Napoli si conferma uno dei centri più vitali della ricerca scientifica italiana. L’assegnazione di un Synergy Grant del Consiglio Europeo della Ricerca, da 14 milioni di euro complessivi, al progetto Lunanuova vede un ruolo di primo piano dell’Università Federico II e del gruppo coordinato dal professor Gianluca Imbriani, ordinario di fisica e figura di riferimento nell’astrofisica nucleare sperimentale.
APPROFONDIMENTI
È un risultato che riconosce la continuità di un lavoro coltivato nel tempo e la capacità della città di tenere insieme competenza scientifica, infrastrutture di ricerca e formazione di nuove generazioni. Lunanuova nasce all’interno della collaborazione Luna (Laboratory for Underground Nuclear Astrophysics), il laboratorio sotterraneo nei laboratori del Gran Sasso che da trent’anni indaga i processi nucleari che avvengono nelle stelle. Qui, lontano dal rumore cosmico, le reazioni di fusione solare vengono studiate con strumenti capaci di misurare interazioni altrimenti impercettibili. Il nuovo progetto coinvolge quattro istituzioni e alttrettanti ricercatori oltre all’Università Federico II e Imbriani: Daniel Bemmerer del Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf di Dresda (che ha il ruolo di coordinatore), Alba Formicola dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e Aldo Serenelli dell’Instituto de Ciencias del Espacio di Barcellona. Obiettivo: ridurre le incertezze nei modelli fisici che descrivono il Sole, la nostra stella più prossima e al tempo stesso la chiave per comprendere migliaia di stelle simili.
Bernini: «L’Università di Salerno una eccellenza italiana»
Lo studio
Lunanuova propone un approccio unificato tra competenze sperimentali e teoriche. Imbriani sottolinea il punto centrale: «Studiare con precisione il Sole significa migliorare la conoscenza di tutte le altre stelle». Le osservazioni dei neutrini solari, delle oscillazioni della superficie e delle abbondanze chimiche atmosferiche hanno raggiunto livelli di accuratezza molto elevati. Il modello solare standard, però, presenta ancora margini di errore significativi. Le principali incertezze riguardano proprio il numero di reazioni nucleari al secondo che avvengono nel nucleo del Sole, processi legati a energia, temperatura e densità. Ridurle significa costruire un modello più solido e direttamente applicabile allo studio dell’evoluzione stellare.
Il progetto durerà sei anni. Una parte cruciale del lavoro si svolgerà ai Laboratori del Gran Sasso e nel laboratorio di Felsenkeller a Dresda. Per Napoli, l’impegno è duplice: lo sviluppo e il test di nuovi rivelatori e l’allestimento di setup sperimentali che verranno successivamente trasferiti nelle infrastrutture sotterranee. «La nostra unità si occuperà di sviluppare i sistemi di rivelazione. Acquisteremo rivelatori di nuova generazione, li testeremo e li integreremo al Dipartimento di Fisica della Federico II prima di portarli ai laboratori sotterranei» aggiunge il fisico napoletano. Imbriani richiama un ulteriore elemento: la collaborazione con il laboratorio Circe dell’Università della Campania Vanvitelli, dove verrà condotta una parte delle misure. Una scelta che rafforza la rete scientifica tra Napoli e Caserta e valorizza un’infrastruttura spesso poco nota fuori dall’ambiente accademico. Significa anche radicare il progetto sul territorio, senza rinunciare alla dimensione internazionale.
I giovani
Accanto alla ricerca sperimentale, c’è il tema delle persone. Il finanziamento permetterà l’assunzione di giovani ricercatori. «I fondi disponibili nelle università italiane sono pochi e da tempo in diminuzione, soprattutto per garantire continuità a chi si forma qui», osserva Imbriani. Il progetto offrirà contratti stabili, condizioni di lavoro adeguate e la possibilità di lavorare su un programma strutturato nel lungo periodo. «Sarà possibile far crescere competenze, trattenere talenti e attrarne di nuovi, da altre parti d’Italia e dall’estero. E per questo tipo di ricerca, Napoli è già molto attrattiva». Il valore simbolico del Synergy Grant è quindi evidente. Non si tratta soltanto di una vittoria accademica. È il riconoscimento della capacità scientifica radicata in un territorio spesso raccontato attraverso fragilità e disparità. Qui invece emergono laboratori, gruppi di ricerca con esperienza internazionale, una tradizione di fisica sperimentale che ha formato generazioni e le ha proiettate in collaborazioni globali.
Università di Salerno, si insedia il nuovo rettore Virgilio D’Antonio
Il progetto si svilupperà negli anni in parallelo con importanti missioni spaziali europee dedicate allo studio delle stelle simili al Sole. La convergenza tra osservazioni cosmiche e misure di laboratorio consentirà di definire un modello solare più accurato e stabile. Napoli avrà un ruolo rilevante in questa operazione come nodo scientifico riconosciuto. «Il successo del progetto rappresenta uno stimolo a proseguire con rinnovato entusiasmo» ha affermato Imbriani e la sua riflessione restituisce il senso del percorso: non un risultato isolato, ma una tappa di continuità, una crescita condivisa con studenti, dottorandi e ricercatori. Una eccellenza che non ha bisogno di enfasi retorica, perché parla attraverso fatti, laboratori attivi e una comunità che lavora riportando successi internazionali. Una Napoli che insiste, costruisce e produce conoscenza.