[Riceviamo dal nostro giovane lettore Francesco Rossi Rossi – ciclista di 18 anni in attività e tecnico istruttore di secondo livello – e pubblichiamo questa sua riflessione sul ciclismo giovanile]

Ogni giorno le Federazioni nazionali e internazionali introducono delle normative che hanno lo scopo di orientare il movimento verso una crescita di tipo graduale del singolo corridore, evitando salti di categoria azzardati che potrebbero nuocere all’atleta e limitarne il potenziale, ma spesso ci si chiede se questo stia effettivamente accadendo.

Il ciclismo con il passare degli anni ha subìto enormi variazioni, portando le squadre e gli atleti alla ricerca di un risultato costante e necessario per ambire a un sostentamento e a un avanzamento della carriera; ogni corridore, seppur giovane, cresce con il grande obiettivo del risultato per poter progredire nel suo percorso sportivo e professionale.

Questo modello ha portato i ragazzi davanti ad una verità cruda, quella del “tutto e subito”, ogni giovane corridore cresce sportivamente con la consapevolezza di dover emergere quanto prima possibile, generando così una paura negli atleti che impedisce loro di esprimere il potenziale, ma soprattutto esaurisce la passione e il piacere.

Sono ormai celebri i tanti campioni che approdano da giovanissimi nel professionismo e riescono subito a mettere in mostra le loro straordinarie capacità, d’altro canto però viviamo in un ciclismo che non accetta più i tempi della crescita e dell’attesa, impedendo così ai ragazzi la corretta evoluzione sportiva che caratterizza il vero piacere e la vera forza di un atleta.

Con l’intervento dei media e con la crescita esponenziale delle grandi squadre World Tour (spesso anche dotate di un settore giovanile), è nato un progresso che impone nei giovani un livello estremamente alto di agonismo, facendo in modo che nell’atleta nasca un senso di responsabilità immenso, andando così a sostituire la funzione educativa ed emotiva del nostro sport.

Come può infatti un ragazzo mantenere viva la passione di fronte a una realtà spietata che il futuro riserva per lui?

Il modello del nostro ciclismo sta impedendo ai ragazzi una visione dello sport puramente ludica e unicamente basata sulla passione e il piacere del gesto atletico. Fin dalle categorie inferiori, ogni ragazzo sviluppa un forte senso di “dovere” che lo porta in un primo momento a una ricerca costante della pura “performance”, ma ne limita il piacere costringendo così l’atleta a un processo forzato, che nella maggior parte dei casi porta spesso il corridore, una volta cresciuto, a non riuscire più a trovare lo stimolo e le condizioni per continuare il suo percorso.

Abbiamo visto come negli ultimi anni le grandi squadre abbiano sviluppato settori giovanili che lavorano sui ragazzi già dalla categoria Allievi, e come sulla base di questo modello ogni squadra anche a livello nazionale si sia adattata, creando così una selezione che spesso costringe i giovani ad abbandonare le loro speranze di crescita.

In un ciclismo così ricco di nuovi volti si tende a mettere da parte la passione che muove ogni ragazzo, costringendolo invece a un progresso frenetico e immediato, quando è proprio quella passione che ha sempre reso il ciclismo lo sport che tutti noi oggi conosciamo.

[Francesco Rossi Rossi]

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Allenamento della forza

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