tramite i propri canali social.
Il rischio -20%
Il primo giorno dei voli tagliati (un migliaio) è trascorso senza grandi problemi. Ma Duffy ha comunque avvertito che il governo potrebbe costringere le compagnie a ridurre fino al 20% delle partenze se lo shutdown non dovesse terminare, una misura senza precedenti. «Valuto i dati», ha dichiarato il segretario dei Trasporti. «Prenderemo le decisioni sulla base di ciò che vediamo nello spazio aereo», ha sottolineato. Anche perché, venerdì pomeriggio — momento di picco nel trasporto aereo — le assenze dei controllori di volo hanno costretto la Faa a ritardare centinaia di voli in nove aeroporti, con ritardi anche fino a quattro ore a Washington.
Le partenze annullate
Nel primo giorno sono stati 1.023 i voli di linea cancellati negli Stati Uniti: di questi, precisano gli addetti ai lavori, circa 200 sono da attribuire alla quota fisiologica. Quindi più di 800 partenze sarebbero state effettuate regolarmente in assenza dell’ordine della Faa. Per sabato 8 novembre — giorno della settimana con volumi inferiori a quelli del venerdì — sono già stati cancellati 751 voli negli Usa.
8 novembre 2025 ( modifica il 8 novembre 2025 | 10:41)
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