di
Carlo Cottarelli

Il peso delle imposte si è spostato su chi guadagna più di 50mila euro. Per aiutare i redditi bassi serve la crescita

Il modesto taglio dell’Irpef contenuto nel disegno di legge di bilancio per il 2026 ha riacceso il dibattito su quanto le tasse ricadano sulla “classe media”. Il termine è spesso usato, a livello politico, senza mai indicare cosa significhi, visto che fa comodo dire che si vuole premiare la classe media sperando che la maggior parte dei cittadini possa sentirsi coinvolto. Altri parlano di tassare di più «i ricchi«, magari con una patrimoniale. In questo mare magnum cercherò di fare un po’ di chiarezza, per quanto sia possibile farlo in un Paese dove l’evasione è elevata e quindi i dati sui redditi dichiarati sono incompleti.

Il reddito «mediano»

Partiamo da cosa si debba intendere per reddito medio, o, meglio, «mediano» ossia quello del cittadino che sta al centro della distribuzione dei redditi, con metà dei contribuenti alla sua destra e metà alla sua sinistra. In base alle dichiarazioni dei redditi del 2023, metà dei dichiaranti (21 milioni su 42) aveva un reddito lordo individuale fino a 20.000 euro, che al netto dell’Irpef vuol dire 18.000 euro. Questo reddito mediano ci appare basso, ma occorre tener conto che include i pensionati (compresi quelli con pensioni minime), i giovani lavoratori, chi dichiara meno del reddito effettivo ed esclude i redditi sottoposti a tassazione separata (redditi da capitale, affitti da cedolare secca, redditi sottoposti a tassazione forfettaria, eccetera). Inoltre, quando pensiamo al nostro tenore di vita, abbiamo in mente il reddito familiare netto, più che quello individuale lordo. Secondo l’Istat, nel 2023 il reddito netto familiare mediano era di 30.039 euro, e quello di famiglie con figli era di 46.786 euro. Insomma, a livello familiare, non siamo così poveri come suggerito dalle dichiarazioni Irpef.



















































I beneficiari dei tagli

Data questa situazione, a chi sono andati i tagli delle tasse introdotti negli ultimi anni? Fino alla legge di Bilancio di quest’anno i maggiori beneficiari, soprattutto in termini di taglio dell’imposizione rispetto al reddito lordo, era chi aveva un reddito individuale lordo sotto i 35.000 euro: il bonus Renzi andava a quelli con redditi lordi sotto i 24 mila, poi diventati 28 mila, euro (anche se le detrazioni si estendevano fino a 49 mila euro), e la riduzione degli scaglioni Irpef del 2022 e del 2024, e il taglio dei contributi sociali poi incorporato nell’Irpef beneficiavano soprattutto i redditi fino a 35 mila euro. Con la legge di Bilancio 2026 si introduce un piccolo taglio alla parte del reddito da 28 mila a 50 mila euro, anche se i benefici vengono estesi (in misura calante rispetto al reddito percepito) ai redditi fino a 200 mila euro.

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Nel complesso, si possono concludere due cose: (i) i tagli degli ultimi anni hanno soprattutto beneficiato i redditi fino a 35 mila euro che, comprende anche lavoratori con un reddito individuale superiore alla mediana (anche se certo non ricchi!); (ii) il piccolo taglio del disegno di legge di Bilancio va a beneficiare maggiormente chi ha un reddito un po’ più alto, ma certamente non qualcuno che può essere definito «ricco». In termini relativi, quindi, il peso della tassazione si è spostato su chi ha un reddito lordo individuale sopra i 50 mila euro. Nel 2023, erano 3,7 milioni di contribuenti (l’8,8% del totale) che pagavano circa 100 miliardi di Irpef, quasi la metà del totale. Dovrebbero pagare di più, come alcuni sostengono, magari attraverso una patrimoniale? Cgil, Avs e Pd sembrerebbero essere favorevoli anche se per il Pd solo se introdotta a livello europeo (cosa che rende una patrimoniale impossibile perché richiederebbe l’unanimità dei 27 Paesi).

Doppia tassazione

Una patrimoniale, è utile chiarirlo, non riguarderebbe tutti i contribuenti sopra i 50.000 euro di reddito individuale. Fra l’altro, in quanto patrimoniale, cioè un’imposta sulla ricchezza, non potrebbe essere riferita direttamente ai dati sopra citati, che riguardano il reddito, anche se si può ipotizzare che chi ha un reddito più alto abbia anche una ricchezza più alta. Una patrimoniale di questo tipo si scontrerebbe con un’obiezione: la ricchezza è frutto di un risparmio, che è frutto di un reddito che è stato già tassato una volta. Si tasserebbe, quindi, due volte lo stesso reddito. In situazione di estrema emergenza, nulla può essere escluso, ma l’Italia non è in crisi profonda. Se proprio si volesse intervenire, allora, avrebbe casomai più senso alzare le aliquote di imposizione sui redditi più alti, come peraltro vuole fare Mamdani con una sovratassa sopra il milione di dollari. 

Ma un conto è farlo per i paperoni di New York, un conto è per gli italiani. Si coinvolgerebbe solo una piccola parte dei pochi contribuenti con un reddito, magari, superiore a 300 mila euro (sono lo 0,1% del totale). E, si sa, i più abbienti avrebbero più possibilità di spostare la propria residenza dove l’imposizione è più bassa (vedi Svizzera, come tanti già fanno). Tutto sommato, non credo sia questo il modo di risolvere il problema della povertà in Italia. Quello che serve, in primis, è una maggiore crescita economica: quando la dimensione della torta cresce è più facile anche aumentare la quota che va ai redditi bassi. Ma occorre crescere di più: partire dalla redistribuzione potrà servire, ma non a molto.

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9 novembre 2025 ( modifica il 9 novembre 2025 | 08:22)