A 26 anni Siska De Ruyssche ha deciso di dire basta. Domenica scorsa, in Belgio, ha scelto l’eutanasia – consentita nel Paese dal 2002 – per porre fine a una depressione profonda e resistente a ogni terapia. «Mi sento finalmente in pace, perché so che tutto finirà», aveva confidato.
Accanto a lei, nel suo ultimo momento, c’erano familiari e amici.
APPROFONDIMENTI
L’ultimo tentativo
Ha avuto storie d’amore, è diventata zia. Solo pochi mesi fa, in estate, Siska era in Thailandia. Sui social appariva sorridente, i capelli sciolti, il trucco leggero. Quel viaggio era stato il suo ultimo tentativo di ritrovare un senso, ma la sofferenza l’ha riportata al punto di partenza. «Anche vestirsi o alzarsi dal letto era diventato impossibile», aveva raccontato, con l’intento di far luce sulla gravità delle malattie mentali, spesso invisibili ma devastanti quanto le disabilità fisiche.
«La mia storia per aiutare»
«Racconto la mia storia perché molto può essere migliorato nell’assistenza», diceva al quotidiano Het Laatste Nieuws lo scorso 18 ottobre. «Sono stata in isolamento, legata a un lettino, e ho visto infermiere alzare gli occhi al cielo, come a dire “eccola di nuovo”». Voleva che la sua voce servisse a cambiare un sistema sanitario in cui, come lei stessa affermava, «le procedure e le liste d’attesa possono diventare parte della sofferenza».
Chi era Siska
Il suo calvario era iniziato da bambina: «Mi hanno presa di mira all’asilo e alle elementari. Pensavo di non valere abbastanza». A 14 anni il primo tentativo di suicidio, poi decine di altri. Nel frattempo ha vissuto momenti di gioia – l’amore, i viaggi, il lavoro con i bambini – ma la depressione non l’ha mai abbandonata. «Ho provato di tutto: terapia della parola, EMDR, terapia familiare e con gli animali. Ho preso farmaci, ho lavorato in una fattoria di cura. Quanto ancora avrei dovuto tentare?».
La diagnosi di «grave disturbo depressivo, disturbo dell’attaccamento e sindrome da stress post-traumatico» è arrivata solo di recente, e con essa la consapevolezza di non poterne più. «Con l’autorizzazione all’eutanasia, ho sentito che i pezzi del puzzle andavano a posto».
«Ora tocca a me»
A chi la accusava di egoismo, rispondeva: «Forse sono rimasta più a lungo per gli altri che per me. Ora tocca a me». In Belgio la legge consente l’eutanasia anche nei casi di sofferenza psichica insopportabile, quando ogni cura è fallita. Siska ha scelto quella via, lasciando dietro di sé un ultimo messaggio: la malattia mentale merita la stessa dignità, attenzione e compassione di qualsiasi altra.