Il nome di Pietro Solavaggione in gruppo gira da qualche settimana, da quando è arrivata l’ufficialità che sarebbe andato a correre all’estero: al Cannibal Team, la formazione juniores development della Bahrain Victorious. Diciassette anni, idee già chiare e la voglia di emergere. La bicicletta per Pietro Solavaggione ha smesso di essere un gioco, ora è nell’orbita dei grandi e bisogna fare le cose sul serio. Presto o tardi che sia.
«Questa è la terza settimana di stacco – racconta Pietro Solavaggione da casa – sono fermo e, scuola a parte, non ho grandi impegni. La bici tornerà nella mia routine questo fine settimana probabilmente. Non sono mai stato abituato a fare lo stop invernale, gli anni scorsi il mio preparatore (Piotti, ndr) mi diceva di continuare se avessi avuto voglia di pedalare per divertirmi. Da un mese, però, sono passato sotto il preparatore del Cannibal Team che mi ha detto di staccare e riposare in vista della nuova stagione».


Piotti era il tuo preparatore al Team Giorgi?
Sì, ma mi seguiva come esterno, non avevamo preparatori all’interno del team. Lui mi allena da quando ero secondo anno allievo, dall’inverno tra il 2023 e il 2024. L’ho conosciuto quando ero entrato a far parte della selezione regionale del Piemonte di mountain bike.
Anche tu arrivi dal fuoristrada?
Ho iniziato a correre in mtb quando ero G3, anche se allora non mi piaceva troppo la bici perché non vincevo e quindi non mi divertivo tanto. Nel frattempo ho provato tanti altri sport: calcio, nuoto, sci, corsa… Poi sono tornato a correre in mountain bike da esordiente secondo anno e ho visto di essere forte, di conseguenza mi sono convinto a restare sul ciclismo.


Poi sei passato alla strada, quando?
E’ da quando sono allievo secondo anno che mi dedico interamente al ciclismo su strada. Mi sarebbe anche piaciuto continuare con la mountain bike, ma ci sono molte meno squadre e le possibilità di carriera sono ridotte. Si fa lo stesso sport, andare in bici, ma economicamente sono senza paragoni. Poi ho visto che anche i biker più forti sono passati alla strada: Grigolin e Pezzo Rosola.
C’è un altro piemontese che però è emerso dalla mtb: Scagliola…
Vero, però lui ha corso in una squadra che gli ha fatto fare entrambe le discipline. Inoltre io volevo emergere su strada e se avessi fatto anche mtb non avrei avuto una stagione così soddisfacente come quella passata. Ho pensato fosse meglio specializzarsi subito e via.


Non era troppo presto?
Non ci ho pensato molto, anche perché in un solo anno su strada da junior ho raccolto tantissimo e sono arrivato a firmare con il Cannibal Team Development. Inoltre ho anche l’accordo per la categoria U23, infatti sarò nel devo team della Bahrain. Un percorso lineare e continuo.
Come ti sei trovato al Team Fratelli Giorgi?
Benissimo. Meglio di così sarebbe stato impossibile, purtroppo la squadra ha chiuso i battenti. Sarei potuto entrare nel nuovo progetto dove andrà Leone Malaga, ma non sarebbe mai stato come il Team Giorgi. Magari lo diventerà in futuro, perché lui è molto bravo.
Poi è arrivato il richiamo del Cannibal Team…
Era un’occasione che non mi sono fatto sfuggire, dopo le prime vittorie a inizio anno ho firmato con i Carrera, mi seguirà Johnny lui è quello che lavora maggiormente con i giovani. Da lì sono arrivate a bussare tante squadre internazionali e tra tutte ho scelto il Cannibal Team.


Perché?
Mi è sembrata la scelta migliore per il 2026, sono una realtà competente e familiare, in tutti i sensi. Il diesse è Francis Van Mechelen e dentro lo staff ci sono sua moglie e sua figlia. In quel contesto mi sono sentito a mio agio fin da subito, senza pressioni intorno.
Hai anche avuto modo di correre con loro?
Sì, ho fatto l’ultima gara della stagione, a ottobre alla Philippe Gilbert Junior. E’ stata un’esperienza utile, nella quale ho capito cosa vuol dire correre a livello internazionale. La corsa è stata dura, selettiva, ho visto che c’è tanto da imparare. Ad esempio il vento forte ha portato alla formazione di ventagli, cosa che non avevo mai fatto prima d’ora.
Non è un salto troppo grande?
Restare in Italia sarebbe stato più comodo e un’idea migliore da un lato. Ho scelto la strada più difficile ma l’ho fatto per il mio futuro: una lingua diversa e un calendario impegnativo. Però ho già una squadra per la categoria under 23 e mi sento sereno. Certo che partire e prendere l’aereo da solo per andare a correre in Belgio non è stato facile, era anche la prima volta che volavo in vita mia.


Avete parlato di ritiri e calendario?
Non sono ancora sicuro degli impegni perché nel ritiro in Spagna di dicembre avremo meno posti rispetto al numero di atleti in squadra (al momento il Cannibal Team conta una ventina di ragazzi, ndr). Probabilmente verrà dato spazio a quelli che correranno le prime gare dell’anno, corse non adatte alle mie caratteristiche. Quelle inizieranno a giugno, quindi c’è tutto il tempo.
Hai pensato anche alla scuola?
Sarà un aspetto, non semplice, che dovrò gestire. Ad ora ho cambiato scuola e sono passato a una online, così da potermi coordinare meglio tra lezioni e allenamenti senza il problema delle assenze.