di
Giorgio Bernardini
Condannata per revenge porn, stalking, diffamazione, sostituzione. Nel mirino una coppia pratese
Una donna di 55 anni mette nel mirino un uomo sconosciuto, un trentenne: lo adesca sui social con un profilo falso, scambia messaggi erotici con lui e infine manda tutto il materiale alla compagna dell’uomo, alle loro famiglie, ai loro amici e colleghi (le chat stampate sono anche state spedite per raccomandata sul posto di lavoro della compagna tradita).
Si è fatta aiutare dal figlio quasi trentenne, assieme al quale ha architettato il piano e ha persino pedinato l’uomo in più occasioni, così da accumulare materiale fotografico che provasse la tesi della sua infedeltà. E questa, cominciata nel 2020, non è la prima vicenda simile a vedere protagonista la donna, che non voleva ricattare le sue vittime, piuttosto ergersi a «vendicatrice» di uomini infedeli.
Più volte in passato la donna era stata segnalata, stavolta però è arrivata la condanna del tribunale di Prato: revenge porn, diffamazione, stalking e sostituzione di persona, per una pena totale di due anni e quattro mesi nella sentenza di primo grado. Assieme a lei, per gli ultimi due reati, è stato condannato a un anno e otto mesi anche il suo complice, il figlio, che confezionava i falsi profili social.
Molte domande di questa vicenda rimarranno probabilmente senza risposta, a prescindere dalle motivazioni della sentenza che saranno depositate nei prossimi mesi. Non sembra esserci infatti spiegazione sul perché la donna abbia messo nel mirino la coppia di giovani pratesi, vittime dei reati per cui è stata condannata, che oggi — dopo un lungo periodo di dolore — non stanno più insieme.
Sono entrambi vittime di una donna sconosciuta, una sorta di auto designata «giustiziera dei tradimenti virtuali» che lei stessa ordisce dalla sua casa in Lombardia, scegliendo forse in maniera totalmente casuale i suoi bersagli, spinta a suo dire dalla volontà di difendere le donne.
L’episodio che ha portato la donna a processo è cominciato nel febbraio 2020, quando un pratese di circa trent’anni riceve una richiesta di amicizia da una ragazza via Instagram. Da lì cominciano le conversazioni, che nel tempo sfociano in un flirt virtuale e poi in sexting, ossia lo scambio di messaggi, foto o video a sfondo sessuale. Dall’altra parte però non c’è la ragazza che si mostra nel profilo, ma una donna con un’altra identità, pronta ad inviare quel materiale alla compagna dell’uomo e a molti dei suoi conoscenti.
Perché? La donna che ha architettato tutto non ha mai visto il giovane pratese in vita sua: non lo ricatta per avere qualcosa in cambio, ma è determinata nel solo obiettivo di «smascherare» la vita ordinaria della coppia che ha preso di mira.
Scrive alla sua compagna, le manda il materiale che ha raccolto, le chat, le foto: lei è molto turbata, comincia un percorso di confronto con il partner, che ammette le sue colpe. Però i due decidono di non lasciarsi, oltre che di denunciare l’adescamento alle autorità, che danno il via così alle indagini e alle ricerche.
Ed è qui che comincia la parte ancora più inquietante. Alla «vendicatrice» — una donna che caccia nel nome di un presunto valore — non basta che tutti sappiano: vuole qualcosa di più, vuole che i due si lascino per sempre. E il fatto di essere stata individuata come responsabile di presunti reati la manda su tutte le furie. La «punitrice» diviene quindi piena di collera, soprattutto per il fatto che la coppia decida di provare a superare questa crisi continuando a stare insieme.
Per questo mette in campo la seconda parte del suo piano: segue l’uomo e talvolta la coppia spostandosi fisicamente in alcuni hotel di Firenze, si porta dietro il figlio e insieme pedinano per ore e poi fotografano gli spostamenti delle loro vittime. La coppia — difesa dalle avvocatesse Pia Pacini e Federica Palanghi — comincia così a notare di essere pedinata «da una donna matura e da un ragazzo più giovane»: lo segnalano alla polizia, che unisce i puntini e individua la responsabile. Da qui il processo che ha portato alla condanna in primo grado a un anno e otto mesi.
Non è dato sapere come e quante volte la donna, che oggi ha sessant’anni, abbia in passato o negli ultimi cinque anni replicato questi comportamenti. Né se a spingerla a questa caccia virtuale all’uomo con punizione pubblica sia stata una storia personale di tradimenti e rivalse.
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9 novembre 2025 ( modifica il 9 novembre 2025 | 10:31)
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